Gian Maria Volonté: a questa Italia conviene dimenticarlo

GIAN MARIA VOLONTE’ –

C’è da immaginarseli, Gian Maria ed Elio Petri, da vent’anni e qualcosa di nuovo insieme, guardare questo paese di cittadini al di sopra di ogni sospetto. Ce li abbiamo davanti mentre sorridono amari per aver previsto tutto, per aver già raccontato tutto. Forse con dei “cattivi” vagamente meno grotteschi e gretti.

C’è da immaginare quell’uomo dal viso inconfondibile e unico, quell’attore che non ha avuto pari nella storia del cinema italiano e mondiale, inasprirsi di fronte allo squallore della politica e della società che lui stesso, con la sua arte, ha provato a rendere migliori. Facendo western o cinema civile, lavorando con Monicelli nel mitico L’Armata Brancaleone o mostrando una storia diversa con Rosi, Petri, Montaldo.

C’è da immaginare, infine, con che sarcasmo sprezzante accoglierebbe, Volonté, la notizia che per lui, a ventidue anni dalla morte, ci siano state ben poche commemorazioni. Una nella sua Velletri, rifugio speciale per lui e poi stabilmente casa, oltre all’amata Maddalena. E un’altra, fra qualche giorno, nella scuola alla Magliana che porta il suo nome ed è stata voluta fortissimamente dal regista e lì direttore artistico Daniele Vicari, dal presidente del comitato scientifico Valerio Mastandrea (di cui fanno parte, tra gli altri, Montaldo, c’era pure Scola che ora l’ha raggiunto, la figlia Giovanna Gravina e molti altri), dal coordinatore didattico Antonio Medici. E figuriamoci ora che gli anni sono 22.

E poi? Basta. Se metti il nome Gian Maria Volonté sulla finestra di ricerca di agenzie e google, non trovi dichiarazioni né annunci di iniziative. Un po’ schifato, allora, apri la guida tv. Per consolarti, magari, con un film dei suoi. Ne ha fatti tantissimi (quasi 60, in meno di un quarto di secolo) e sostanzialmente nessuno, spesso per merito suo, mal riuscito. Non credi ai tuoi occhi. Il servizio pubblico lo ignora, tra canali generalisti e specialistici (tra cui uno che si chiama Rai Movie), i privati anche. E neanche Iris, che almeno per il ventennale dedicò parte del suo palinsesto al nostro.

Lavaligiadellattore

Ne riderà Gian Maria con Elio, dimenticato prima di lui. Il loro ricordo è affidato a coloro che li hanno amati e continuano a farlo: agli appassionati, ai cinefili, alla figlia Giovanna Gravina Volonté che gli ha dedicato uno splendido festival (La Valigia dell’Attore) a La Maddalena, la “sua” isola, rassegna (con tanto di laboratorio per giovani attori, praticamente gratuito) che alla decima edizione non sa mai se vivrà la prossima, tanto è ignorata da istituzioni e non. Alla moglie Paola per il regista del suo cuore, instancabile nel ricordarci il marito e il grande autore. Come mai non siamo qui a vivere un’overdose di Volonté? Perché, come Elio, erano scomodi, insopportabili nella loro lucida purezza, nella loro ricerca costante ricerca di giustizia e verità, nella loro arte complessa e coraggiosa, che insieme li ha visti sbugiardare le nostre divise ipocrite, il nostro capitalismo, la politica d’alto livello.

Pensando a Gian Maria Volonté, vien voglia, in questi giorni, di rivedere A ciascuno il suo, in cui i due, con l’aiuto di Sciascia, ci dissero quanto siamo mafiosi, noi italiani, dentro. E in questi anni in cui abbiamo scoperto pure la quinta mafia, quella Capitale, non sarebbe male ricordarcelo. Ma se Alberto Sordi accarezzava le nostre debolezze e ora ci ricorda che siamo stati berlusconiani ben prima di Sua Emittenza, il rigore e la grandezza del protagonista di Sacco e Vanzetti, Giordano Bruno, Uomini contro, Il caso Mattei e Cristo si è fermato a Eboli (già, oltre ad Elio GMV ha fatto cose meravigliose anche con Giuliano Montaldo e Francesco Rosi) ci mette e ci ha sempre messo di fronte all’abisso in cui il nostro paese precipita da decenni.

La follia dell’operaio Lulù Massa come la grandezza soppressa di Mattei, la nobiltà di Bartolomeo Vanzetti come il “bruciante” orgoglio di Giordano Bruno, la nostra coscienza ne La storia semplice o ciò che ci ha mostrato con Bellocchio, Volonté è semplicemente tutti noi. Ma senza catarsi, senza facili scorciatoie. E’ un esempio e un’accusa il suo lavoro, febbrile e appassionato, ma anche selezionato e senza concessioni al successo personale. Disse no, quest’attore immenso, a Fellini e Coppola. Il Casanova e Il Padrino non rientravano nella sua idea di cinema, una visione complessiva di mondo che lui pretendeva migliore, una Settima Arte che aveva responsabilità non solo creative e artistiche, ma anche sociali e morali.

Questo paese, invece, ama affogare nel fango, guardarsi allo specchio mentre nuota nel letame. Uno come lui, quindi, ci conviene dimenticarlo. Guardiamoci quello che offrono oggi i palinsesti: filmacci e trash televisivo a gogo.

Noi, a Volonté, non ce lo siamo mai meritato.

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