Dalla Leopolda della rottamazione a quella di Governo.

La Leopolda, da sempre, è il “termometro” del renzismo. Lo scorso anno, dopo il non felice esordio di Bari per la campagna elettorale del congresso per la segreteria del PArtito Democratico, proprio qui a Firenze Matteo Renzi ritrovò i tempi e i modi per dare l’assalto all’eredità di Epifani e Bersani.

Oggi, Renzi arriva qui – per la quinta volta – da Presidente del Consiglio. Traguardo non immaginabile nel 2010, quando due ragazzi di 35 anni da un palco si misero in testa di sfidare tutto un partito. L’altro “ragazzo” era Giuseppe Civati, forse oggi unica (piccola) isola di opposizione allo strapotere di  Matteo Renzi all’interno del Pd. Insieme l’otto dicembre del 2013, presero al congresso più dell’ottanta per cento del consenso del “popolo delle primarie”.

Dal 2010 è passata un’era geologica. Ma – paradossalmente – l’unica cosa rimasta “quasi” uguale è proprio la Leopolda. Certo, possono cambiare alcuni protagonisti, alcuni visi, il peso di alcune persone all’interno dell’organizzazione della macchina, ma lo spirito – almeno fino allo scorso anno – era rimasto uguale.

La scommessa – un anno fa – era portare la Leopolda dentro il Pd. La scommessa oggi è vedere se Palazzo Chigi ha cambiato la Leopolda. E le sfide non sono poche, sotto questo punto di vista.

Prima di tutto perché La Leopolda non è mai stato un luogo “dei” e “per” i politici. Qui è il luogo in cui sul palco sale la società civile, gli imprenditori, i “giovani” (ma ormai ci siamo fatti vecchi un po’ tutti), i visionari, e tante “meteore”. Eppure oggi alla Leopolda è atteso mezzo governo. Ed è una contraddizione in termini.

In secondo luogo la Leopolda è da sempre il luogo di incontro di chiede il rinnovamento. Il cambiamento del paese. Di chi questo paese voleva non solo “rottamarlo”, ma rivoluzionarlo. Ecco, ora però al governo c’è il padrone di casa. E sarà alquanto complesso tenere insieme la richiesta di cambiamento, con la responsabilità di governo. Forse, dopo appena 8 mesi, alcune “proposte” possono ancora non trasformarsi in critica per chi governa, ma questo spazio è destinato, ovviamente, a ridursi.

In terzo luogo, la Leopolda è il luogo del conflitto. Della contrapposizione. Contro il partito. Contro l’establishment. Contro chi ha governato il paese per anni: “per venti anni sempre gli stessi”. Ecco qui Renzi dovrà tirare fuori il coniglio dal cilindro. Dovrà essere in grado di coniugare l’essere a Palazzo Chigi, incarnare quindi l’establishment, e un nemico (L’Europa? La burocrazia? Il sindacato?) al quale contrapporsi.

Siamo pronti a puntare i nostri (pochi) soldi sul fatto che il Presidente del Consiglio, almeno dal punto di vista comunicativo, riuscirà a tenere insieme tutte le contraddizioni che abbiamo elencato. Ma siamo altrettanto sicuri che con il tempo, mantenere insieme tutto e il contrario di tutto, diventerà sempre più complicato.

Ma oggi, Matteo Renzi, come quel giocatore di tennis che non ha nessuno dall’altra parte della rete, può permettersi quasi tutto.

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