Forza Italia, il “battesimo” dei fittiani. Il “correntone” del pugliese sfida Berlusconi

C’è chi lo ha definito il “battesimo“. Ventisette novembre 2014, tempio di Adriano, Roma. A poche centinaia di metri di distanza da Palazzo Madama, è l’ora della prima uscita pubblica dell’europarlamentare Raffaele Fitto con il suo gruppo di “dissidenti” azzurri, all’assalto del potere di Arcore. Sarà un caso, una coincidenza fortuita, ma la data ricorda per Silvio Berlusconi, il leader contestato dai fittiani, un anniversario non certo gradito. Esattamente un anno prima, proprio l’aula del Senato votava la decadenza di Silvio Berlusconi, espulso dopo la condanna definitiva per frode fiscale per effetto della legge Severino. Adesso, seppur simbolicamente, la strana coincidenza sembra evocare l’idea del passaggio di consegne dentro Forza Italia. Quasi fosse un tentativo di esorcizzare e archiviare in modo definitivo l’ombra del Cav, il vecchio “padre padrone” ormai aggrappato al Nazareno e all’abbraccio sulle riforme con Renzi. E sotto accusa per quell’opposizione troppo “morbida”, nefasta per il partito, crollato nelle urne emiliane e calabresi ai minimi storici. E asfaltato dalla Lega Nord nel confronto interno.

Guarda l’intervista a Raffaele Fitto

Videocredit: Alberto Sofia/Giornalettismo

IL BATTESIMO DEI FITTIANI – In programma, prima della kermesse dei fittiani, doveva esserci una “colazione di lavoro” tra il pugliese e il Cav, ufficialmente spostata alla prossima settimana di comune accordo. In realtà, l’ex presidente della regione Puglia poco gradiva l’invito esteso dal leader ai vertici e ai suoi “pretoriani”, da Toti al collaboratore Letta. Allora meglio rinviare tutto e ripartire all’attacco. Altro che armistizio. «I voti? Non cadono dagli alberi come prugne secche, dobbiamo saperli conquistare», incalza Fitto nel suo intervento, citando la “Lady di ferro” Margaret Tatcher, tra gli applausi di una sala gremita. Per questo, rivendica, Forza Italia non soltanto deve «ripartire dai contenuti», ma anche “resettarsi”, con tanto di azzeramento delle nomine e delle cariche. Scegliendo però la nuova classe dirigente «dal basso», con le tanto reclamate primarie. Ovvero, quelle consultazioni interne alle quali il “capo dei ribelli” si è convertito da mesi, ma che restano un tabù per Berlusconi. Il Cav, è noto, le considera uno strumento per sovvertire le gerarchie interne forziste e attaccare la sua leadership. Per il rinnovamento interno preferisce “casting” e nominati, così come i congressi locali, spesso già decisi. Eppure, con un partito “polveriera” alle spalle, per Berlusconi non sarà più semplice imporre la sua linea. Anche perché Fitto controlla ormai più di un terzo dei parlamentari, almeno una ventina di senatori e circa 35 deputati. «Siamo in minoranza nel comitato di presidenza, ma sono i gruppi a Montecitorio e a Palazzo Madama che contano. E lì possiamo dire la nostra, far sentire il nostro peso…», spiega a Giornalettismo uno dei presenti al “battesimo” pubblico fittiano. Per poi confermare come i numeri dell’area Fitto siano in crescita: «Ci sono tanti indecisi, tanti che “vorrebbero ma ancora non possono esporsi”». 

FITTO STUDIA DA LEADER. O MEGLIO, DA “CENTRAVANTI” – Già il nome dell’iniziativa con le associazioni di categoria, da Confedilizia a Confesercenti, ha il sapore del cambio di strategia, della svolta interna. “Per l’alternativa“, è lo slogan che campeggia sopra la testa di Fitto e dei relatori. Con tanto di attacchi al governo, sulle tasse e sulla legge di stabilità. Sullo sfondo, tra le slide proiettate, compare il nome dell’ex governatore pugliese dalle ambizioni da “centravanti” (secondo la formula già adottata dal Cav per l’ambigua e poi “ritrattata” investitura a Salvini). E c’è il simbolo del partito, Forza Italia. Come per ricordare all’ex premier, mai nominato direttamente ma spesso evocato, che quella è ancora casa sua. E che non farà la fine di Alfano, né sarà un novello Fini.

