Elezioni Amministrative 2016, paura Pd a Torino. A Napoli manca l’anti-Bassolino. Ed è scontro per l’asse dem-Ncd

Altro che moratoria. La pax invocata nell’ultima direzione Pd da Matteo Renzi sulle amministrative così come sulle regole delle primarie, sembra già un miraggio al Nazareno. «Chiudiamo il passaggio delle riforme, poi da gennaio ci occuperemo delle elezioni 2016», aveva chiesto il segretario dem. Eppure, il puzzle complicato delle Comunali fa già tremare i vertici del partito, al di là dei tentativi di ridimensionare il peso delle urne. Da Nord a Sud, non c’è una partita in cui il Pd non rischi il flop.

ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2016 QUANDO SI VOTA 12 GIUGNO

ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2016, IL PE E LE GRANE DI NAPOLI –

Certo, nessuno in casa dem riteneva semplice la tornata elettorale. Era chiaro che Roma sarebbe stata una scommessa, dopo la fine traumatica dell’esperienza Marino, con tanto di firme dal notaio. Così come si sapeva che a Milano il post-Pisapia sarebbe stato un’incognita. Eppure, ora le urne fanno paura anche in quelle città, come Torino, che il Pd considerava un fortino. O come Bologna, dove c’è più di un dubbio sul destino di Virginio Merola, tra chi teme il fuoco amico o una sconfitta al ballottaggio.

Ma se c’è una partita dove il Pd stesso rischia di implodere è quella di Napoli. Perché l’auto-candidato Antonio Bassolino, osteggiato dal nuovo corso, non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Ormai sembra una sfida personale: Bassolino contro il Nazareno. O meglio, l’ex sindaco e governatore campano contro i vertici del nuovo corso. Con tanto di provocazioni reciproche. Altro che tregua. «Due vicesegretari non fanno un segretario», ha attaccato. Uno schiaffo al duo Guerini-Serracchiani, rei di aver stoppato la sua corsa sotto l’egida dem.

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ELEZIONI NAPOLI 2016, ADDIO NORMA ANTI-BASSOLINO –

Era stata la governatrice del Friuli-Venezia Giulia ad anticipare a mezzo stampa il lodo sul divieto per gli ex sindaci a partecipare alle primarie dem. Una chiara norma anti-Bassolino. Già archiviata tra gli imbarazzi, anche tra i renziani, perché interpretata come un’escamotage costruito ad arte per rottamare l’ex sindaco sgradito. «Ormai è una consuetudine del renzismo. Mandare avanti gli alfieri, per sondare quali potrebbero essere gli effetti», accusano dalla minoranza Pd in Transatlantico. Reazioni che si sono rivelate disastrose. «Renzi ha sempre detto che le regole non si cambiano in corsa. Ora perché dovrebbe farlo contro Bassolino?», insistono. No, cambiare le regole non sarà possibile. E ormai la linea sarà quella di promuovere il rinnovamento, chiedendo «a chi ha già dato di lasciare spazio». Una moral suasion che non avrà però effetti su Bassolino. Per questo in casa dem si tenta un accordo complicato con la minoranza per un candidato unitario.

A dir poco complicato. Resta il problema politico: «Se non hai un altro nome credibile, la colpa non è di Bassolino. Al momento, è lui il candidato più forte», rivendicano fonti dem parlamentari. Quasi trasversali. Tradotto, tocca a Renzi sparigliare. Tocca ai vertici trovare una soluzione. Eppure, l’impressione confermata a Montecitorio è che l’alternativa non ci sia, almeno per ora. Non è un caso che tra i nomi circolati, ci sia poca voglia di parlare. Non ne ha Gennaro Migliore: «Non c’è mai stata e mai ci sarà alcuna norma contra-personam», si limita a spiegare. Tutto mentre fedelissimi del premier come Carbone e Marcucci si scatenano contro Bassolino e respingono le sue frecciate ai vicesegretari:

ELEZIONI NAPOLI 2016, SINISTRA PD CONTRO PATTO DEM-NCD –

Ma non è l’unica grana a Napoli. Perché in serata è l’adesione di Ncd-Campania Popolare alla coalizione ad aprire un altro fronte. «Per molto meno, in altri tempi, si sarebbe chiesto un congresso. Adesso?», attacca Stefano Di Traglia, già portavoce bersaniano. Ma non è il solo. Tra le correnti di sinistra c’è chi considera l’allargamento inaccettabile: «Chi l’ha deciso? Dove è quando?», aggiunge Sergio Lo Giudice (Rete-dem, l’area degli ex filo-Civati). Così come l’europarlamentare Daniele Viotti, che non è l’unico che arriva ad evocare il commissariamento del Pd napoletano. In realtà, la notizia era tutt’altro che inaspettata, seppur (forse) inattesa nei modi. Perché il coordinatore regionale Gioacchino Alfano da tempo spinge per il matrimonio tra gli alfaniani e i democratici. Convinto che «vecchi schemi»non abbiano «più ragion d’essere» e che le Comunali possano rappresentare per Ncd un «laboratorio». Un replay dello schema di governo. Un nuovo mattone per la costruzione del Partito della Nazione.

