Le (presunte) foto di Diletta Leotta nuda? Ora basta, è barbarie.

20/09/2016 di Boris Sollazzo

Edit, ore 18:  In una nota diffusa dalle agenzie l’Ufficio stampa di Diletta Leotta ha precisato quanto segue: «Il telefono portatile di Diletta è stato hackerato e alcune sue foto privatissime di alcuni anni fa, in realtà insieme ad evidenti fotomontaggi, in queste ore sono distribuite in rete da moltissime persone. Diletta ha subito sporto denuncia alla Polizia di Stato (Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Milano) chiedendo che si dia inizio all’azione penale contro chiunque risulti concorrente di tutti i reati perseguibili e cioè della pubblicazione e distribuzione delle foto». Si precisa: «Quello che è successo oggi è estremamente grave. Diletta ha subito una gravissima violazione della privacy, è molto amareggiata ma nello stesso tempo indignata e pronta a gestire questa vicenda. Il suo pensiero è rivolto a ragazze più giovani, magari meno solide, cercando di condividere la sua esperienza sul fatto che chiunque distribuisce con leggerezza una foto privata magari di un amico, di una fidanzata o di una ex senza chiedere il suo consenso commette un reato. Questo è ciò che tutti i ragazzi devono avere bene in mente perchè una condivisione su WhatsApp o sui social, che non hanno sistemi di controllo dei materiali che transitano su di loro, diventa incontrollabile e senza possibilità di ritorno. E che la denuncia alla Polizia di Stato è la prima cosa da fare»

 

Ora basta. Non è possibile. Twitter e le chat di whatsapp vengono inondate in queste ore da presunte foto di Diletta Leotta nuda. La giornalista di Sky che occupandosi di serie B con la sua avvenenza e le sue curve ha conquistato le curve degli stadi cadetti – molti gli striscioni dedicati a lei – è oggetto ora di una macchina del fango ignobile. Di quelle che solo il web sa mettere in moto, aiutato dai nuovi canali di comunicazione, dai servizi di messaggistica. A pochi giorni dalla tragedia di Tiziana Cantone, nessuno sembra aver imparato nulla. Anzi, alzano il tiro. C’è chi sostiene che questo sia l’inizio di uno tsunami che potrebbe abbattersi su molte altre showgirl italiane, che hacker, con la complicità di contatti legati a queste donne, avrebbero raccolto e sarebbero pronti a diffondere. Foto e video che potrebbero distruggere professionalità, vite, famiglie.

 

 

 

Ora basta. Questa è barbarie, se sul patibolo finì Fabrizio Corona per il suo sistema di vendita anticipata di foto compromettenti ai diretti interessati, una maggiore severità va usata contro quest’esercito senza nome dedito solo a rimestare nel letame della Rete, nelle nostre vite private per poterne fare una macelleria che farà sempre più vittime. Non possiamo più procastinare il tema della sicurezza delle comunicazioni come quella dell’educazione digitale di un popolo che – come testimonia il successo del film Perfetti sconosciuti (esplosivo al botteghino e non di rado nei nuclei familiari) – non si rende conto di aver consegnato a smartphone, social gratuiti, servizi di chat e messaggistica senza costi la propria identità, i propri segreti, la propria esistenza. Senza barriere, senza tutele. Perché il prezzo, altissimo, sei tu. Che affidi ai cloud, a una nuvola che farà piovere su tutti ciò che hai di più segreto. Era già successo alle star americane, poco tempo fa: bastò un telefono smarrito da una di loro (pare, Paris Hilton) e hacker dilettanti per entrare dentro ciò che doveva rimanere nascosto. Da Jennifer Lawrence in giù, non è stato risparmiato quasi nessuno.

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Noi ci rifiutiamo di entrare in questa macelleria messicana in cui vite e l’immagini di donne – guarda un po’ le vittime sono sempre donne – vengono fatte a pezzi. Noi esprimiamo piena solidarietà a Diletta Leotta e condanniamo chi ora sui social sta mettendo link su dropbox, non c’è alcun argine, basta una ricerca di soli 5 minuti per trovarle. In una repubblica digitale dove nominare Diaz ti vale la censura sulla Rete e sui social, queste reti di protezione, segnalazione, vengono a mancare.

Se i mezzi non sanno tutelarci, allora, facciamolo noi. Facciamo quadrato attorno a questa donna che ha il solo torto di essere brava a fare il suo lavoro, di essere molto bella, di suscitare le invidie delle donne e la famelica eccitazione degli uomini.
La barbarie è culturale: tanti, troppi, a pochi giorni dalla morte di una 31enne oggetto del linciaggio di un Paese arrapato e ferino, stanno ripetendo le dinamiche di diffusione che hanno ucciso Tiziana Cantone. Cancellatele dal vostro whatsapp, bloccate gli account twitter che mettono link, segnalate su facebook in massa chi si macchia anche del torto di una battuta sessista. Dimostrate di essere migliori di questi pirati, dimostriamolo tutti.

Perché non è mai la pistola a uccidere, ma chi preme il grilletto. E non è internet a diffondere quelle immagini, siamo noi, voi, loro. Diletta Leotta, come tutti gli uomini e le donne, devono essere liberi di vivere il proprio privato senza ostacoli, senza paure di assalti alla propria sfera personale.

E se volete vedere Diletta Leotta, accendete Sky. Non il telefonino. Altrimenti, sarete, saremo complici. Non solo spettatori.

Questo è il primo e ultimo articolo che scriveremo in merito, se non per rilevare i provvedimenti penali contro i colpevoli. Il silenzio è assenso, in questo caso, così come lo sarebbe continuare a dare visibilità a questa violenza digitale. Siamo tutti Diletta Leotta. E potremmo esserlo anche domani.

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