Cyberspionaggio, il superpoliziotto che non avvertì di governo e istituzioni sotto attacco

12/01/2017 di Redazione

Nella vicenda del cyberspionaggio ai danni degli uomini più potenti d’Italia emerge anche una vicende inquietanti, come quella del superpoliziotto (ora rimosso dal suo incarico) che per mesi non ha avvertito i vertici che governo e istituzioni erano sotto attacco degli hacker.

 

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CYBERSPIONAGGIO, UN SUPERPOLIZIOTTO HA SOTTOVALUTATO I RISCHI

Fino a martedì, quando sono stati arrestati  l’ingegnere Giulio Occhionero e sua sorella Francesca Maria (accusati di aver rubato dati sensibili di nomi altisonanti del mondo della politica, delle istituzioni, delle pubbliche amministrazioni, dell’economia e della finanza, compresi gli ex premier Matteo Renzi e Mario Monti e il presidente della Bce Mario Draghi) Roberto Di Legami, direttore della polizia postale che ha condotto l’inchiesta, ha ritenuto opportuno non condividere la faccenda con nessuno. ScriveCarlo Bonini su Repubblica:

Raccontano ora che, martedì, di fronte alla sua catena gerarchica, Di Legami, un passato alla Omicidi a Palermo, un periodo ad Europol all’Aja, e soprattutto una storia professionale priva di qualsiasi attitudine specifica in materie informatiche, abbia farfugliato. E che, incapace di trovare un argomento plausibile in grado di giustificare il suo silenzio, durato appunto otto mesi, abbia semplicemente e candidamente ammesso di aver «sottovalutato la portata dell’inchiesta». Di più: di non essersi neppure posto il problema delle implicazioni per la sicurezza nazionale, dell’opportunità, tanto per dire, che gli “aggrediti”, a cominciare dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Bce, venissero avvertiti dei rischi che stavano correndo, e questo «perché non era stato possibile accertare se, effettivamente, i tentativi di intrusione avessero avuto o meno successo».

Solo venerdì scorso da quando l’ndagine è cominciata, quando è emersa la certezza degli arresti degli Occhianero Di Legami avrebbe avvertito il suo superiore Roberto Sgalla, direttore centrale della Direzione delle Specialità della Polizia di Stato.

CYBERSPIONAGGIO, UN MALWARE PER OTTENERE INFORMAZIONI DA RIVENDERE

Stando a quanto emerso dall’inchiesta EyePiramid, il software progettato da Giulio Occhionero, che è stato sottoposto al vaglio degli esperti di cybersicurezza, è un programma tarato sull’Italia e sullo spionaggio di informazioni soprattutto economiche e finanziarie. Si tratterebbe di un malware acquistato negli Usa e rimodulato personalmente dall’ingegnere. I fratelli Occhionero sarebbero una sorta di spacciatori a pagamento di notizie riservate riguardanti grandi operatori e aziende strategiche italiane su una rete internazionale occulta. Accuse che i due davanti ai magistrati respingono. Scrivono Giuliano Foschini e Fabio Tonacci sempre su Repubblica:

«Ma il mio lavoro è vendere software che analizzano gli indici di borsa e il risk management, in base ad algoritmi di mia invenzione. Non ho spiato nessuno», si è difeso Occhionero, dimostrando di non essere l’uomo qualunque che vuol far credere. La prima notte trascorsa in una cella del carcere di Regina Coeli non lo ha smosso di una virgola. Di fronte al gip Maria Paola Tomaselli e al pm Eugenio Albamonte, durante l’interrogatorio di garanzia, ha negato tutte le accuse. «Non c’è una sola parola di verità dentro l’ordinanza di arresto». Con piglio che a tratti ha assunto i toni aggressivi della vittima braccata. «Mi avete incastrato voi. La polizia mi ha hackerato il computer con un malware, avete compiuto un reato? Per questo, dubito che gli americani vi faranno entrare nel server. Voi sostenete di aver trovato sul mio computer dati e informazioni trafugate, ma potrebbe essere stato chi mi ha attaccato ad averle inserite», questo il senso della sua versione, così come riporta il suo legale Stefano Parrella.

(Foto da: Pixabay.com)

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