Elezioni Spagna 2015: Mariano Rajoy cerca la riconferma sfidando Podemos e Ciudadanos

04/12/2015 di Andrea Mollica

Il Partito Popular, PP, del premier Mariano Rajoy è la formazione favorita alle elezioni politiche di domenica 20 dicembre 2015, sebbene l’attuale demoscopico non garantisca la conferma del governo in carica da fine 2011. Durante i suoi quattro anni al potere il PP ha adottato politiche di austerità per contrastare la crisi del debito sovrano seguita alla recessione del 2008, profilandosi come il governo più vicino ad Angela Merkel nel Sud Europa colpito dall’eurocrisi. Il premier Mariano Rajoy cerca una riconferma puntando sui miglioramenti economici ottenuti in questi ultimi mesi, in cui l’economia spagnola è cresciuta a una velocità circa doppia rispetto alla media dell’unione monetaria.

mariano rajoy
Photo credit: GERARD JULIEN/AFP/Getty Images

LEGGI IL NOSTRO SPECIALE >  SPAGNA ELEZIONI 2015

Mariano Rajoy è insieme ad Angela Merkel l’unico leader di un grande Paese dell’eurozona che è rimasto al potere da quando sull’unione monetaria si è abbattuta la crisi del debito sovrano. Il premier popolare è stato eletto mentre la Spagna viveva sui mercati finanziari il suo momento più difficile degli ultimi decenni. La crisi del debito aveva colpito il governo di Madrid con un’intensità paragonabile a quella dell’Italia: il premier socialista Zapatero è stato travolto alle elezioni svoltesi il 20 novembre del 2011, mentre pochi giorni prima Silvio Berlusconi si era dimesso dopo il crollo della sua maggioranza. Durante i suoi quattro anni di mandato alla Moncloa, la sede del governo spagnolo, Mariano Rajoy ha testimoniato l’avvicendarsi di numerosi capi di stato e di governo ai Consigli europei, come il francese Nicolas Sarkozy, gli italiani Mario Monti o Enrico Letta, i greci Antonis Samaras e Lucas Papodemos, e altri leader affondati dalla crisi dell’euro. Il presidente del Partido Popular, la più grande formazione conservatrice iberica, affiliata al Ppe in Europa, è invece riuscito a portare a termine il suo mandato, nonostante diversi gravi scandali abbiano colpito i vertici della sua formazione. I casi di corruzione che hanno portato al processo contro l’ex tesoriere Luis Barcenas hanno significativamente ridotto i consensi del governo Rajoy, testimoniato dalla forte flessione subita nelle amministrative svoltesi in primavera. Le consultazioni per le Comunità autonome e i comuni hanno rappresentato la prima parte del superanno elettorale della Spagna, che si concluderà il 20 dicembre con il rinnovo delle Cortes Generales, il Parlamento bicamerale di Madrid. Il PP, come rilevato dalla maggior parte dei sondaggi, rimane la formazione favorita per l’indicazione del prossimo premier iberico. I consensi demoscopici dei popolari di Mariano Rajoy sono stimati al di sotto del 30%, valori molti distanti dal 45% conseguito quattro anni fa, ma nonostante la flessione marcata la debolezza del PSOE di Pedro Sanchez e l’esplosione dei nuovi partiti spagnoli, i centristi di Ciudadanos e i progressisti di Podemos, sembrano poter favorire la conferma del premier conservatore. Una rielezione che però porterebbe al probabile primo governo di coalizione nella storia della Spagna postfranchista. Dal 1977 al 2015 gli esecutivi di Madrid erano formati da un solo partito: prima i centristi di UDC nei primi anni dopo la fine della dittatura, poi l’alternanza tra i socialisti del PSOE e i popolari del PP.

LEGGI ANCHE

Podemos, il partito della sinistra spagnola anticasta: tutto quello che c’è da sapere

mariano rajoy
Photo credit: Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images

