L’abbraccio del Movimento ai funerali di Gianroberto Casaleggio: “Vinciamo comunque”

“Come Gianroberto Casaleggio non ci sarà più nessuno. Io lo conoscevo personalmente perché ero una vicina di casa, conoscevo la mamma. Lui era gentile, affabile e dava retta a tutti. Invece i nostri politici sono persone indegne, indegne. Come lui non ci sarà più nessuno”: l’anziana signora milanese in piedi sulla panchina davanti alla basilica di Santa Maria delle Grazie dice la sua, commossa. Un sol estivo illumina corso Magenta, le voci dei militanti del Movimento Cinque Stelle accorsi “anche da molto lontano” per dare l’estremo saluto ad uno dei due cofondatori della più roboante rivoluzione politica a cui l’Italia abbia assistito negli ultimi cinquant’anni. Facce tese. Spirito combattivo. Risposte secche.

L’ABBRACCIO DEL MOVIMENTO A GIANROBERTO CASALEGGIO

Bisogna evitare di fare domande per raccogliere l’anima della piazza, che inizialmente è muta, silenziosa, quasi abbottonata. Arriva il feretro di Gianroberto Casaleggio, intorno alle 10.30.

A mano a mano arrivano i grandi volti del Movimento Cinque Stelle: arriva Beppe Grillo, circondato dalla scorta; arriva il direttorio, cammina abbracciato: Alessandro di Battista, Luigi di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia. Arriverà, più avanti, Dario Fo con una sciarpa rosa; le cronache parlano di Umberto Bossi, c’è anche il giudice Ferdinando Imposimato.

 

La folla, però, si scalda – «infami, mandateli via» – quando si mostra la delegazione del Partito Democratico: Lorenzo Guerini, vicesegretario; Emanuele Fiano, parlamentare ed esponente milanese del Pd, insieme a Francesca Balzani, vicesindaco. I discorsi dei cittadini in Movimento, a questo punto, si accendono davvero. «Ad Imola, tu c’eri?», chiede un militante ad un altro, riferendosi ad Italia a Cinque Stelle, l’ultima apparizione pubblica, l’ultimo comizio, di Gianroberto Casaleggio: «Quanta acqua, quanto freddo. Però bellissimo. Ca**o, non ci voleva questa cosa, io cerco di trattenermi a dirlo ma sto a pezzi, non ci voleva proprio. Era una persona spettacolare e adesso serviamo tutti, proprio tutti». Il servizio d’ordine trattiene chi prova ad entrare in piazza: «Lui, Gianroberto, era avanti di cinquant’anni», dice una signora. 

E adesso, che succede? «I nostri ragazzi, ci sono i nostri ragazzi che ce la faranno, certo senza Gianroberto hanno perso molto. Però ce la faremo. Io da qui riparto molto più forte di prima. Molto più incazzato di prima. Io sto facendo anche più di quello che stavo facendo e vedo il governo dei poteri forti che è pronto a cedere». Una donna incalza:  «Certo, i poteri forti ti possono usare, però adesso vogliono di più e quindi saranno proprio loro a far fuori il governo Renzi; il Pd sarà liquidato dagli stessi che l’hanno fatto crescere». Non tutti sono d’accordo sull’accoglienza tributata agli esponenti del Pd: «Certo, era un’altra statura, però anche Almirante andò ai funerali di Berlinguer. Quello che non deve proprio venire è Vauro. Vauro no.» Il riferimento è alla vignetta in cui il satirista ha raffigurato Beppe Grillo come un burattino con i fili tagliati; no, questo, ai militanti proprio non è andata giù:  «Vauro deve stare nel cesso, dove si è infilato da solo». Toni duri.

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A domanda, i militanti hanno le bocche cucite. Qualcuno alza uno striscione: “Realizzeremo noi il tuo sogno”, scrivono gli attivisti a Casaleggio. Il prossimo test per il Movimento è quello delle amministrative, delle Elezioni Comunali 2016: il Movimento pensa di farcela? Sarà più difficile competere e posizionarsi, o addirittura vincere? Qualcuno ne discute: «A Roma con Virginia Raggi abbiamo possibilità», dice un cittadino: «A Roma è meglio perdere, è una situazione ingovernabile» risponde un altro. Sulle prossime elezioni, la trincea del Movimento è assoluta:  «A Roma vinciamo se gli italiani si svegliano, vinciamo un po’ ovunque, ma gli italiani si devono cambiare la testa. Anche perché», scandisce una attivista,  «i soldi da Milano a Roma non li voglio mandare più. Salva Roma? Salva Roma un cavolo»: tanto per confortare chi dice che il Movimento non ha nulla da invidiare alla Lega Nord.  «Con la morte di Gianroberto», dice “un attivista da dieci anni”,  «molte persone si avvicineranno alle nostre idee, avranno curiosità. Sono positivo». Un ragazzo “che milita dal 2010” ribadisce:  «Il Movimento non sono le persone, sono le idee. Tutto continua come al solito. Continuiamo ad interessarci dei nostri temi. I gruppi di lavoro vanno avanti. Il lavoro prosegue come al solito». Nulla da dichiarare, insomma: business as usual. Nessuna paura per le Elezioni 2016, nemmeno a Milano:  «Abbiamo già un candidato che ha sostituito Patrizia Bedori. Lei continuerà a lavorare dietro le quinte. Ce la giochiamo anche qui», scandisce una ragazza, visibilmente combattiva.

Sarà. Oggi è il giorno del cordoglio. Finisce la celebrazione, esce la bara, un minuto di silenzio e poi inizia l’urlo:  «Onestà, onestà». L’auto nera si allontana, restano in piazza i parlamentari, gli eletti, gli esponenti del Movimento Cinque Stelle, circondati dagli attivisti, e dai sostenitori: l’applauso è reciproco.  «Onestà, onestà»: nessuno di loro dichiarerà niente.  «Ti prego, oggi no, non dichiaro», ci dice Mattia Calise, capogruppo a Milano e già candidato sindaco pentastellato. Alessandro di Battista: «Abbiate pazienza, oggi è una giornata difficile», dice. In piazza, affranti, Paola Taverna, Roberta Lombardi, Nicola Morra, Davide Bono, consiglieri comunali da tutta Italia; uno, da Siena:  «Sono stato nel Partito Comunista fino alla morte di Berlinguer; poi ho smesso di votare: e sono diventato attivista, e poi consigliere, del Movimento Cinque Stelle». Beppe Grillo va via su una Jeep nera, sgommando. Un’attivista arriva da Torino:  «Io ho urlato “Io non mollo”, che è l’ultima cosa che ha scritto Gianroberto. Continuo a fare la mia parte, a proporti cosa penso sia meglio, ma devi decidere tu». A Torino Chiara Appendino tallona Piero Fassino:  «La Chiara sì, c’è, è qua: ce la possiamo fare. Cosa? No, io quello non l’ho urlato». Però, nel silenzio, davanti alla bara di Casaleggio l’urlo della piazza s’è sentito distintamente:  «Gianroberto, tranquillo! Vinciamo comunque!».

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