Il professor De Masi, che propone di lavorare gratis, attaccato da «Il Giornale» per il suo stipendio a 5 stelle

Le sue teorie per risolvere la disoccupazione sono sulla bocca di tutti. Il sociologo Domenico De Masi aveva proposto ai disoccupati di lavorare gratis per sparigliare le carte sul mercato del lavoro e imporre in questo modo una distribuzione del reddito. «Predica bene e razzola male» pensano al quotidiano Il Giornale che, nell’edizione odierna, attacca: «Predica il lavoro gratis (altrui) e la Camera gli dà 56mila euro». Il riferimento è al lavoro commissionato dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle (De Masi è molto stimato da Davide Casaleggio) al sociologo, rendicontato come uscita da 56.771 euro dalla deputata Laura Castelli nel bilancio del M5S alla Camera.

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LA COSTOSA TEORIA DI DOMENICO DE MASI SUL LAVORO GRATIS

«Lavorare gratis, lavorare tutti» è il titolo del libro di De Masi in cui espone le sue teorie sull’occupazione. Facile, dunque, che sia stato bersaglio della stampa per il suo compenso ottenuto direttamente dai soldi pubblici messi a disposizione del Movimento 5 Stelle. Ma la polemica è davvero ben indirizzata? O, meglio, ha senso accanirsi in questo modo?

Le teorie del sociologo possono anche non essere condivise. Siamo d’accordo sul fatto che, in questi ultimi anni, sempre più italiani (specialmente giovani) abbiano accettato di lavorare gratis o con compensi estremamente ridotti, ma il risultato globale sul mercato del lavoro non sia cambiato molto. Cioè, si lavora gratis da una vita, ma la redistribuzione del reddito auspicata da De Masi è molto lontana da essere cosa concreta.

Tuttavia, se un gruppo parlamentare ha deciso di «investire» su un lavoro che ha una portata scientifica e che ha comunque potuto contare su un team di professionalità esperte (i 56.771 euro, in realtà, non vanno solo a De Masi, ma sono destinati anche alla sua squadra di ricerca), è legittimato a farlo. Anzi, è un bene che le competenze in una determinata materia siano riconosciute anche dal punto di vista economico.

Possiamo discutere sull’opportunità che un gruppo parlamentare spenda queste cifre (si tratta sempre di soldi pubblici) per una ricerca, possiamo anche affermare che, forse, 56mila e rotti euro siano esagerati. Ma non possiamo negare che lavori certificati da esperienza e competenze debbano essere pagati. Altrimenti, con le polemiche sui compensi, si fa il gioco di chi – questa volta sì – «predica il lavoro gratis (altrui) e poi si fa pagare dalla Camera 56mila euro». Riconosciamo la professionalità, riconosciamola a tutti. Può essere – davvero – una buona ricetta per la redistribuzione del reddito.

(FOTO:  ERNESTO RODRIGUES/ESTADAO CONTEUDO)

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