Cosa c’entra l’aereo scomparso con le Maldive

L’enigma dell’aereo MH370, sparito con 239 passeggeri a bordo non è stato ancora risolto, quando sono passati ormai dodici giorni da quando il velivolo fece perdere le sue tracce dai radar. Mentre si indaga ancora sulla vita e sul passato dei piloti, tra i possibili responsabili del probabile dirottamento, nuovi indizi emersi hanno spostato l’attenzione verso la Repubblica delle Maldive. È stato il quotidiano locale Haveeru a spiegare come lo scorso 8 marzo gli abitanti di un atollo videro  passare a «bassa quota» e con «un rumore molto forte» un velivolo simili al B777 della Malaysian Airlines scomparso mentre viaggiava fra Kuala Lumpur e Pechino. L’avvistamento è avvenuto dall’isola Kuda Huvadhoo alle 6,15 locali: i testimoni hanno parlato di un aereo bianco con una striscia rossa lungo la fusoliera, spiegando come il velivolo si spostasse da nord verso sud-est, in direzione dell’isola di Addu. Stessa versione è stata confermata anche dal sindaco dell’isola, Mohamed Zaheem.

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AEREO SCOMPARSO E IL GIALLO MALDIVE – Diversi residenti dell’atollo hanno spiegato come non avessero mai visto un jet volare a una quota così bassa: «Potevo vedere chiaramente anche i portelloni dell’aereo», aveva aggiunto uno degli intervistati. «Non sono stato il solo a vederlo, molte altre persone hanno dichiarato di aver visto esattamente la stessa cosa. Diverse di loro sono uscite di casa per capire cosa causasse un rumore così forte», ha riportato anche l’edizione on line del quotidiano britannico Guardian. Non è stato l’unico indizio sulle Maldive, dato che nel simulatore di volo trovato a casa di Zaharie Ahmad Shah, il pilota dell’aereo della Malaysia Airlines scomparso e sul quale puntano gli inquirenti, erano indicate piste di atterraggio nelle Maldive, nell’isola di Diego Garcia, nello Sri Lanka ed in India. A riportarlo è stato un sito locale malese. La notizia non è stata però confermata da fonti della polizia malese, secondo le quali l’analisi del simulatore di volo del pilota sarebbe ancora in corso. Tanto che non poche fonti dell’aviazione malese hanno rivelato come gli investigatori locali abbiano ancora  «idee poco chiare su quello che possa essere accaduto».

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L’immagine mostrata da un satellite dell’atollo delle Maldive – Photocredit: Abc

LE INDAGINI – Intanto soltanto dopo 12 giorni è stato svelato un tracciato di un radar militare thailandese, tenuto finora segreto, che segnalava un aereo non identificato che volava verso Kuala Lumpur alle 00.28 di sabato 8 marzo, ora locale. Sei minuti dopo che il volo MH370 era scomparso nel Mar della Cina meridionale in direzione sudovest rispetto alla sua partenza da Kuala Lumpur. Un orario che corrisponde all’ultima trasmissione da parte del transponder dell’aereo all’1.21 ora malaisiana, che ha trasmesso informazioni su altitudine e posizione dell’aereo (che ha poi continuato a viaggiare ancora diverse ore, come hanno ricostruito gli inquirenti, ndr). Una rivelazione che ha lasciato perplessi, per il ritardo con cui è stata comunicata. Il motivo? Bangkok ha precisato di non aver diffuso i dati prima perché la Malaysia non li aveva chiesti e perché «il velivolo non era nello spazio aereo thailandese e non era una minaccia per il Paese». Una situazione paradossale, che il Corsera ha ribattezzato come «un atteggiamento incomprensibile da parte dei due governi (malese e thailandese, ndr), a meno che non vogliano nascondere qualcosa o siano condizionati dalle reciproche diffidenze». Sul piano delle indagini, poi, un altro indizio sembra confermare la tesi del dirottamento. Come ha svelato il New York Times, l‘aereo cambiò rotta non a seguito di una virata manuale, ma di un cambiamento delle coordinate di volo sul computer di bordo, come hanno spiegato alcune fonti americane consultate dal quotidiano. Per questo chi ha preso il controllo del velivolo doveva essere un esperto dei sistemi di volo, in grado di inserire i nuovi dati nel Flight Management System.

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L’area delle ricerche – Photocredit: Wall Street Journal

 

LE INDAGINI SUI PILOTI – Lo stesso governo malese aveva chiarito pochi giorni fa come dietro la scomparsa ci fosse «un’azione deliberata, realizzata da un pilota esperto». Tanto che già da giorni gli investigatori continuano a scandagliare il passato dei due piloti, in particolare quello del 53enne Zaharie Ahmad Shah. Ma le ricerche di nuovi elementi coinvolgono anche il copilota Fariq Abdul Hamid e gli stessi passeggeri a bordo. I quotidiani americani hanno spiegato come il sistema di volo diriga un aereo dal punto di partenza a quello di arrivo, seguendo il piano concordato e inserito prima di decollare. Non è stato ancora stabilito se il cambio delle coordinate di volo sia avvenuto prima o dopo il decollo. Ma è chiaro che i nuovi elementi contribuiscono ad aumentare i sospetti sui piloti. Ieri era stato svelato come l’ultima comunicazione, la frase registrata «Tutto bene, buonanotte» è stata pronunciata da Fariq Abdul Hamit, dodici minuti dopo lo spegnimento del sistema di trasmissione dati e poco prima del distacco manuale del trasponder. Tutto mentre la Cia non ha ancora escluso la pista del terrorismo di matrice jihadista né l’ipotesi o che l’aereo sia stato venduto a terroristi afghani, nascosti in Pakistan. Già negli scorsi giorni sui media americani era tornato l’incubo dell’11 settembre: l’intelligence statunitense aveva lasciato aperta la possibilità che il Boeing 777 potesse essere stato dirottato e “fatto atterrare” in uno degli oltre 630 aeroporti nel suo raggio d’azione, per essere poi usato come un missile in un attentato terroristico sullo stesso modello dell’attacco contro le Twin Towers e il Pentagono. Era stato il presidente della commissione Sicurezza Interna della Camera, Michael McCaul, a spiegare come l’MH370 potrebbe aver infatti lanciato l’ultimo segnale, intercettato dopo diverse ore dalla scomparsa, non necessariamente quando era in volo. Un’ipotesi però giudicata complicata. E non si esclude nemmeno che l’aereo «sia precipitato in mare per esaurimento del carburante». La tesi del possibile atterraggio è stata ricordata anche dalla Nbc, che aveva precisato come, secondo gli esperti, sia una teoria improbabile, ma non impossibile. Se per un velivolo viaggiare per molte ore senza essere rilevato dai radar è già complicato, dal punto di vista tecnico, senza altri rifornimenti di carburante, il volo avrebbe potuto continuare a viaggiare per un massimo di otto ore. Alcuni paesi, come Kazakistan e Kirghizistan, hanno già spiegato di non aver avuto segnali di passaggi nel proprio spazio aereo. Secondo alcune fonti dei servizi segreti statunitensi il corridoi meridionale resta ancora oggi quello più seguito per le ricerche del velivolo scomparso. 

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