SPAGNA ELEZIONI 2015 MARIANO RAJOY

Mariano Rajoy è stato eletto leader del PP a fine 2004, dopo aver perso le elezioni contro l’allora segretario del PSOE José Zapatero svoltesi il 14 marzo di 11 anni fa, tre giorni dopo i drammatici attentati alle stazioni di Madrid che hanno ucciso quasi 200 persone. L’attuale capo del governo spagnolo era stata indicato dal premier popolare José Maria Aznar come suo successore a fine 2003, quando ricopriva il ruolo di vicepremier e portavoce dell’esecutivo. Mariano Rajoy è riuscito ad arrivare alla Moncloa al terzo tentativo, dopo aver perso le consultazioni per il rinnovo delle Cortes Generales anche nel 2008. In passato fedelissimo di José Maria Aznar, il leader che ha riportato la destra spagnola al governo dopo la fine dell’era Franco, Mariano Rajoy si è profilato come uno dei premier conservatori più autorevoli in Europa. Nel 2011 il presidente del PP ha incentrato la sua campagna sulla riduzione della spesa corrente e sul contrasto all’eccessivo indebitamento, schierandosi per l’austerità adottata dall’Europa di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy . Dopo aver conquistato le principali amministrazioni comunali e regionali della Spagna, Mariano Rajoy ha conseguito un successo molto netto nelle elezioni del 2011. Il trionfo alle politiche, il più ampio conquistato dal centrodestra spagnolo, ha portato a un ciclo di riforme particolarmente incisivo, e apprezzato dalle autorità europee e dalla Germania. A inizio mandato il governo Rajoy ha adottato una vasta riforma del lavoro, assai vicina a quanto richiedeva la Troika ai Paesi in assistenza finanziaria, rivendicata dal leader popolare come intervento più importante del suo governo. La riforma del mercato del lavoro, extremadamente agresiva come rimarcato anche dal ministro dell’Economia De Guindos, è intervenuta su molti ambiti, modificando due pilastri dell’ordinamento come l’indennità di disoccupazione e la contrattazione collettiva. Il governo Rajoy ha ridotto i costi del licenziamento affrontati dalle aziende. L’indennità per licenziamento senza giusta causa si è ridotta da 45 a 33 giorni per anno di impiego, e per un massimo di 24 mesi, al posto dei precedenti 42. Un’azienda che però avesse allontanato un dipendente in una situazione di difficoltà economica beneficerebbe della trasformazione in licenziamento con giusta causa, con conseguente indennità a 20 giorni per anno di anzianità, e per un massimo di 12 mesi. Questo tipo di causa di lavoro sarebbe sottoposta al controllo della magistratura, però successivo al fatto. Il governo Rajoy ha facilitato il ricorso delle aziende alla contrattazione aziendale, allargando in modo rilevante la possibilità di derogare dal contratto nazionale, introdotto nuovi contratti di apprendistato più flessibili.

mariano rajoy
Photo credit: Blazquez Dominguez/Getty Images

SPAGNA ELEZIONI 2015 PARTITO POPULAR

– La riforma del mercato del lavoro è stata adottata dal governo Rajoy insieme a diverse misure di austerità come l’aumento dell’Iva, il congelamento dei salari dei dipendenti pubblici, il blocco delle assunzioni nello Stato, il mancato incremento del salario minimo e la cancellazione di diversi programmi sociali. L’esecutivo del PP ha promosso diversi interventi di liberalizzazione dell’economia, per stimolare un aumento di competitività. La Spagna ha rivisto il suo sistema previdenziale, come deciso già dal governo Zapatero, aumentando l’età pensionabile e calcolando gli assegni in base ai contributi versati, prima negli ultimi 16, e poi negli ultimi 25 anni. Grazie a circa 40 miliardi stanziati dal fondo salva euro ESM il governo Rajoy ha inoltre ricapitalizzato il sistema creditizio, colpito in modo severo dallo scoppio della bolla immobiliare prima e poi dalla crisi del debito sovrano. Gli interventi di contenimento del disavanzo così come del debito pubblico e le riforme strutturali hanno trovato il plauso delle istituzioni europee, scatenando però una rilevante protesta sociale nella prima parte del mandato di Mariano Rajoy alla Moncloa. La politica economica del governo di Madrid è diventato, insieme al vicino Portogallo di Pedro Passos-Coelho, un modello per l’Europa conservatrice di Angela Merkel, prima elogiata per il suo coraggio e determinazione nell’adozione di misure impopolari, e poi citata come caso di successo. A partire dalla metà del 2014, anche in ragione di un rallentamento delle misure di consolidamento fiscale e una ripresa degli investimenti pubblici, la Spagna è tornata a crescere a una velocità superiore alla media europea. L’anno scorso l’incremento del Pil si è assestato all’1,4%, lo 0,5% in più rispetto alla crescita dell’eurozona nel suo complesso, mentre il 2015 si dovrebbe chiudere intorno al 3%. Dati positivi, che mitigano risultati invece più deludenti sul fronte della disoccupazione, ancora sopra al 20% anche se in chiara flessione, e sul consolidamento fiscale. Il rapporto tra il debito pubblico spagnolo e il Pil ha superato il 100%, più che raddoppiato rispetto all’inizio della crisi finanziaria. Più confortante la progressione del tasso di disoccupazione: dopo esser schizzato dall’8% di fine 2007 a oltre il 26% nel 2013, il ritorno della crescita economica ne ha favorito una riduzione. Nel 2015 l’UE stima che il tasso di disoccupazione in Spagna dovrebbe assestarsi poco sopra al 22%.

