Cosa c’è dietro il mondo dei Compro oro

Orologi, anelli, collane, bracciali. Magari scambiati senza il minimo straccio di documento e senza un prezzo di borsino. Senza fattura, senza foto. E’ questo l’inquietante quadro che emerge da alcuni “compra oro”, entrati di recente nella black list di Guardia di Finanza e Polizia nelle varie città italiane. Dietro la tenda spesso si nasconde merce rubata o riciclaggio di denaro sporco. A denunciarlo le associazioni del settore stesse come Anopo e quelle contro il riciclaggio come AIRA. Due realtà che insieme hanno fatto ricerche e stilato un dossier, portando il fenomeno all’attenzione di tutti, governo compreso.

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NEI PALAZZI – La protesta è arrivata anche alla Camera, con una audizione del 31 ottobre scorso. “Ci troviamo davanti ad una filiera di commercio illegale – ha spiegato Andrea Zironi, presidente Anopo – La nostra professione è a rischio. Sono anni che lamentiamo l’uso “sfalsato” delle bilance, il mancato rilascio di un’adeguata ricevuta, l’applicazione di prezzi reali, l’obbligo di possedere tutti i requisiti di legge e i presidi antiriciclaggio, così come prevede il decreto 231/07. Si pensi che ad essere registrati all’Albo degli operatori Professionali Oro della Banca d’Italia, su oltre 28.000 attività, siamo in soli 450, tra cui la Zecca dello Stato”. Il giro d’affari medio di un negozio “Compro Oro” si può stimare intorno ai 500 mila euro annui, per una cifra che a livello nazionale sfiora i 14 miliardi di euro.

IN POLITICA – Nei mesi scorsi anche il Ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, ha voluto sottolineare la “pericolosità” del settore. Secondo quello che riporta il Ministro, nei “Compro Oro” c’è una carenza di trasparenza a cominciare dalla “oggettiva difficoltà per la tracciabilità dei passaggi di mano, in ragione di un quadro normativo che necessiterebbe di un intervento di attualizzazione, anche a beneficio di una maggiore trasparenza fiscale”. Nel solo 2011 e solo a Roma sono state date dalla Questura 211 nuove licenze, di cui il 33% di queste era un cambio di proprietà. In pratica le “carte” vengono scambiate ogni 2-3 mesi. Per farlo non serve nulla, nemmeno una fedina penale immacolata. Questa settimana a Roma, nel quartiere Esquilino, sono scattate ben 15 sanzioni amministrative per un ammontare di 15 mila euro complessivi. Su 26 licenze di attività commerciale, 3 “compro oro” avevano omesso la trascrizione delle operazioni giornaliere e non avevano fotografato i preziosi acquistati. Non solo, altri due di questi sono risultati del tutto illegali e gestiti da stranieri.

LA DENUNCIA – Ranieri Razzante presidente AIRA e Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia racconta: “Abbiamo riscontrato una realtà sulla quale abbiamo lanciato un allarme, ovvero quello di infiltrazioni della criminalità organizzata, ovvio non su tutti i negozi, con violazioni sia fiscali che civilistiche. Il settore non è poi adeguatamente regolamentato”. Per esser compra oro infatti servono pochi documenti: “Basta la licenza di pubblica sicurezza per aprire un negozio” commenta il presidente. “L’attività – spiega però Razzante – è fatta anche da persone serie e per bene”. Con l’arrivo della crisi queste tipologie di negozi si sono diffusi a macchia d’olio lungo tutto lo stivale. Così con nuove saracinesche che si sollevano, aumenta anche l’interesse delle organizzazioni criminali, che vedono nel settore una opportunità per il riciclaggio di denaro, oro usato e ricettato. “Passaggi che spesso rimangono sottotraccia” precisa il presidente.

SOLUZIONI – Cosa avete chiesto per migliorare tutto? “Una legge ad hoc che specifici dei requisiti, ovvero una forma societaria obbligatoria con capitale minimo versato e requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti che la aprono”. Non solo tra le altre proposte avere almeno tre anni di esperienza sul campo e il superamento di un “esame di abilitazione”. Altra cosa necessaria, secondo Razzante, è che queste attività siano iscritte a un albo presso la Banca d’Italia: “Non esiste per esempio una lista dei dettaglianti”. tra gli altri punti richiesti anche il divieto di pagamento contanti (anche sotto i mille euro), obbligo di allegamento per ogni oggetto consegnato di foto: “Una copia – spiega Razzante – va data al cliente, l’altra deve esser mantenuta nell’archivio delle operazioni fatte”. Tramite l’Onorevole Mantesini le associazioni hanno richiesto anche la creazione di un borsino dell’oro usato con “quotazioni ufficiali” per verificare il prezzo del pagato in quel momento. “Oltre che questo – spiega – chiediamo anche nuove norme fiscali di ricevuta o scontrino”.

ALTRI PROBLEMI – L’universo dei gioielli dell’usato presenta mille problematiche. Tra queste, segnalate e diffuse nel dossier di AIRA e Anopo, c’è la falsa segnalazione di alcuni oggetti a nome di clienti onesti e regolari che non avevano mai venduto gli oggetti registrati a loro nome. Questo escamotage frutta al mercato nero circa 100 mila euro annui.

IN SOLDI – Un giro d’affari ingente. “Gli affari medi di un compra oro – specifica Razzante – si aggirano sui 300/400 mila euro annui. Basta moltiplicare la cifra per le 26 mila attività censite nel nostro Paese e si avrà un totale che si aggira su 14 miliardi di euro d’affari l’anno”. Non solo, il prezzo di vendita dell’oro è salito in soli 6 mesi da 30 euro al grammo a 40 euro, crescita che fa gola a chi vede in quest’attività una opportunità per “ripulirsi” del tutto.

MAPPATURA – AIRA e Anopo hanno creato una mappatura dei compra oro illegali e non in Italia. I membri delle due associazioni hanno verificato la loro presenza sul territorio nazionale (gioiellerie che acquistano incluse), analizzando tipologia di pagamenti, valutazione dell’oro e documentazione richiesta. In Lombardia per esempio ci sono circa 7 mila negozi, con un giro d’affari totale di 42 milioni di euro. Considerando che il 20% di essi svolge attività delinquenziali, sono circa 8 milioni e 400 mila euro i soldi nati da economia sommersa. In Puglia, l’osservatorio regionale ha rilevato che laddove ci sono molti “Compro Oro” c’è un’impennata del 70% di furti, scippi e rapine. In sei città italiane ci sono poi varie anomalie. Si tratta di Caserta, Catanzaro, Firenze, Napoli, Roma, Torino. Molti negozi per pochi abitanti, poche attività nei canali ufficiali come Banca Dati Cerved e Pagine Gialle. Caserta per esempio non ha nessun negozio sulle Pagine Gialle mentre su Google ne risultano ben 102. Idem vale per Catanzaro e Napoli.

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Dati Dossier AIRA e Anopo

Qui i dati invece applicati per singole regioni come il Lazio:

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Il problema è che tutte queste idee, con lo stop delle Camere, sono rimaste arenate in Parlamento. Razzante racconta: “Abbiamo già predisposto un dossier aggiornato, lo riproporremo alla prima riunione delle Commissioni delle Attività produttive e Finanze alla Camera”. Se la politica non va avanti le associazioni non demordono: “Nel mentre – racconta – informiamo le forze dell’ordine, così hanno una mappatura più completa del fenomeno. Un problema, da ricordare, che è stato completamente sottovalutato dal legislatore in questi ultimi anni”.

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