Commissioni Senato e “mini-rimpasto”: il risiko delle poltrone

21/01/2016 di Alberto Sofia

Il risiko delle poltrone può prendere forma. Ora che Renzi può esultare per aver incassato con 180 “sì” l’ultimo via libera del Senato alle Riforme costituzionali, seppur con la maggioranza assoluta (161) raggiunta con i voti decisivi dei verdiniani di Ala, delle tre senatrici di “Fare” dell’ex leghista Flavio Tosi, e dei due dissidenti di Forza Italia Villari e Bocca, per il governo può aprirsi il capitolo del rinnovo delle presidenze delle commissioni permanenti. Così come quello del “rimpastino” di governo, che dovrebbe avvenire entro fine settimana. Prima si partirà con un passaggio a dir poco delicato, quello che verrà votato dalle 13 alle 16 di giovedì per gli organi del Senato, sia per gli equilibri tra le forze di maggioranza, con Area Popolare che scalpita da mesi. Sia perché anche chi è ufficialmente all’esterno – come lo stesso movimento di Verdini – nutre ambizioni, al di là delle smentite ufficiali, di inserirsi nel valzer dei posti da assegnare.

RIFORME VOTO TABULATI VERDINI
I tabulati del voto finale del Senato sul Ddl Boschi. Decisivi per raggiungere quota 161 i voti di ALA (Verdini), “Fare” (Tosi) e di Bocca e Villari (Forza Italia) Photocredit: Alberto Sofia/GIORNALETTISMO

IL RISIKO DELLE NOMINE: TUTTE LE PREVISIONI DELLA VIGILIA. D’ASCOLA (NCD) IN VANTAGGIO PER LA COMMISSIONE GIUSTIZIA

I contatti tra le forze politiche per blindare gli accordi sulle commissioni di Palazzo Madama proseguiranno fino a poche ore prima del voto, ma gran parte delle caselle – spiegano fonti della maggioranza al Senato – sono già riempite. Due sono le presidenze che dovrebbero “liberarsi”, allora assegnate a due esponenti di Forza Italia, in virtù del patto che portò alla nascita del governo di larghe intese con premier Enrico Letta. La seconda commissione, quella sulla Giustizia, ora presieduta da Francesco Nitto Palma. E quella ai Lavori Pubblici (la numero 8), alla cui guida c’è l’altro azzurro Altero Matteoli.

Da tempo – raccontano fonti ben informate in casa azzurra – c’è chi ha corteggiato l’ex Guardasigilli Nitto Palma, ormai ai margini di Fi e in rotta con i suoi vertici, prospettandogli di conservare la presidenza. Sia dalla maggioranza, per incassare un voto positivo sulle Riforme. Sia da Ala, che lo avrebbe accolto nel suo gruppo al Senato. Ma Palma avrebbe preso tempo, tanto che ora i rapporti con il gruppo di Verdini, confermano anche dentro Ala, si sono “raffreddati”.  Lo stesso ex ministro berlusconiano aveva smentito i rumours sulla sua uscita dal partito del Cav, precisando che – qualora avesse deciso l’addio – non avrebbe partecipato a “operazioni di corrente”, uscendo solo per scelta personale. Al suo posto viene considerato quasi blindato il nome di Nico D’Ascola (Nuovo centrodestra-Area Popolare). Per il senatore alfaniano era stato prospettato anche un incarico come vice-ministro della Giustizia, al posto di Enrico Costa (sempre Ncd) qualora quest’ultimo fosse passato a dirigere il Ministero degli Affari regionali, senza guida dai tempi delle dimissioni di Maria Carmela Lanzetta. Ma da Palazzo Madama è stato lo stesso D’Ascola (tra i più critici sulle Unioni Civili) a chiarire a Giornalettismo: «No, di certo non sarò viceministro. Presidente della Commissione Giustizia? Ci sarà un voto, vedremo», ha preferito nicchiare. Ma, diverse fonti dal Senato, confermano: «L’accordo è quello».