 

Photocredit: Alberto Sofia/Giornalettismo/Lapresse

FITTO E L’OMBRA DELLA CORRENTE – Nessuno evochi la tentazione della scissione. Né Fitto gradisce l’etichetta del “dissidente”. «Qualcuno usa il termine fronda, qui in realtà c’è un gruppo di persone che sta discutendo su come rilanciare il partito con i contenuti», insiste. Ma è chiaro ormai come il gruppo fittiano abbia le sembianze di un “correntone“, con una strategia ben differente rispetto a quella berlusconiana. Seppur il termine non piaccia tra i fedelissimi: «Corrente? Un termine vecchio, diciamo che siamo un gruppo compatto», ci spiega uno dei parlamentari vicini al “parroco di Lecce” (Cav dixit). Altri, come Francesco Paolo Sisto, preferiscono ironizzare: «No, oggi si sta bene, non c’è alcuna corrente».

Guarda l’intervento di Fitto e l’intervista di Francesco Paolo Sisto

Videocredit: Alberto Sofia/Giornalettismo

I FEDELISSIMI PRESENTI, GLI “OSPITI” STORACE E ALEMANNO E IL FRONTE EX AN –  In sala, per la prima volta, i fittiani si radunano in pubblico. C’è il drappello dei fedelissimi pugliesi tra Camera e Senato, da Rocco Palese a Luigi Perrone, passando per Pietro Liuzzi e Vittorio Zizza, ma non solo. C’è il toscano ed ex tesoriere Maurizio Bianconi, che si è spinto nei giorni scorsi fino a invitare il Cavaliere a «farsi il suo partito “Forza Silvio”: «Ha una cotta per Renzi. Ci lasci lavorare e vada via da Fi, altrimenti ci affoga tutti», aveva provocato. Ma non solo. Ci sono anche ex ministri come il siciliano Saverio Romano o l’ex finiano doc Andrea Ronchi, ritornato con il suo movimento “Insieme per l’Italia”. E tra gli ex An c’è anche Adolfo Urso. Tra i parlamentari vicini a Fitto, non poteva certo mancare Daniele Capezzone, al tavolo con i relatori, attaccando le misure economiche del governo Renzi. E poi, seduti in prima fila, il lucano Cosimo Latronico e il calabrese Pino Galati.

Senza dimenticare la truppa campana, con il senatore casertano Vincenzo D’Anna. Forzista prestato al gruppo Gal e amico di Nicola Cosentino (l’ex sottosegretario azzurro già in passato finito in carcere e accusato dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli di «vantare un rapporto stabile con il clan dei Casalesi»), D’Anna è noto anche perché fu il “bersaglio” di un “vaffa” di Berlusconi  (forse non soltanto a lui indirizzato), nel corso di un’assemblea interna a dir poco tesa sulle riforme. E tra i “cosentiniani” presenti al tempio di Adriano c’era anche Ciro Falanga.

Senza dimenticare gli antirenziani come Augusto Minzolini. O gli “ospiti” come l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno (Fdi-An) e Francesco Storace, da poco condannato per vilipendio al capo dello Stato. «Io sostenitore di Fitto? No, sono venuto per ascoltarlo. Il suo tentativo non è contro nessuno, sta solo cercando di rinnovare il centrodestra», ha replicato l’esponente di Fratelli d’Italia, che fa asse con l’europarlamentare per rivendicare le primarie. Anche Storace non nega apprezzamenti per il pugliese rampante: «Una bella personalità, ha preso da solo il 10% dei voti del suo partito alle Europee». E Berlusconi? «Un leader, ma ogni stagione ha il suo tempo», lo archivia il leader de “La Destra”.

Guarda le interviste a Gianni Alemanno (Fdi-An) e Francesco Storace (La Destra)

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FITTO GUARDA OLTRE IL CAV – Proprio come sembra fare Fitto, che guarda già oltre il Cav. Altro che Nazareno e renzismo, pur parlando di opposizione responsabile, Fitto rivendica il «sì alle riforme, ma con la schiena dritta». Ma è ormai la guida di un drappello che vorrebbe interrompere la stagione dell’intesa con Renzi. In realtà, anche per il Cav non sembra più tempo di “innamoramenti” col premier. Eppure Berlusconi non può rompere con il segretario Pd, per evitare di restare escluso dalla partita del post-Napolitano. Tanto da aver ormai accettato il sì al “premio alla lista” nell’Italicum, ancora visto da parte di Fi come “un suicidio politico”, almeno in base alle percentuali di consenso attuali. Certo, Berlusconi dovrà mediare con il “correntone” neo battezzato da Fitto. Pronto a “pesarsi” in aula sulle riforme. Così come nel segreto dell’urna, nell’affaire Quirinale. Un passaggio prioritario per Berlusconi, che invoca un successore “non ostile” al Colle, per rincorrere la piena “riabilitazione” e riguadagnare l'”agibilità politica”. Tradotto, un provvedimento di clemenza che possa cancellare il disonore più grande, l’onta della condanna.

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