Università, sempre più concorsi “ad personam”

13/01/2015 di Redazione

Un candidato, un partecipante, un vincitore. La dottrina dell’università italiana e dei suoi concorsi sembra essere basata su questa mesta e semplice trinità. Ricercatori e professori italiani per lo più non sanno cosa sia la concorrenza: leggono il bando, compilano il form, si presentano e si ritrovano soli. Succede sempre più spesso e senza fare distinzioni geografiche: l’inchiesta firmata Flavia Amabile su La Stampa in edicola oggi squarcia il velo su un fenomeno preoccupante dei nostri atenei, del nord e del sud. I ‘monoconcorsi’ sono pratica comune e diffusa, spesso gli stessi bandi sono scritti ad hoc per avere un solo e ben preciso candidato

(TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)
(TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)

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L’INCHIESTA – A Torino come a Pisa, Padova, all’università del Salento e in molte altre realtà si fa così. In qualsiasi tipo di facoltà e dipartimento. Altro che ansia: il candidato si siede sereno in attesa dell’ovvio verdetto; davanti a sé trova la commissione ma intorno non vede nessuno. Scrive Amabile:

Molto spesso si tratta di grandi professionisti, di studiosi di indubbia competenza ma il ricambio e la competitività del sistema sono molto lontane. […] Luigi Maiorano, presidente dell’Aspri, associazione dei precari della ricerca italiani: “[…] All’estero un concorso con un solo candidato sarebbe visto come una sconfitta, sarebbe annullato e bandito di nuovo. In Italia è una liberazione: non ci sono candidati che rompono le uova nel paniere alla commissione oltre al predestinato”

Spesso è il bando stesso a essere un deterrente: «Quando all’esterno si leggono bandi che contengono criteri un po’ stringenti e si sa che all’interno del dipartimento c’è un ricercatore forte, si evita di partecipare» racconta Alberto Ferlin, laureatosi e specializzatosi a Padova dove poi è diventato ricercatore a tempo indeterminato. È uno stimato e pluridecorato, un nostro ‘cervello’ da salvaguardare e da premiare, ma anche lui come tanti – bravi e meno bravi – non ha dovuto gareggiare con nessuno. Secondo il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone interrogato in merito il problema sta nella legge attualmente in vigore, da considerare «funzionale a una gestione burocratica, centralizzata e verticistica degli atenei».

Photocredit copertina Vincenzo Livieri – LaPresse

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