Dai confini ancora indefiniti. Sì, perché come confermano a Giornalettismo dal gruppo verdiniano a Palazzo Madama, anche la truppa campana di Ala è pronta al sostegno. «Di certo faremo una lista. E l’interlocutore non potrà che essere il centrosinistra», spiegano a Giornalettismo. Un remake dell’operazione “Campania in Rete” che spinse la vittoria di De Luca alle ultime Regionali. «Bassolino? Perché no?», c’è chi azzarda. In fondo, già alla festa di Ncd l’ex governatore era andato a incassare gli applausi della platea centrista, aprendo al bis sotto al Vesuvio del modello governativo. Un altro fedelissimo di Verdini come Ignazio Abrignani è più cauto: «Vedremo quale sarà il candidato, città per città». Quel che è certo, visto la penuria di candidati da proporre contro l’ex sindaco alle primarie (in calendario il 7 febbraio, anche se Renzi spinge per il 20 marzo), è che la rottamazione sia tutt’altro che riuscita dalle parti campane. E non solo. Non è un caso che tra i renziani la candidatura possibile di Umberto Ranieri non convinca: «Un salto indietro nel tempo, sarebbe una sfida da anni ’90 con Bassolino». Tra i nomi, infine, c’è chi è convinto che anche la carta Andrea Cozzolino non sia da escludere: «Naviga nell’ombra, per lui sarebbe l’occasione per archiviare il suo padre politico (lo stesso Bassolino, ndr)». Sconfitto da De Luca alle primarie per la Regione, lo aiutò a vincere le elezioni. «Ora potrebbe passare all’incasso…». Ma anche il suo sarebbe un nome che rimanda al passato.

ELEZIONI TORINO 2016, PAURA BALLOTTAGGIO PER FASSINO –

Ma ad essere esplosa non è solo la grana napoletana. Resta preoccupante anche la situazione a Torino. Se sotto la Mole Renzi non dovrà mettersi alla ricerca (complicata) di un candidato è soltanto perché l’uscente Piero Fassino, pur titubante, «non lascerà il Pd nel caos». Eppure, fonti parlamentari dem piemontesi confermano che il sindaco avrebbe fatto a meno di correre per il secondo mandato: «Il ruolo di sindaco non è forse quello che più lo esalta, anche se lo ha svolto in modo esemplare». Non è un mistero come Fassino avesse nutrito altre ambizioni. Tra un ministero di peso (Esteri), mai arrivato. E quella partita Quirinale rimasta solo una chimera. Eppure si metterà ancora al servizio del partito: «Ma non si può più perdere tempo», c’è chi rilancia.

L’occasione giusta per l’ufficializzazione della corsa potrebbe essere la conferenza programmatica del Pd torinese, prevista per i prossimi giorni. Aspettare ancora avrebbe poco senso. Anche perché l’incubo di essere trascinati al ballottaggio è reale: «Chiara Appendino è la miglior candidata che il M5S poteva scegliere…», spiegano in casa dem. Il motivo? «Viene da un’esperienza positiva in Consiglio. Poi potrebbe intercettare voti non solo pentastellati. E ha sponde nella borghesia cittadina», è il timore in casa dem. Lei, la bocconiana figlia di ingegneri che Fassino bollò come la “Giovanna d’Arco della pubblica morale“, ora sogna il colpaccio. Sarebbe una beffa atroce per il sindaco che la ammonì, tempo fa, invitandola a prendere il suo posto: «Un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se sarà capace». Per molti attivisti M5S una “profezia”, tra chi ricorda il precedente più amaro per l’ex segretari Ds. Ovvero, quando nel 2009 sfidò Grillo invitandolo a fondare un partito: «Vediamo quanti voti prende…». Come finì è già storia. Con tanto di fantasmi in casa dem: «Il secondo turno sarebbe un’incognita», ammettono.

Molto dipenderà dal peso della candidatura dell’ex Fiom Giorgio Airaudo, che si candiderà per Sinistra Italiana. Altro volto noto in città, simbolo della Torino operaia. «Possiamo arrivare al 10%. Ormai il centrosinistra è morto quasi dappertutto, ma è stato Renzi a volerlo», spiegano a Montecitorio da SI. Tradotto, sarà complicato per Fassino recuperare questi voti in un ipotetico ballottaggio, al di là di chi spera di tenere un canale ancora aperto. Anche nel caso il centrodestra (ora alla ricerca di un candidato) si limitasse a presentare un nome di bandiera, per Fassino e Renzi Torino sarà comunque un verdetto tutt’altro che scontato. Altra grana per il segretario dem. Come non bastassero le ombre bolognesi. Il dilemma napoletano. O le vere imprese tra Roma e Milano. 

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