Ecco perché abbiamo la faccia che abbiamo

Da cosa dipende l’aspetto del nostro viso? Le lo spiega il Guardian che ci propone uno studio che conferma come la nostra faccia dipenda dal Dna. Tutto merito di alcune regioni del genoma che agiscono come degli interruttori che attivano o bloccano alcune caratteristiche del viso e della testa definendo la grandezza dello scheletro o la grandezza del naso.

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LA RICERCA – L’ultimo studio sul tema, condotto da Axel Visel, ricercatore del Lawrence Berkeley National Laboratory dell’università di Berkeley in California, che ha provato a definire come agiscono questi interruttori. Ogni faccia è unica e quindi le differenze sono minime. Per questo motivo il team di Visel ha cercato di studiare la parte di genoma non codificante, che comprende il 98 per cento del nostro Dna. Nell’esperimento, condotto usando tessuto embrionale dei topi, il team di Visel ha identificato più di 4300 regioni del genoma che regola le caratteristiche facciali.

 

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IN ARRIVO IL VISO PERFETTO? – In sostanza sono centinaia i geni coinvolti nella definizione della forma di un viso. Alcuni di questi accendono o spengono i geni del volto mentre altri si occupano di realizzare le diverse proporzioni del teschio, la lunghezza del naso o che forma devono avere le orbite oculari. Secondo Visel questa ricerca consentirà agli scienziati, in futuro, di creare il viso perfetto per aspetto, per forma e per carattere somatico. E secondo lui la scelta della natura di affidarsi al genoma non codificante dipende dal fatto che in questa maniera i geni non vengono alterati.

UNA CURA PER LE DEFORMAZIONI – Il team di Visel ha quindi modificato i connotati dei topolini scoprendo, dopo otto settimane, che erano avvenuti i cambiamenti inizialmente previsti. Parliamo di modifiche microscopiche, ma appunto per questo ancora più sorprendenti. Anche perché la modifica nella forma del cranio non ha portato ad altre conseguenze per gli animali. La scoperta tornerà sicuramente a vantaggio dell’uomo, ma non per generare figli perfetti ma per curare eventuali malformazioni nel feto. Tuttavia è prima necessario mappare tutto il genoma e capire quali siano le problematiche reali di queste operazioni prima di poterle sfruttare. (Photocredit Lapresse)

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