Elezioni in Portogallo, austerità a giudizio

02/09/2015 di Andrea Mollica

Elezioni in Portogallo 2015

, un governo di un Paese in eurocrisi potrebbe essere riconfermato al potere dopo anni di austerità e recessione, spinto dalla fragile ripresa registrata nel 2014 e sopratutto nel 2015 all’interno dell’unione monetaria. Il Portogallo dovrà decidere se rinnovare la fiducia a Pedro Passos Coelho, il premier che ha governato il Paese durante i tre anni di assistenza finanziaria della Troika, oppure cambiare guida affidandosi ai socialisti di Antonio Costa. Un’elezione guardata con attenzione a Bruxelles come nelle principali capitali europee, anche per l’influenza che potrebbe avere nella confinante Spagna.

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PORTOGALLO ELEZIONI 2015

Domenica 4 ottobre 2015 l’Europa potrebbe registrare una svolta significativa. Per la prima volta dallo scoppio della crisi finanziaria nel 2008 un governo in carica potrebbe essere confermato, sulla scia di una ripresa economica ancora fragile come l’attuale. Tolte alcune eccezioni significative, come Angela Merkel o David Cameron, rieletti grazie anche a tassi di crescita significativamente più alti rispetto alla media UE , negli ultimi 7 anni la maggior parte degli esecutivi continentali sono stati falcidiati dagli effetti della crisi. La crescita della disoccupazione così come lo stato sempre più fragile delle finanze pubbliche hanno spinto gli elettorati a punire chi aveva responsabilità di governo, un fenomeno particolarmente accentuato nell’area occidentale dell’Europa. Dal Portogallo potrebbe arrivare una svolta, che sarebbe particolarmente significativa visto che si tratta di uno dei Paesi più colpiti dall’eurocrisi. Lisbona è stato infatti il terzo Paese dell’unione monetaria ad aver richiesto l’assistenza finanziaria della Troika per evitare la bancarotta, dopo che i mercati finanziari avevano fatto esplodere il costo del debito. Storia dell’inverno di cinque anni fa, quando il governo socialista di Josè Socrates è stato costretto a interrompere anticipatamente la legislatura dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano. Le elezioni di 4 anni fa, svoltesi a giugno del 2011, erano state vinte dall’attuale premier Pedro Passos Coelho, il leader dei socialdemocratici portoghesi che ha assunto la guida del governo di Lisbona in coalizione con una formazione conservatrice, il centro popolare. Dopo 4 anni di austerità e rigoroso rispetto del Memorandum della Troika, il governo di Pedro Passos Coelho appare favorito per la vittoria alle legislative. Un risultato sorprendente, sopratutto se si considera che in questi anni l’opposizione socialista ha inanellato diversi successi elettorali, sfruttando l’impopolarità generata dai tagli al Welfare e ai salari pubblici, così come all’incremento della tassazione decisi per ripianare il disavanzo di bilancio. Eletto con un programma di pieno rispetto del Memorandum della Troika, in linea con quanto promesso da Mariano Rajoy, arrivato al potere in Spagna in una simile situazione, il leader socialdemocratico sembra poter beneficiare dalla ripresa economica arrivata nell’eurozona dopo la recessione del biennio 2011/2013.