mariano rajoy
Photo credit: GERARD JULIEN/AFP/Getty Images

SPAGNA ELEZIONI 2015 RISULTATI PARTITO POPULAR

– Gli elettori spagnoli hanno mostrato in questi anni uno scarso apprezzamento per l’azione governativa di Mariano Rajoy così come del PP. Non sono stati però solo i dati economici, in miglioramento ma certo non così confortanti, a determinare il forte calo dei consensi registrato alle elezioni svoltesi negli ultimi mesi. Alle europee del 25 maggio 2014 il PP è passato dal 41% raggiunto cinque anni prima a un ben più deludente 26%. Una flessione di oltre 15 punti confermata anche alle consultazioni per le Comunità autonome così come per le amministrazioni comunali svoltesi esattamente un anno dopo. I governi popolari delle regioni iberiche sono passati da 11 a 4, mentre il PP ha perso il governo delle più grandi città spagnole, come la roccaforte Madrid, Valencia, Siviglia e Malaga. Risultati molto negativi, favoriti dalle condizioni economiche e sociali percepite come insoddisfacenti per la maggioranza dell’elettorato così come dalla delusione verso il partito di Mariano Rajoy. Nel corso dei quattro anni al governo molti esponenti di spicco del PP sono stati coinvolti in casi giudiziari sulla corruzione e sui fondi neri a disposizione del partito. Le due inchieste più rilevanti, intrecciate tra di loro, riguardano il cosiddetto “Caso Gürtel” e il “Caso Bárcenas”. La prima indagine riguarda Francisco Correa, cintura in spagnolo, gürtel in tedesco, un imprenditore che avrebbe costruito uno schema occulto di finanziamento per gli amministratori del PP. Dalle indagini su Correa è emerso una più vasta rete di fondi neri, coordinata dall’ex tesoriere popolare Luis Bárcenas, che si era dimesso nel 2009, all’epoca delle prime rivelazioni sul caso Gürtel. I magistrati spagnoli hanno scoperto conti esteri dell’ex tesoriere del PP per un valore vicino ai 30 milioni di euro. Da questi depositi tra l’inizio degli anni novanta e il 2009 sarebbero partiti finanziamenti ai vertici del partito, tra cui lo stesso Mariano Rajoy, che ha comunque negato di aver mai preso soldi in nero. Gli scandali di corruzione così come i dati economici hanno penalizzato l’immagine del governo popolare, costretto a ritirare per la sua impopolarità anche una delle sue riforme sociali più importanti, una severa restrizione al diritto di interruzione di gravidanza che ha spaccato lo stesso PP per il suo conservatorismo. Il governo di Madrid ha inoltre pagato la sua svolta centralista, che ha invertito lo spinto autonomismo regionale perseguito dai governi Zapatero. Il marcato nazionalismo del PP ha riacceso in particolare lo scontro con la Catalogna, tornata a chiedere la secessione anche in ragione della politica regionale dell’esecutivo popolare.

mariano rajoy
Photo credit: Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images

SPAGNA ELEZIONI 2015 CIUDADANOS PODEMOS

– Mariano Rajoy arriva molto indebolito alle elezioni del 20 dicembre 2015. Nella storia recente della Spagna nessun capo del governo è stato bocciato alle urne dopo un solo mandato: Felipe Gonzales ha svolto ben quattro mandati alla Moncloa, contro i due di Aznar e Zapatero. Le chance di conferma del presidente del PP appaiono relativamente basse; nei sondaggi i popolari rimangono il primo partito, ma sono molto lontani dalla maggioranza assoluta. Nonostante la legge elettorale del Congresso dei Deputati, l’unica delle due camere delle Cortes Generales a dare la fiducia, premi le grandi formazioni, per il PP sarà impossibile superare quota 175 se le urne confermeranno gli attuali valori rilevati dai sondaggi. Il partito del premier è stimato sotto al 30%, anche a causa dell’impopolarità del premier.

La Spagna ha un forte desiderio di rinnovamento, come mostrato dall’esplosione di due nuove formazioni come Podemos e Ciudadanos, e il capo del governo iberico ne appare consapevole, tanto da aver sempre più valorizzato il ruolo di Soraya Sáenz de Santamaría, portavoce dell’esecutivo popolare e vice di Mariano Rajoy.

In questa campagna elettorale dominata dai volti giovani di Albert Rivera, Pablo Iglesias e Pedro Sanchez, il leader del PSOE, il presidente del PP ha deciso di affidarsi alla forza comunicativa e alla brillantezza della sua vicepremier, 44enne e diventata nota per la vivacità con cui ha difeso le politiche del governo, anche le più controverse, durante le conferenze stampa. Soraya Sáenz de Santamaría ha ringiovanito il volto del PP anche dal punto di vista del posizionamento politico, più centrista e urbano, e meno legato al conservatorismo culturale e sociale capace di esser maggioritario solo in alcune zone rurali della Spagna. La vicepremier non si è sposata in Chiesa, nonostante tra i suoi avi si contino diversi vescovi, e non ha giurato sulla Bibbia ma sulla Costituzione quando è stata nominata ministro del governo. Soraya Sáenz de Santamaría è servita al PP e a Mariano Rajoy per presentare una faccia fresca e non legata agli scandali all’opinione pubblica spagnola, specie l’ampia fascia attratta dal populismo centrista e moderato di Albert Rivera, il leader di Ciudadanos. Il ritorno di discreti dati economici ha favorito il successo dell’operazione, tanto che il capo del governo ha preferito delegare alla sua vice il compito di rappresentare il PP nel dibattito TV tra i 4 leader dei partiti spagnoli, trasmesso lunedì 7 dicembre, a poco più di dieci giorni dal voto.

Share this article