Giulio Regeni, uccisi 5 banditi specializzati in sequestri. Trovati i documenti del 28enne

25/03/2016 di Redazione

Arriva una svolta nel caso di Giulio Regeni, lo studente italiano scomparso a fine gennaio dal Cairo e trovato morto pochi giorni dopo con segni di tortura. In uno scontro con la polizia egiziana ieri sono stati uccisi cinque componenti di una banda specializzata nel rapimento che sarebbero legati all’omicidio del giovane ricercatore di Fiumicello. I cinque provenivano dal governatorato di Sharqiyya (delta del Nilo) e da Shubra El-Khema, a nord del Cairo, e agivano utilizzando uniformi della polizia.

صرح مسئول المركز الإعلامى الأمنى بوزارة الداخلية أنه فى ضوء تمكن الأجهزة الأمنية بمديرية أمن القاهرة صباح اليوم 24 الجار…

Pubblicato da ‎الصفحة الرسمية لوزارة الداخلية‎ su Giovedì 24 marzo 2016

 

GIULIO REGENI, I DOCUMENTI A CASA DELLA SORELLA DI UN BANDITO

Come annunciato dal ministero dell’Interno egiziano in un comunicato diffuso dall’agenzia di stampa Mena, «il passaporto di Giulio Regeni» ed altri suoi documenti sono in seguito stati rinvenuti in un appartamento abitato da familiari di un componente della banda (precisamente a casa della sorella di uno dei banditi). Il ministero ha fatto sapere che «i servizi di sicurezza hanno trovato nell’appartamento un ‘handbag’ rosso sul quale è stampata la bandiera italiana e all’interno c’è un portadocumenti di colore marrone nel quale si trova il passaporto recante il nome di Giulio Regeni, nato nel 1988, il suo documento di riconoscimento (ID) dell’università americana con la sua foto sulla quale c’è scritto in lingua inglese ‘assistente ricercatore’, il suo documento di Cambridge, la sua carta» di credito «Visa e due telefoni portatili». I servizi di sicurezza «hanno trovato anche un portafogli femminile con la parola ‘love’ nel quale si trovano 5 mila sterline egiziane, un pezzetto di materiale scuro che potrebbero essere 15 grammi di cannabis, un orologio».

 

 

La residenza nella quale sono stati trovati i documenti si trova nel governatorato di Qalyubiyya, nel delta del Nilo, a nord del Cairo, era alla «sorella del principale accusato, che si chiama Rasha Saad Abdel Fatah, 34 anni» ed «è stata presa di mira perché le indagini hanno dimostrato che lui andava da lei di tanto in tanto». Stato a quanto riferiva, la donna conosceva le attività criminali di suo fratello che nascondeva presso di lei parte della refurtiva. Lei era assieme a Mabrouka Ahmed Afifi, 48 anni, sposa dell’accusato numero uno. Quest’ultima «ha affermato che l’hand bag appartiene a suo marito Tarek e che lei non ha null’altro». Il ministero inoltre riferisce che «le donne hanno confessato che le cose rinvenute sono il frutto di attività criminali del principale accusato».

GIULIO REGENI, I 5 COMPONENTI DELLA BANDA UCCISI

La banda sgominata sarebbe formata da Tarek Saad Abdel Fatah 52 anni, che abitava a Sharqiyya (governatorato del Basso Egitto) e in un altro luogo di residenza a Qalyubiyya (sempre nel Delta del Nilo), accusato in 24 procedimenti diversi e condannato a quattro anni di reclusione; suo figlio Saad Tarek Saad, di 26 anni; Moustafa Bakr Awad, 60enne, accusato in 20 procedimenti; e Salah Ali Sayed, 40 anni, sotto accusa in 11 processi. La nota del ministero spiega che nel minibus colpito nello scontro con la polizia al Cairo, «i servizi di sicurezza hanno rinvenuto il corpo di una persona sconosciuta sulla trentina uccisa da un colpo di arma da fuoco».

GIULIO REGENI, ANCORA DUBBI E CONTRADDIZIONI

Con l’operazione di ieri sembra ritornare la pista originaria percorsa dalle autorità egiziane sulla morte di Giulio Regeni, quella della criminalità responsabile dell’uccisione. Tuttavia alcune perplessità restano. Resta da chiarire ancora ad esempio come mai, se lo scopo del rapimento era un furto, il giovane sia stato seviziato per dieci giorni, e perché sono stati conservati in casa i suoi documenti di identità. Nei primi giorni di indagini, mentre le autorità spingevano verso la pista della criminalità, altri indizi e testimonianze conducevano verso un coinvolgimento degli apparati di sicurezza e dell’intelligence egiziani. Ieri, inoltre, il sito di un autorevole quotidiano filo-governativo egiziano, Al-Ahram, non ha escluso ma ha comunque frenato sull’ipotesi che i criminali siano legati all’omicidio del ricercatore. Il giornale ha fatto sapere che una fonte della sicurezza ha smentito informazioni pubblicate da siti web che legano l’omicidio dell’accademico Regeni alla banda specializzata in sequestri e rapine di stranieri.

(Immagini via Facebook)

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