Dario Campagna e il Gran Bazar sulla rete che si indigna

Dal primo luglio alle ore 19,30, presso il Baretto Night di Via Celsa 14, a due passi da piazza Venezia, apre il “Dario Campagna Gran Bazar“, la prima mostra personale di Dario Campagna, fumettista satirico e già illustratore del libro “Il Coinquilino di Merda” edito per Mondadori e ispirato alla famosa pagina Facebook. Si tratta di un percorso disegnato nei meandri del piccolo locale, passando dall’ingresso, al bancone fino al bagno sottoterra e le zone più segrete e buie. Un viaggio a fumetti tra le esperienze dell’autore ma anche un lavoro sui vizi e le virtù dei social network. Perché Dario Campagna, che ha lavorato anche su Il Male di Vauro e Vincino, irride e fotografa allo stesso tempo il grande popolo del “webbe“. Quelli che sono tanto Je suis Charlie, quelli che cambiano la foto profilo in base alla strage del momento ma anche quelli che ti possono capitare in salotto e farti tanto, tanto, innervosire.

(foto Dario Campagna Facebook)

– Volevo cercare di fare una intervista seria ma la solita domanda da dove prendi ispirazione etc etc magari te l’hanno fatta duemila volte. Indi per cui quando hai capito che volevi fare il fumettista?

L’ho capito veramente tardi. Però per fortuna. Nel 2011 stavo in redazione al Male di Vauro e Vincino, il revival della rivista di satira degli anni ’70-’80, ero entrato come redattore e sguattero, praticamente facevo il tuttofare. Riempivo buchi, scrivevo stronzate, intervistavo imbecilli vari. La rivista però era prettamente disegnata e mi è venuta una voglia pazza di provare. Piano piano, con i consigli giusti e rubando un po’ di tecniche qua e là, mi ci sono messo ed ecco. Il disegno ha una forza unica.

– Spesso chi disegna viene coinvolto nella polemica del momento. Per esempio un disegno viene additato dall’editorialista di turno o dalla indignazione del web (indignazione che spesso capita nei tuoi lavori): Lo trovi giusto? O la polemica sull’eccesso di satira è una palla assurda? O anche stica?

Sì, è una palla assurda, ma alla fine le polemiche sono sempre bolle di sapone che portano il branco di turno ad abbaiare un po’ per poi ritornare nei ranghi del niente. “La rete si indigna”, appunto, forse uno dei miei scarabocchi più indicativi a riguardo, ritrae proprio un tipo super annoiato davanti al pc che fa un click col dito, distrattamente. Io la rete che si indigna la immagino proprio così. Spesso mi dicono che le mie cose non fanno ridere accendendo la solita roba “la satira deve fare ridere e poi fare riflettere”. Ma chi l’ha detto? Insomma, che palle, che palle, e anche stica, sì.

Dario Campagna
La rete si indigna

– Uno dei tuoi lavori è “all week in a sketch” (qui un Silvio petaloso ndr), come è nato?

L’allweek è nato per caso, parlando con un amico. Ridevamo sulla possibilità di unire più cose di cronaca in un solo disegno. E lanciai l’idea. La prima fu una bomba, c’era stato il ragazzo ucciso a Napoli da un carabiniere mentre era in motorino senza casco, c’era l’epopea dell’orsa Daniza e c’erano gli intramontabili marò, sempre sulla bocca di tutti. Insomma, disegnai un marò che sparava a un’orsa senza casco a Napoli. L’idea piacque molto a Tvsvizzera.it che praticamente mi offrì una collaborazione, che continua tutt’oggi.

– Il lavoro più difficile che ti è capitato di fare. O il coinquilino più difficile che ti è capitato dato che hai illustrato “Il coinquilino di m.”. Puoi scegliere se rispondere tra le due cose o a entrambe

Il lavoro più difficile non so, sicuramente il più ansiogeno è stato il primo “live painting” che ho fatto un po’ di settimane fa all’università Luiss di Roma durante un evento. Non avevo mai disegnato dal vivo davanti a una platea di persone numerosa, le mie stronzate venivano proiettate sul maxischermo, dovevo essere molto veloce nel farmi venire le idee e nel realizzarle. Figata comunque. Sì ho illustrato il libro del Coinquilino di Merda e come tutti ho avuto coinquilini di merda. Ho avuto una coinquilina talmente di merda che riusciva a studiare tranquillamente in salotto mentre il suo barboncino quattordicenne con mille malattie continuava a vomitare in casa. Lei non puliva, perché doveva studiare. Le avesse vomitato in faccia, almeno.

– Esci con “Dario Campagna Gran Bazar”, la tua prima mostra. Non ti chiederò della pace nel mondo ma spiegami come è nata e sopratutto di che parlerà

Avevo voglia da tempo di allestire una mostra personale nel mio stile: un po’ a cazzo di cane, un po’ curata, un po’ come viene viene, un po’ caotica. Questi concetti insieme formavano perfettamente l’idea di un Gran Bazar. E poi, il luogo: un baretto a me caro in centro, con un sotterraneo umido e ammuffito che è un capolavoro. Ho lavorato un sacco su sta cosa, ho pure disegnato la storia della mia vita sul bancone del bar, poi ci saranno stampe, originali, un po’ di tutto. Insomma, penso ne valga la pena!

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