Funerale Casamonica, c’è un parroco che ha detto no

Funerale Casamonica, il parroco che ha detto no è quello della parrocchia di San Girolamo Emiliani di via Bellico Calpurnio, quella competente per la via in cui Vittorio Casamonica aveva la residenza; e secondo le regole del diritto canonico, deve essere il parroco competente a celebrare le esequie del morto. Perciò, qualcuno si deve essere rifiutato di dare l’estremo saluto al boss della famiglia che da anni comanda sulla zona sud di Roma: e questo qualcuno è precisamente il presbitero di di San Girolamo Emiliano che, si apprende, avrebbe fatto sapere che non avrebbe celebrato le esequie al morto. 

FUNERALE CASAMONICA, IL PARROCO CHE HA DETTO NO

Il Messaggero con Luigi Fantoni diffonde la notizia che sarebbe già arrivata in procura.

La residenza di Vittorio Casamonica è in via Roccabernarda, periferia di Roma, oltre il raccordo anulare, tra Tuscolana e Anagnina. Secondo il diritto canonico, il funerale va celebrato nella propria parrocchia (come per battesimi, cresime, comunioni e matrimoni) a meno di particolari deroghe su richiesta motivata. Il funerale del capoclan doveva dunque essere celebrato nella chiesa parrocchiale di San Girolamo Emiliani che è in via Bellico Calpurnio, più o meno a cinquecento metri da casa del defunto. Un isolato più in là. Perché ciò non è avvenuto?

Perché, sembra, il parroco competente avrebbe fatto capire, o detto direttamente, che della celebrazione delle esequie davvero non ne voleva sapere.

Gli accertamenti finora svolti sembrano essere già giunti ad un primo punto fermo: morto il capoclan, i Casamonica si sono recati nella chiesa di San Girolamo Emiliani e hanno parlato con il parroco, o si sono rivolti ad una seconda persona che ha fatto da messaggero. Ci sarebbe stata anche una discussione, il parroco si sarebbe informato sulle modalità del funerale ben conoscendo l’identità del morto. Quando ha capito che la cerimonia si sarebbe trasformata in una manifestazione muscolosa di potere, ha detto no. Non ha dato il suo consenso allo svolgimento del pio rito. Non sappiamo se la decisione sia stata accettata malvolentieri. Sta di fatto che i Casamonica non si sono persi d’animo e hanno deciso di puntare altrove.

Un sacerdote avrebbe fatto sapere alla famiglia la sua indisponibilità, anche se, continua il Messaggero, rimane da capire perché il prete non abbia né avvertito le forze dell’ordine, né avvisato il suo collega salesiano di quanto stesse accadendo. Queste le voci che giravano in procura in mattinata; intervistato da Sky Tg 24, in realtà, il prelato afferma di non aver negato alcunché, di essersi messo a disposizione ma che, semplicemente, la sua parrocchia era stata ritenuta troppo piccola e periferica per la cerimonia: “Ognuno fa il funerale nella Chiesa che vuole”, ha detto.

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E allora la domanda diventa, perché i Casamonica hanno deviato sulla Basilica di San Giovanni Bosco?

 Perché proprio sulla chiesa di don Bosco, al Tuscolano? Qual era il loro collegamento? Ed è solo un caso che quella chiesa sia la stessa dei funerali di Enrico De Pedis, detto Renatino, esponente importante della Banda della Magliana, soggetto centrale di quel mondo a metà, di quel crogiuolo di affari, imbrogli e connivenze tra la Chiesa e la politica?

Già, la politica. Sembra sempre più labile la giustificazione dell’amministrazione, sopratutto quelle fornite dalla polizia municipale: “Semplice attività di scorta”, avevano detto i caschi bianchi. La dinamica complessiva sembra raccontare una storia ben diversa.

Il corteo funebre ha percorso diversi chilometri, entrando all’interno del raccordo anulare e percorrendo le maggiori arterie del Tuscolano. Non è stata un’iniziativa improvvisata, ne erano a conoscenza in molti. Il titolare delle pompe funebri napoletane che hanno fornito la grande carrozza per il traino a otto ha spiegato che, una volta arrivato a Roma, è stato scortato dai vigili urbani. Altro che semplice attività di controllo stradale, come cercano di giustificarsi i caschi bianchi: una scorta vera e propria, fin da casa del defunto in via Roccabernarda.  Quindi una scorta concordata, una «complicità» evidente. Anche su questo aspetto sta indagando la Squadra Mobile.

Copertina: Wikimedia Commons

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