Quando Salvini scriveva che il debito pubblico «lo pagheranno i nostri figli»

Fare opposizione è sempre più facile che governare. Quando si è dall’altra parte della barricata si possono lanciare accuse, criticare gli altri per quel che fanno o non fanno, senza mai proporre soluzioni ai vari problemi che quotidianamente si accavallano nel sistema politico-sociale-economico di ogni Paese. E Matteo Salvini è l’emblema di tutto ciò, ma – come spesso capita – il sommerso dei social fanno riaffiorare vecchie battaglie dialettiche che, riproposte nell’attualità, fanno capire come la propaganda sia molto più semplice rispetto al potere decisionale. Ed è il caso della polemica del 2015 sul debito pubblico da record.

Era il 13 marzo del 2015 e le difficoltà economiche dell’Italia erano molto simili rispetto al quadro generale attuale, anche se le cifre del debito pubblico erano inferiori rispetto a oggi. All’epoca si parlava di una cifra record da 2.166 miliardi; oggi, invece, siamo arrivati ai 2.389 miliardi (cifra record in assoluto, secondo le ultime stime fatte dalla Banca d’Italia) e nell’immediato futuro le previsioni parlano di sforamento dei 2,4 miliardi. Ora, però, sembra non essere più un problema così grave rispetto a quanto scriveva Salvini su Twitter quattro anni fa.

 

Il tweet di Salvini sul debito pubblico del 2015

«DEBITO PUBBLICO record a 2.166 miliardi. Chi pagherà? Purtroppo i nostri figli. Aspetto un Tweet di Renzi su questo!». Bei tempi quando si era dall’altra parte della barricata e sentirsi liberi di dire tutto quel che passava per la testa con il, solo obiettivo di fare campagna elettorale. La situazione nel corso degli anni è peggiorata e le stime dopo il primo anno abbondante di governo Lega-M5S mostrano uno sprofondo rosso ancor più evidente rispetto al 2015.

Facile fare l’opposizione

Chi pagherà questo debito pubblico da Record. Vorremmo fosse lo stesso Matteo Salvini a rispondere con un tweet a questa domanda. Ma la risposta la sappiamo tutti: i nostri figli. Solo che ora non è più il caso di ritirarli in ballo, perché la poltrona del comandante è piacevolmente morbida, ma anche scomoda. Quando ci si trova all’opposizione il populismo diventa quasi un’esigenza, ma quando si è al potere diventa un’arma a doppio taglio. Specialmente per la lunga memoria dei social.

(foto di copertina: ANSA / MATTEO BAZZI)

Share this article