Le dieci cose che la doppia morale all’italiana mi ha insegnato questa settimana

11/08/2016 di Boris Sollazzo

Ci sono cose che in Italia rappresentano una certezza, un comodo rifugio. Una di queste è la doppia morale, da spendere a seconda della convenienza. E così abbiamo provato, senza giudizi, a provare a vedere in questa settimana tutte quelle vicende che hanno avuto, secondo il nostro giudizio e un filo di ironia. Ci teniamo a sottolinearlo perché abbiamo scoperto che fare satira è un passepartout per fare ciò che vuoi, quindi ci teniamo a inserirci anche noi in questo recinto protetto, la satira, che è un po’ come l’emoticon alla fine di un sms insultante o l’hashtag #sifaperscherzare alla fine di un tweet. O più banalmente, come quando a Roma ti ingiuriano aggiungendo “in grande amicizia” o l’omofobo dichiara di avere “molti amici gay”.

Questa rubrica proveremo a farla ogni settimana. Abbiamo il sospetto che non ci mancherà materiale, ma ci piacerebbe che ci aiutaste a scriverla. Aggiungete i vostri punti, insomma.

  1. Se uno che fa il giornalista scrive un articolo capzioso e offensivo, è un incompetente, un venduto, uno da crocifiggere. Se un direttore avalla un pessimo titolo, pure. E va licenziato. Ma se un vignettista fa una brutta vignetta, va difeso come Sacco e Vanzetti e diventa il simbolo della libertà d’espressione.

  2. Se Lo stato delle Cos(c)e lo scrive, su un brutto disegno, Mannelli, è un grande e raffinato umorista. Se lo fa dire a uno dei suoi attori Neri Parenti, è trash.

  3. Giuseppe Tassi viene licenziato per il titolo sulle “cicciottelle”. Travaglio può storpiare i nomi e scherzare sull’altezza di Brunetta. Quando si è diversamente direttori e diversamente responsabili.

  4. Se urli alla censura, sei credibile. Se dici che non c’è, sei un venduto o uno che vuole tenere il posto in barba alle libertà. Questo senza mai valutare i fatti. O almeno i contratti.
    Del censurato ci si fida, anche se è un direttore di tg che occupava la poltrona da 7 anni e avrà un programma. Se potete epurare anche me così, ve ne sarei grato.

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  5. Se Libero parla di lato b disegnato col compasso è (giustamente) tacciato di sessismo. Se Cosmopolitan fa una gallery sui “pacchi” (in gergo i gioielli di famiglia di un uomo) degli atleti sono fighissimi.

  6. Se intervisti una persona, secondo intellettuali che ultimamente amano fare la morale su Roma e che hanno sempre una risposta per tutto (ma raramente si fanno domande), non devi fare domande e tirar fuori la verità, ma fargli la morale. Perché il lettore non va affrontato, ma indottrinato. E parlano loro che spesso hanno lavorato per chi la seconda domanda non l’ha mai fatta a chi comanda davvero. E anche da parte di questi Che Guevara da salotto, di coraggiosi attacchi al potere ne ricordiamo pochi.

    Per inciso: l’intervista di Malcom Pagani a Luca Barbareschi è un capolavoro.

     

  7. E’ tornata la moda di dire che un premier porta sfiga. Sono sempre felice quando il livello delle critiche al potere è così alto.

  8. Se io mando decine di messaggi a Rossella Fiamingo sono uno stalker e Dotto mi fracassa di botte (oddio, per lei rischierei). Se lo fa il premier è simpatico.

  9. Del ciccione lo si può dare solo a Gonzalo Higuain. Basta che lo facciano prima gli inglesi.

  10. Un campione deve essere insultato. Da telecronisti, su twitter, da opinionisti opinabili o vip sconosciuti. Solo perché è un campione, ovvio. E non può rispondere altrimenti è arrogante o perdente nella vita. Ricordatevi, leoni da tastiera e da divano e da microfono, di adottare lo stesso aplomb che pretendete da loro, nel caso uno per strada vi insulti a gratis.

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