Compito a casa: «Ferma un migrante e fatti raccontare la sua storia». A Trieste esplode la bufera

26/10/2017 di Redazione

«Ferma un migrante per strada e fatti raccontare la sua storia»: era questa la consegna data da un’insegnate dell’istituto Borgo San Sergio di Trieste ai suoi alunni 13/14enni. Lo scopo era quello di sensibilizzare i ragazzini, ma il mezzo per raggiungerlo non è andato a genio alle famiglie. Deborah Clari, madre di una delle alunne, sul gruppo Facebook “Trieste #sepolfar”, ha raccontato quanto successo, con toni piuttosto indignati. Il post, di cui alcuni stralci sono stati riportati dal sito Trieste Prima, è stato condiviso e commentato da moltissime persone:

«Ti sembra normale? Parliamo di ragazzini/ne di 13-14 anni! Uno di loro ha riferito a questa insegnante che l’immigrato lo ha insultato ed è dovuto scappar via. Ma con tutto quello che si sente danno questi compiti per casa? Non si può stare tranquilli nemmeno a scuola?», ha chiesto Deborah Clari su Facebook alla moderatrice del gruppo e consigliera circoscrizionale Monica Canciani, raccontandole della consegna assegnata alla figlia.

«FERMA UN MIGRANTE E FATTI RACCONTARE LA SUA STORIA», LA MAMMA INDIGNATA PER IL COMPITO ASSEGNATO ALLA FIGLIA

L’autrice del post, che è presidente dell’associazione Tiaiutiamonoi Trieste Onlus, ha accusato la professoressa che ha assegnato agli alunni il controverso compito di fare «pressioni politiche, decisamente di sinistra, sui ragazzini, invece di dar loro gli strumenti per farsi una loro opinione. Ha dato della razzista a mia figlia solo perché si è permessa di dire che non tutti gli immigrati sono rifugiati politici e non tutti sono qua per lavorare. Per far capire che i migranti sono povera gente scappati dalla guerra, socievoli, buoni e quant’altro, ha assegnato il compito senza che noi genitori fossimo ufficialmente informati né avessimo mai autorizzato una cosa del genere».

«Dirigo un’associazione che si occupa di assistere i bisognosi della mia città – specifica la mamma su Facebook – mia figlia è socia e fa volontariato con me, i miei figli sono nati e cresciuti vedendo la povera gente e aiutando il prossimo, non mi sento affatto razzista nel pensare che i miei concittadini hanno priorità di aiuti rispetto a chi migra nel nostro paese clandestinamente». Se anziché “ferma un migrante” il compito fosse stato “ferma un italiano” – assicura Deborah Clari – non avrebbe fatto differenza: «Mia figlia ha 14 anni e certamente non le permetto di girare da sola per città, figuriamoci poi fermare uno sconosciuto,migrante o meno, per chiedergli i dettagli personali della sua vita! Assurdo,pericoloso e fuori legge visto che si parla di minorenni».

Dopo aver saputo del compito “ferma un migrante”, la signora Clari ha scritto una lettera al preside della scuola della figlia. Anche la testata Trieste Prima – si legge nell’articolo – ha cercato di contattare il dirigente scolastico, ma senza successo.

Foto copertina: Pixabay

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