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PORTOGALLO ECONOMIA

Nel 2011 il Portogallo stava combattendo con un forte aumento del suo indebitamento pubblico. Il deficit annuale, anche a causa dell’aumento dei tassi di interesse sul debito sovrano, si era alzato verso il 10%. Il costo dei titoli decennali aveva superato la soglia dei 1000 punti base, il 10%, sulla spinta del contagio provocato dalla crisi della Grecia. Il debito pubblico portoghese, assestato negli anni precedenti alla crisi su livelli poco superiori alla soglia del 60% fissata dal Patto di stabilità e crescita, è drasticamente aumentato fino a superare il 100%. L’impossibilità di rifinanziare il proprio debito ha spinto l’esecutivo di Lisbona a fare richiesta di aiuto all’UE. Nella primavera del 2011, mentre il Paese si preparava a elezioni anticipate provocate dal collasso del governo Socrates, è stato approvato il programma di assistenza finanziaria per permettere al Portogallo di ottenere crediti senza l’accesso al mercato dei capitali. I Paesi dell’eurozona, con l’esclusione di Grecia e Irlanda soggetti a un simile piano, hanno prestato 78 miliardi di euro insieme al Fondo monetario internazionale. In analogia con quanto successo ad Atene e Dublino, la Troika ha chiesto riforme a garanzia dei propri crediti. Il governo di Passos Coelho, che è stato eletto subito dopo la stipula del Memorandum of Understanding, si è impegnato a rispettare una lunga serie di misure di riduzione della spesa pubblica e di liberalizzazioni dei mercati del lavoro e dei prodotti. Per ridurre il disavanzo pubblico, e garantire la restituzione dei prestiti internazionali, l’esecutivo di Lisbona ha aumentato la tassazione, in particolare sui consumi, in modo piuttosto rilevante, come registrato anche in Grecia. Prima della crisi la pressione fiscale sul Pil in Portogallo era pari al 34/35%, una percentuale salita sopra al 37% dopo le misure di incremento dell’imposizione sul valore aggiunto. L’aumento delle tasse sui consumi, di diverso genere, come l’imposta sui motori diesel, unito alla pressione ribassista sui salari generata dai tagli agli stipendi pubblici così come le riduzioni sui sussidi sociali e la liberalizzazione del mercato del lavoro, sono misure tipiche per aumentare la competitività in assenza della leva del cambio. I risultati economici sono stati contrastanti, anche se tendenzialmente positivi, tanto che il Portogallo è stato indicato da più parti come una storia di successo dell’austerità. A parte l’Irlanda, Paese con peculiarità davvero marcate, l’economia di Lisbona non è collassata sotto il peso dei pesanti interventi decisi dal governo di Passos Coelho, con tagli da oltre 11 miliardi di euro. I più severi tra l’altro bloccati dalla Corte costituzionale. Il debito è cresciuto fino a livelli italiani, assestandosi intorno al 130%, ma il deficit ha iniziato a contrarsi, con disavanzi annuali di poco superiori al 4% nel 2013 così come nel 2014, con un percorso verso il rientro sotto la soglia del 3%. La crescita, dopo tre anni di recessione, è tornata nel 2014, con un incremento del Pil di quasi l’1%, e nei primi trimestri del 2015 la velocità della ripresa è aumentata. Nel 2015 la stima prevede un aumento del Pil superiore all’1,5%, un dato pari alla media di crescita dell’eurozona.

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PATRICIA DE MELO MOREIRA/AFP/Getty Images

PORTOGALLO SISTEMA POLITICO

Il tasso di disoccupazione, che nel punto più acuto della crisi aveva raggiunto il 17%, è ora sceso verso il 12%. Un dato ancora alto, reso ancora più negativo da un tasso di disoccupazione giovanile oltre il 30%, anch’esso però sceso dal picco del 40%. In questi ultimi mesi successivi alla conclusione del programma di assistenza finanziaria della Troika il governo di Pedro Passos Coelho, favorito dalla rilevante discesa del costo del debito favorita dal successo delle politiche monetarie non convenzionali della Bce, ha ridotto il percorso di riduzione del deficit. Un piccola deviazione dall’austerità che ha allertato il Fondo monetario internazionale, ma non i mercati. I rendimenti dei titoli decennali quotano poco sopra il 2%, dopo aver toccato un minimo storico di 1,5%. Valori abissalmente diversi rispetto all’oltre 10% richiesto dagli investitori nel momento più difficile della crisi. Il Portogallo è uscito dalla cura della Troika con assai più facilità rispetto alla Grecia, con un programma concluso nei 3 anni previsti e con restituzione dei prestiti anticipata grazie alla discesa del servizio del debito in corso ormai da diverso tempo. L’unico momento di tensione sul debito portoghese si è verificato a fine giugno, quando Alexis Tsipras aveva convocato il referendum sul piano dei creditori in Grecia. In Portogallo, a differenza degli altri Paesi colpiti dall’eurocrisi, non è esploso alcun partito anti sistema. Manca una SYRIZA, come un M5S o Podemos, nuove formazioni che grazie a leadership e metodi innovativi sono stati capaci di intercettare il diffuso malcontento della popolazione per il marcato deterioramento delle condizioni economiche e sociali. La situazione in Portogallo è tutt’altro che rosea: il Paese era il più povero dell’eurozona quando è iniziata l’unione monetaria, un “primato” lasciato ora alla Grecia, e ha un quinto della popolazione che vive sotto la soglia della povertà assoluta, con un reddito inferiore ai 5 mila euro annui. Gli 11 miliardi di tagli adottati dal governo di Passos Coelho hanno colpito anche servizi fondamentali come sanità e istruzione, e negli anni della crisi c’è stato un vero e proprio esodo che ancora oggi domina il dibattito pubblico lusitano. Dal 2011 al 2014, gli anni del programma di assistenza finanziaria di UE, Bce e Fmi, sono emigrati dal Portogallo quasi 500 mila persone, un numero elevato considerando una popolazione totale di circa 10 milioni. La democrazia generata dalla rivoluzione dei garofani, che ha posto fine al regime reazionario di Estado Novo, di matrice fascista, ha però retto così come la sua rappresentanza tradizionale. Dalle prime elezioni del 1975 fino a ora il sistema politico portoghese si è basato principalmente sul bipolarismo tra i socialisti e i socialdemocratici. Il PS portoghese è una classica formazione socialdemocratica, simile per orientamento alle altre forze di centrosinistra europee che militano nel PSE. Il partito del premier Pedro Passos Coelho è invece una formazione conservatrice, anche se il suo nome richiama alla socialdemocrazia. Inizialmente nato come partito di centrosinistra il PSD-PPD portoghese si è evoluto a partire dagli anni ottanta come un equivalente dei partiti popolari di centrodestra, pur conservando un nome orientato a sinistra.

