Cosa succede dopo il referendum anti immigrazione della Svizzera

Il sì della Svizzera al referendum che vuole introdurre le quote all’immigrazione dei lavoratori dei paesi membri dell’UE è un piccolo grande terremoto con implicazioni significative. I rapporti tra la Confederazione Elvetica e Bruxelles ne sono fortemente scossi, ma le prime reazioni continentali evidenziano quanto l’esempio svizzero potrebbe presto essere imitato da altri paesi membri della stessa UE.  I no euro sono i più entusiasti del modello svizzero, e auspicano di poterlo replicare presto.

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IL FUCK SVIZZERO ALL’UE – La storia si ripete, anche se stavolta la tragedia marxiana non è diventata farsa, almeno per il momento. La Svizzera ha detto no all’integrazione con l’UE come già fece nel 1922, quando con un clamoroso sì al referendum fu fermata l’integrazione della Confederazione Elvetica alla nascente Unione Europea. Lo stop all’immigrazione di massa sancito dal popolo svizzero con una maggioranza di circa 19 mila voti su quasi tre milioni espressi rappresenta un «Fuck the EU» che ha interessato uno dei pilastri dell’integrazione comunitaria, la libera circolazione delle persone. I toni anti italiani registrati nel Canton Ticino hanno rimarcato come in questo momento l’approfondimento delle relazioni economiche tra i popoli non sia esattamente una priorità per le persone, quantomeno per gli svizzeri. I timori sulle ripercussioni tra i rapporti tra Confederazione ed UE, già minacciati da Bruxelles, non hanno affatto spaventato gli elettori, che si sono divisi su basi territoriali e culturali ormai consuete.

COSA SUCCEDE DOPO LO STOP ALL’IMMIGRAZIONE – La Svizzera tedesca rurale ha detto no ancora una volta all’Europa desiderata dalle grandi città elvetiche e dall’anima francese della Confederazione. La parte italiana ha esplicitato come da radicata tradizione la sua ostilità verso una maggiore integrazione con il nostro paese. L’iniziativa popolare promossa dalla destra svizzera sarà ora discussa in Parlamento per trovare, entro tre anni, una possibile applicazione degli obiettivi referendari. Un compito non semplice, visto che la libera circolazione era uno dei pilastri dell’accordo tra Svizzera ed UE. I quattro pilastri del mercato unico europeo a cui la Confederazione Elvetica sono quattro: libera circolazioni di capitali, merci, servizi e appunto persone. Uno dei possibili esiti è un completo ripensamento dei rapporti tra Bruxelles e Berna, come ha ammonito la stessa Commissione. Senza libera circolazione delle persone non ci possono essere in teoria le altre tre, ed ora il governo elvetico dovrà trovare un’impossibile mediazione tra il sistema delle quote ed il mercato comunitario. Se entro tre anni non sarà trovata, un decreto introdurrà la normativa approvata col referendum di ieri. Il fatto che, come per l’euro, non esistano clausole di uscita non aiuta il rapporto tra Svizzera ed UE.

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IL NO ALL’ITALIA – Il sì all’iniziativa popolare ha ottenuto il suo risultato più trionfale in Canton Ticino. Alla luce della campagna elettorale nelle ultime settimane questo risultato era prevedibile, ma certo ha stupito ancora una volta l’estesa ostilità della Svizzera italiana ad una maggiore integrazione con il nostro paese. Lo stesso accordo tra governo italiano ed elvetico sulla tassazione dei capitali esportati illecitamente subirà un fortissimo scossone, e dopo lo spostamento a maggio della possibile intesa la trattativa sarà sempre più complicata. Ormai tutti i partiti del Canton Ticino premono per una pesante restrizione della presenza italiana sul mercato del lavoro locale. I frontalieri sono ormai nel mirino, sia che si tratti dei ristorni, il rimborso che la Svizzera offre all’Italia per residenti che non pagano le tasse nel nostro paese ma ne usufruiscono i servizi, sia che per la presenza complessiva. In Ticino lavorano 60 mila italiani, più sono attivi i liberi professionisti. Da oggi inizierà un continuo tira e mola per restringere le loro possibilità lavorative, con le destre in testa ma con gli altri partiti locali, sinistra inclusa, al seguito.

IL TIFO DEI NO EURO – Lo stop alla libera circolazione dei cittadini UE arrivato dalla Svizzera è un’eco rafforzata di una tensione che già da vari mesi si sente nell’UE. Il primo ministro della Gran Bretagna David Cameron aveva chiesto di limitare l’immigrazione di bulgari e rumeni, ed aveva trovato un forte consenso nella Germania della Merkel. Il fronte più euroscettico dei Tory ha subito chiesto al primo ministro di seguire il modello svizzero, come hanno fatto alcuni esponenti della Cdu della Merkel. Il ritorno delle quote intracomunitarie rivelerebbe però lo stesso fallimento dei principi fondamentali alla base dell’integrazione europea. Una prospettiva che entusiasma i no euro di ogni dove. Marine Le Pen si è subito entusiasmata per la decisione del popolo svizzero, mentre la Lega Nord ha subito ribaltato la frittata. In un referendum dove è stata espresso una forte ostilità verso gli abitanti dei territori più leghisti del paese, Salvini e Maroni hanno fatto buon viso a cattiva sorte, dicendosi pronti ad imitare il referendum svizzero. Il presidente della Lombardia ha invece chiesto in un’intervista al Corriere della Sera l’introduzione di una maxi zona franca al confine con la Confederazione Elvetica che ha zero probabilità di successo. A meno che l’UE decida di rinunciare agli stessi principi che l’hanno fondata, e che ora trovano sempre meno consenso tra i cittadini.

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