Elezioni Spagna 2015: ora cosa succede? Gli scenari

Elezioni Spagna 2015, l’unica certezza uscita dal voto è la fine del bipartitismo e la frammentazione politica del Paese iberico. Non è un caso che El Pais abbia titolato l’editoriale sul risultato del voto con «Benvenuti in Italia», con tanto di paragone alla storia politica del nostra Paese, dal pentapartito alle convergenze parallele, dal compromesso storico fino al patto del Nazareno. Ma ora, con il Partito polare primo partito senza maggioranza, che succede?

 

Elezioni Spagna 2015 risultati spoglio
Mariano Rajoy (CESAR MANSO/AFP/Getty Images)

ELEZIONI SPAGNA 2015, PER IL PARTIDO POPULAR MAGGIORANZA ASSOLUTA AL SENATO

Il Pp di Mariano Rajoy conserva la maggioranza assoluta nel Senato, la seconda Camera che non ha però il potere di votare la fiducia al Governo. Secondo i dati ufficiali il Partido Popular avrà 124 senatori contro i 47 dei socialisti, i 16 di Podemos e 6 rispettivamente ai movimenti indipendentisti catalani Erc e Convergencia e al movimento basco PNV. Un senatore è stato assegnato alla Coalizione delle Canarie mentre Ciudadanos resta fuori.

ELEZIONI SPAGNA 2015, GLI SCENARI

La maggioranza in Parlamento è a quota 176 seggi e il Pp di Rajoy non si avvicinerebbe a quella soglia nemmeno alleandosi con i liberali di Ciudadanos, il suo partner più naturale. Ipotesi anche questa complicata, considerata il veto di quest’ultimi: Rajoy potrebbe al massimo puntare su una loro astensione, così come avevano “promesso” nel caso i loro voti fossero stati decisivi per la formazione dell’esecutivo. Come spiega anche il Messaggero, la soluzione per la governabilità potrebbe essere quella tedesca della “Große Koalition”, la grande coalizione dei due maggiori partiti, questa volta in salsa spagnola. Quella verso cui spinge l’Europa sarebbe formata da Popolari e Socialisti. Scrive il quotidiano La Repubblica, però, come ci sia anche l’ipotesi di un esecutivo delle sinistre.

«La Spagna ha ufficialmente chiuso più di trent’anni di bipartitismo imperfetto, con due partiti (Pp) e Psoe che dopo i primi anni della transizione, dal 1982, si sono alternati al potere con maggioranze molto ampie. Ora il nuovo panorama è frastagliato. Dall’altra parte della barricata, in quest’ampia area di opposizione che va dal Psoe (90 seggi) di Pedro Sanchez, a Podemos di Iglesias (69 seggi), fino ai nazionalisti di sinistra catalani di Esquerra (9 seggi) e ai post comunisti di Izquierda Unida (2 seggi), ci sarebbero pure i numeri per varare un governo alternativo»

ELEZIONI SPAGNA 2015, L’IPOTESI GRANDE COALIZIONE POPOLARI-SOCIALISTI

La strada è però a dir poco complicata, soprattutto per i veti incrociati e le differenze tra Psoe e Podemos. Il Corriere della Sera precisa con un articolo a firma Aldo Cazzullo:

«Dietro le quinte peseranno sia il vecchio establishment del partito — più Gonzalez e Rubalcaba che non Zapatero — sia le due donne emergenti, la catalana Carme Chacón e la presidenta andalusa Susana Díaz. L’istinto della base è guardare a sinistra, verso Podemos e Erc, Esquerra republicana de Catalunya, i cui leader rifiutano di parlare castigliano in pubblico. L’Europa farà pressione perché il Psoe consenta invece il varo di un esecutivo di minoranza del Pp; e le prime parole di Sanchez vanno in questa direzione. Per un accordo lavorerà re Felipe VI. La Costituzione gli assegna poteri di «arbitraggio», molto limitati. Ma la sua persuasione morale nei prossimi giorni può aiutare a sciogliere il rebus. Certo la Spagna non può restare a lungo senza governo. Lo impedisce la situazione economica: il Paese cresce al 3,4%, ma è una ripresa ancora fragile, minata dalla disoccupazione, dall’emergenza sociale, dalle incognite sulla reazione dei mercati finanziari a un verdetto elettorale così complesso. E lo impedisce la questione catalana. A Barcellona l’affluenza è stata bassa a inizio giornata: erano tutti davanti alla tv a vedere il Barca vincere la Coppa intercontinentale. Poi i catalani sono andati a votare e si sono espressi in maggioranza per le forze separatiste e per la versione locale di Podemos. […] Dice Gonzalez che avremo «un Parlamento all’italiana ma senza italiani». I nuovi deputati di Podemos e Ciudadanos dovranno dare indicazioni: sinistra, centro, destra? I commessi delle Cortes sono preoccupati: non sanno dove metterli»

Una netta smentita alla possibilità d’intesa per un esecutivo di grande coalizione è poi giunta dalle parole del leader dei Socialisti. Il Psoe di Pedro Sanchez, arrivato secondo alle politiche spagnole ieri, ha chiarito che non appoggerà l’investitura a capo del governo del premier uscente. A riferirlo il segretario all’organizzazione Cesar Luena: «Il Partito socialista voterà no al Partito popolare e a Rajoy». Luena ha ribadito che, essendo il Pp primo partito, spetta a Rajoy tentare per primo di formare un governo. Il dirigente socialista, interrogato dai cronisti, non ha comunque voluto considerare possibile scenari alternativi se il premier uscente non riuscirà a formare un governo, affermando che «è troppo presto». Luena ha detto di considerare «accettabile» il risultato ottenuto ieri nelle urne dai socialisti, che risulta essere il peggiore dalla fine della dittatura franchista. Tutti i nodi, insomma, verranno sciolti nei prossimi giorni. Alcuni esponenti delle federazioni socialiste di Andalusia ed Estremadura, le due regioni in cui il Psoe è riuscito a resistere, si sono pronunciati contro un possibile tentativo di patto di governo con Podemos.

ELEZIONI SPAGNA 2015, L’IPOTESI GOVERNO DI MINORANZA E RITORNO AL VOTO

Nel raccontare gli scenari possibili va inoltre ricordato come l’articolo 56 della Costituzione stabilisca che il Re «arbitra e modera il funzionamento regolare delle istituzioni». Felipe VI potrebbe dunque anche proporre un governo di minoranza per arrivare poi a un nuovo voto, in primavera. E lo scenario del ritorno alle urne è tutt’altro che improbabile.

Nel frattempo Pablo Iglesias, leader di Podemos, afferma che per la Spagna «è tempo di compromesso storico». «È l’ora degli statisti», ha detto stamattina Iglesias, sostenendo che bisogna ora aprire un «processo di transizione che porti a un compromesso storico nel nostro paese». Iglesias ha chiarito che la sua formazione non darà il sostegno a nessun governo guidato da Rajoy. «Podemos non permetterà in alcun modo un governo del Partito popolare», ha chiarito.

I liberali di Ciudadanos, infine, hanno preannunciato l’intenzione di astenersi, fin quando Rajoy non avrà i voti per una nuova investitura a capo del governo.

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