Corruzione e Grandi opere, i pm: «Tangenti su tutti gli appalti»

28/10/2016 di Redazione

L’ultimo sistema delle tangenti sulle grandi opere scoperto dalla magistratura, per il quale due giorni fa sono finite in carcere trenta persone, è solo una delle tante reti criminali che lucrano sui lavori pubblici. È quanto messo nero su bianco nell’ordinanza che ha aperto le porte del carcere agli indagati. «Resta del tutto aperto il tema dell’esistenza di una pluralità di associazioni criminali», ha scritto il gip. Ne parla oggi Carlo Bonini su Repubblica.

 

LEGGI ANCHE: Corruzione, non solo mazzette: favori, escort e serate hot per gli appalti sulla Tav

 

TANGENTI, I MAGISTRATI: «C’È UNA PLURALITÀ DI ASSOCIAZIONI CRIMINALI»

Il giro di favori e mazzette sui lavori della Tav Milano-Genova, del sesto macro lotto dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e del “People mover” di Pisa (inchiesta delle Procure di Roma e Genova), vede al centro Giampiero De Michelis e Domenico Gallo, direttore dei lavori e costruttore in odore di ‘ndrangheta, soci in corruzione:

È nel cemento, nella verifica della qualità dei materiali e dei costi per la sicurezza dei cantieri (regolarmente aggiudicati al massimo ribasso) delle Grandi Opere, che il “Mostro” e il “Diavolo” giocavano la loro partita. Invariabilmente, infatti, De Michelis, nella sua veste di direttore dei lavori (controllore), chiedeva quali tangenti ai general contractor su cui avrebbe dovuto vigilare (i controllati), subappalti da riconoscere alle società di cui era socio occulto con Domenico Gallo proprio per la fornitura di calcestruzzo, per i test di laboratorio sui materiali impiegati nei cantieri, per la sicurezza degli operai. Aveva cominciato in Calabria, con la Salerno-Reggio. Aveva proseguito con le gallerie dell’Alta Velocità Milano-Genova e si stava mangiando il mercato del Piemonte. Se la rideva, Gallo, ricordando la filosofia che muoveva quella giostra: «Nella vita, ogni cosa ha un costo. Assegni, favori, cazzi, mazzi… Ed è giusto che sia così». Perché ce n’era per tutti. Funzionari dei general contractor come Ettore Pagani e Angelo Pelliccia (nelle cui abitazioni la Finanza di Genova ha trovato decine di migliaia di contanti al momento dell’arresto), piuttosto che imprenditori come Giandomenico Monorchio. E che poi il cemento destinato alle Grandi Opere fosse “colla” faceva parte di quel cinico calcolo dei costi benefici. Come si ascolta in una telefonata del novembre 2015, quando si dà conto di quali miscele di calcestruzzo uscissero dalle betoniere del Sistema messo in piedi dal “Mostro” e dal “Diavolo”: «Dalle prime è venuta fuori acqua. Dalle seconde, la roba non riusciva nemmeno a scendere dalla canalina».

(Foto di copertina: Ansa)

Share this article
TAGS