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PATRICIA DE MELO MOREIRA/AFP/Getty Images)

ELEZIONI IN PORTOGALLO SONDAGGI

Il Portogallo è una repubblica con un presidente eletto direttamente dal popolo – in questo momento è Anibal Cavaco Silva, a lungo premier socialdemocratico tra gli anni ottanta e novanta – anche se la guida politica spetta al premier. Lisbona si è evoluta verso un sistema parlamentare più che presidenziale, e il primo ministro è l’incarico più rilevante del sistema politico del Paese. ll governo di Pedro Passos Coelho è stato sorretto da una coalizione, formata dai socialdemocratici del premier e un’altra formazione, CDS-Partito popolare, che fa parte del Ppe in Europa. Come in Spagna, la crisi scoppiata sotto un governo socialista ha favorito l’alternanza con un esecutivo popolare, che in Europa è stato fedele alleato di Angela Merkel e del precedente presidente della Commissione, il portoghese Barroso, in passato premier e leader dei socialdemocratici. A differenza della Spagna l’economia lusitana non aveva conosciuto un boom prima della crisi, ma una lunga fase di debole crescita caratterizzata da un costante deterioramento della competitività. Una debolezza economica che si era scaricata sul sistema politico, più instabile rispetto a quello della vicina Spagna. Il Portogallo ha un’unica camera legislativa, l’Assemblea della Repubblica, eletta con una legge elettorale simile a quella della Spagna. Il corpo elettorale è suddiviso in 22 circoscrizioni, composte dai 18 distretti, dalle regioni autonome delle isole Azzorre e Madeira, e da due collegi per i portoghesi residenti in Europa e nel resto del mondo. Il sistema proporzionale è temperato dalla dimensione delle circoscrizioni: in quelle grandi la soglia di sbarramento è molto basso, mentre in quelle piccole i pochi seggi in palio creano un limite superiore anche al 10%, dove tradizionalmente vincono solo i candidati socialisti o socialdemocratici. Nel 2015 il centrodestra al governo si presenta unito in un’unica lista, Alleanza portoghese, formata dai socialdemocratici e dai popolari guidati dal premier Pedro Passos Coelho. I socialisti invece candidano come primo ministro Antonio Costa, ex sindaco di Lisbona che nel 2014 ha vinto trionfalmente le primarie dopo il mezzo passo falso alle europee. Il precedente segretario era stato infatti contestato perchè nel 2014 i socialisti avevano ottenuto un risultato di poco superiore al 30%, con pochi punti di vantaggio sul centrodestra allora più impopolare. I sondaggi di questi ultimi mesi hanno mostrato un’alterazione della corsa; in primavera i favoriti erano i socialisti, mentre ora la coalizione del premier Passos Coelho appare poter reclamare la vittoria. Difficile però che una delle due maggiori formazioni raggiunga la maggioranza assoluta. Mentre a destra di Alleanza portoghese non c’è nessuna formazione di rilievo, a sinistra dei socialisti ci sono invece due partiti di sinistra radical, il Blocco di sinistra e la coalizione tra comunisti e verdi, che nei sondaggi sono rilevanti entrambi al 10%. Una conferma di questi valori potrebbe portare a una situazione di stallo, e di difficile formazione del nuovo governo. In Portogallo il partito col gruppo parlamentare più grande forma un governo, anche di minoranza, anche se negli anni ottanta c’era stata una grande coalizione tra socialisti e socialdemocratici, collassata dopo due anni di collaborazione. In questi mesi il governo di Pedro Passos Coelho ha beneficiato della ripresa economica, e le chance di riconferma del premier sono aumentate di molto. Il leader dei socialisti, per evitare un’eccessiva erosione dei consensi, ha preso le distanze dalla sinistra radicale, distinguendosi in modo marcato da Alexis Tsipras e da SYRIZA, uno degli obiettivi preferiti del premier conservatore. Pedro Passos Coelho ha costantemente rimarcato le analogie delle crisi di Grecia e Portogallo, evidenziando sopratutto come il suo esecutivo conservatore sia riuscito a portare il Paese fuori dal programma della Troika, dopo la sua dolorosa ma rispettosa applicazione. Una presa di posizione particolarmente apprezzata a Bruxelles come a Berlino: il governo Merkel ha sempre indicato Lisbona come un caso di successo dell’austerità. Domenica 4 ottobre saranno gli elettori a decretare il giudizio.

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