D’Alema ancora contro Renzi: «Danneggia il Pd. Linciaggio di tipo staliniano contro di me»

03/09/2015 di Redazione

«Renzi? Danneggia il Pd, svilisce la nostra storia comune». L’attacco di Massimo  D’Alema al premier e segretario dem sulle pagine del Corrriere della Sera non è una novità. Eppure i toni con i quali l’ex leader maximo, finito ai margini del partito e in minoranza, si è scagliato contro il presidente del Consiglio mostrano tutta la distanza tra due anime dem ormai (di fatto) inconciliabili. La vecchia Ditta da una parte, il nuovo corso renziano dall’altra. «Renzi svilisce la nostra storia. Dopo aver detto che siamo precipitati dal 41 al 32%, tendenza confermata alle Regionali, sono stato coperto d’insulti. Per ordine dall’alto è cominciato un linciaggio di tipo staliniano», ha attaccato l’ex premier, accusando come, a suo dire, il Pd avrebbe lasciato per strada «molti valori della sinistra, ma non i metodi dello stalinismo». Con tanto di accusa diretta al segretario, storico avversario dell’ex sindaco rottamatore: «Oggi i trotzkisti da fucilare se il piano quinquennale falliva vengono chiamati “gufi”». 

 

D’ALEMA CONTRO RENZI, UNO SCONTRO INFINITO –

Già a Milano, alla Festa dell’Unità, l’ex premier aveva accusato Renzi di «sputare sul passato», per aver paragonato berlusconismo e antiberlusconismo, entrambi considerati responsabili di aver bloccato il Paese secondo la tesi renziana. Intervistato da Aldo Cazzullo, D’Alema ha ribadito le accuse, mostrando tutta la sua insofferenza verso il nuovo corso:

«Raffigurare la storia italiana come se berlusconismo e antiberlusconismo si fossero annullati in una litigiosità inutile, senza produrre nulla, è una raffigurazione falsa. Il centrosinistra produsse importanti cambiamenti. Abbiamo fatto la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro, le privatizzazioni e le liberalizzazioni, la politica estera nei Balcani e in Libano. Abbiamo portato l’Italia nell’euro».

E avete avuto grandi fallimenti.

«Altre cose non ci sono riuscite. Ma rappresentare questi vent’anni come una lunga rissa in cui a un certo punto appare Renzi è una sciocchezza pubblicitaria. Al contrario, Renzi dovrebbe riconoscere quel che ha avuto in eredità. Tra gli elementi che contribuiscono alla crescita del Pil c’è l’Expo, che Renzi ha ereditato dal governo Prodi, senza avere il buon gusto di dire almeno grazie. Mi ha colpito l’atteggiamento sgradevole nei confronti del suo predecessore. Enrico Letta ha messo in sicurezza il Paese. E Renzi ne parla in modo inutilmente sprezzante», ha attaccato D’Alema.

In pratica, “difendendo” quel Professore che (al di là delle smentite dell’ex leader maximo,) proprio D’Alema, in ticket con Marini, secondo tesi comune affossò dopo due anni del suo primo governo, per poi sostituirlo a Palazzo Chigi, come ha ricordato lo stesso Prodi.

D’ALEMA CONTRO RENZI: «OGGI I TROTZKISTI DA ELIMINARE SONO CHIAMATI GUFI» –

D’Alema ammette di aver avuto modi sprezzati in passato, ma rivendica:

«È vero e infatti ho sbagliato. Lo riconosco. E ho pagato un prezzo per questo. Ma posso essere stato spigoloso; non sono cattivo, né vendicativo. Io ho difeso con spigolosità le mie idee; non ho mai massacrato le persone. Ho avuto con Veltroni e Prodi un confronto politico franco. Ma ho indicato io Veltroni come vicepresidente del Consiglio. E quando Prodi cadde in modo drammatico, e non certo per mia responsabilità, l’ho indicato io come presidente della Commissione europea. Soprattutto, non ho mai svilito la nostra storia comune, come sta facendo Renzi. È vero che in passato il centrosinistra ha conosciuto divisioni. Ma oggi si rischiano lacerazioni ben più drammatiche».

Eppure, su quella scissione da tempo ormai evocata dalla minoranza dem, D’Alema non si sbilancia, nonostante le domande ripetute di Cazzullo in merito:

«Non è a me che deve fare questa domanda. Mi occupo di politica internazionale. Non ho problemi, non cerco cariche…».

La si sospetta invece di acrimonia personale, per non aver avuto la carica di alto rappresentante per la politica estera europea.

«È falso, e glielo dimostro. Io lavoro a Bruxelles, e collaboro lealmente con Federica Mogherini, che apprezzo molto».

E poi ancora: «L’attuale Pd non ha rotto solo con la tradizione della sinistra, ma anche con una parte importante del cattolicesimo democratico. In questo modo ha lasciato molto spazio ad altre offerte politiche. Ora il Pd è a un bivio. O ricostruisce il centrosinistra. Oppure crea un listone con il ceto politico uscito dal berlusconismo. Ho visto un sondaggio che dice che con questo listone, o come è stato elegantemente definito rassemblement, avremmo meno di voti di quelli che raccoglierebbe da solo il Pd».

D’ALEMA: «ITALICUM DA CAMBIARE» –

Secondo D’Alema anche la legge elettorale, l’Italicum già approvato (ma in vigore dal 2016), bisognerebbe cambiare:

«La legge è stata costruita per un Pd al 40%; oggi rischia di diventare una trappola mortale. Il ballottaggio sarebbe tra Renzi e Grillo; e dubito che i leghisti voterebbero Renzi. Farsi la legge elettorale su misura porta sfortuna: chi ci ha provato, compreso Berlusconi, ha perso. Sarebbe saggio evitare questa roulette russa, che rischia di consegnare il Paese neanche a una maggioranza, ma a una minoranza populista».

Non vorrei sembrarle insistente, ma se si dà il premio elettorale alla coalizione anziché alla lista, allora nel Pd diventa possibile una scissione da sinistra.

«Questo deve chiederlo a Speranza o a Cuperlo. Io sto dicendo un’altra cosa. Qui è in gioco l’assetto del sistema democratico. Se si sceglie una legge elettorale che sacrifica la rappresentanza alla governabilità, allora bisogna riequilibrare il sistema con garanzie, contrappesi, tutela dei diritti fondamentali dei cittadini: a cominciare dall’elezione diretta dei senatori. Lo stesso vale per la riforma fiscale. Un conto è tagliare le tasse sul lavoro e sulle imprese; un altro è tagliare le tasse sulla casa ai benestanti. Quello fu uno dei terreni di sfida tra Prodi e Berlusconi. Renzi ha scelto la posizione di Berlusconi».

Secondo D’Alema, Renzi si “sceglie l’avversario” quando spiega che l’alternativa a lui non è un Pd più a sinistra, ma Salvini e la Lega; «Questo è lo scenario che lui preferisce. Ma bisognerà vedere se nel centrosinistra emergerà nel prossimo futuro una personalità in grado di contendere a Renzi la leadership. Non bisogna sottovalutare un fatto. A destra la legge della convenienza funziona. A sinistra no. A sinistra è più forte la legge della convinzione».

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