Torture nel campo profughi in Libia, condannato all’ergastolo l’aguzzino somalo

Osman Matammud, il 22enne somalo arrestato l’anno scorso a Milano e accusato di torture nel campo profughi in Libia, è stato condannato ieri dalla Corte d’Assise all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno. Quando a settembre 2016 alcuni connazionali lo hanno incontrato per caso all’hub di via Sammartini a Milano, hanno cominciato a sbracciarsi, a mostrare i segni delle sevizie che gli aveva fatto subire nel centro di Bani Walid, duecento chilometri a Sud di Tripoli, di cui lui – a detta dei testimoni – era uno dei capi.

Le torture nel campo profughi in Libia che vengono imputate a Osman Matammud sono veramente atroci: stupri, omicidi, sevizie di ogni genere. A raccontarle davanti alla Corte d’Appello di Milano sono stati diciassette ragazzi e ragazze: mostrando le cicatrici e i segni della violenza, hanno raccontato di quando il loro aguzzino gli scioglieva sacchetti di plastica sulla schiena, di quando usava le scariche elettriche, di quando gli legava i piedi con il fil di ferro e li teneva a testa in giù. E se qualcuno urlava, gli infilava la sabbia in bocca.

ERGASTOLO PER IL SOMALO ACCUSATO DI TORTURE NEL CAMPO PROFUGHI IN LIBIA

Lo scopo delle torture nel campo profughi in Libia era rendere i migranti disperati, in modo che riuscissero a farsi mandare alla svelta altri soldi dalle famiglie per proseguire il viaggio e fuggire dall’inferno di Bani Walid. Uno dei tanti inferni in cui continuano a restare bloccati i migranti rispediti in Libia, che non riescono a raggiungere l’Europa.

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Secondo le vittime di Osman Matammud – per loro “Ismail”, uno dei campi del campo di prigionia – c’era anche una stanza adibita alle torture nel campo profughi in Libia di Bani Walid. È lì che l’aguzzino – sempre secondo il racconto dei testimoni – avrebbe portato le ragazze che gli piacevano di più per violentarle. Sono decine gli stupri che gli vengono imputati, insieme a quattro omicidi e violenze sadiche. «In 40 anni di carriera non ho mai visto niente di simile», ha commentato Ilda Boccassini, che coordina l’inchiesta.

Osman Matammud ha sempre negato tutto: dice di non aver mai gestito un campo profughi e di non aver mai seviziato nessuno, anzi, mostra egli stesso le cicatrici delle violenze subite. Il suo difensore, l’avvocato Gianni Carlo Rossi, sostiene che il 22enne sia vittima di un complotto tra clan somali rivali. La Corte d’Assise non gli ha creduto e l’ha condannato alla pena massima richiesta dai pm: ergastolo con tre anni di isolamento diurno. Il legale ha già annunciato che farà ricorso in appello e, anche se Osman Matammud alla fine dovesse risultare effettivamente innocente come sostiene, questo non cancellerà le cicatrici sue e dei suoi connazionali che lo accusano. Segni delle torture che hanno subito nel campo profughi in Libia.

ANSA/UFFICIO STAMPA COMUNE DI MILANO

 

 

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