Nico D'Ascola NCd Commissione Giustizia
Il senatore Nico D’Ascola (Ncd) verso l’incarico alla presidenza della Commissione Giustizia (Photocredit: Senato.it)

 

COMMISSIONE LAVORI PUBBLICI, DERBY IN CASA DEM RANUCCI-ESPOSITO

Al posto di Altero Matteoli, invece, si prospetta per la presidenza dell’ottava commissione un derby in casa dem tra Raffaele Ranucci e l’ex assessore ai Trasporti di Roma Capitale, Stefano Esposito. Per la poltrona di presidente, da tempo si faceva anche il nome del verdiniano Pietro Langella. Ma l’impressione è che alla fine ALA resterà fuori dai giochi, dovendosi accontentare al massimo di qualche vicepresidenza. Non è un caso che già alla presentazione del libro “Il Patto del Nazareno” scritto dal deputato di ALA Massimo Parisi, lo stesso Verdini abbia negato posti in arrivo, rifugiandosi dietro i panni dello “statista” che blinda le riforme senza pretendere nulla in cambio. «Noi siamo nella posizione in cui siamo, non avremo presidenze delle commissioni. Certo, siamo umani: e nella vita dare e non avere….», ha però lasciato intendere, in direzione Palazzo Chigi. Per poi precisare, però, che occupare poltrone al momento «sarebbe frainteso». Certo, l’ultimo passaggio sul Ddl Boschi potrebbe aver cambiato qualche equilibrio. Ma il voto su una presidenza scatenerebbe polemiche con la minoranza Pd che Renzi vuole evitare.

RANUCCI ESPOSITO COMMISSIONE AMBIENTE
I senatori Pd Raffaele Ranucci e Stefano Esposito in lizza come possibili presidente della Commissione Lavori Pubblcii

 

GLI ALTRI POSTI, VERSO LA CONFERMA DEGLI INCARICHI DELLA MINORANZA PD. IL NODO BINDI ALL’ANTIMAFIA

Allo stesso tempo, non dovrebbero essere messi in discussione gli incarichi della minoranza Pd. In primis, quello di Massimo Mucchetti come presidente della commissione Industria, Commercio e Turismo. Ovvero, quella decima commissione di cui fanno parte (oltre a Denis Verdini) pure Bernabò Bocca (uno dei due dissidenti di FI che ha votato il Ddl Boschi, insieme a Villari) e Adele Gambaro (ex M5S neo entrata in ALA). Allo stesso modo, anche i due Ncd oltranzisti Maurizio Sacconi e Roberto Formigoni vanno verso la conferma dell’incarico alle commissioni Lavoro e Agricoltura. Anche per tenere compatto un gruppo, quello del Nuovo centrodestra, sempre in equilibrio precario. E che ha già perso la presidenza della commissione Bilancio che fu di Azzollini, prima dell’inchiesta che ha coinvolto il senatore e la sua sostituzione con il Pd Giorgio Tonini.

C’è poi il capitolo della commissione bicamerale Antimafia. Non pochi, soprattutto in casa renziana, avevano evocato l’ipotesi di una sostituzione di Rosy Bindi. Ma l’impressione è che, per evitare clamori e proteste interne, l’idea sia stata accantonata. Certo, il rischio, si mormora tra i corridoi parlamentari, è che in vista delle amministrative ci sia un remake del caso dei presunti “Impresentabili”. Con la lista presentata a pochi giorni dalle Regionali che scatenò lo scontro tra l’allora candidato e ora governatore campano Vincenzo De Luca e la stessa Bindi. «Si potrebbe anche giustificare un cambio spiegando che, essendo una commissione bicamerale, la presidenza dovrebbe ora passare al Senato», azzardano fonti interne. Ma il passaggio resta rischioso. E comunque verrà affrontato in un secondo tempo, dato che domani si voterà soltanto per il rinnovo delle commissioni del Senato dalla prima alla 14°.

RIMPASTO DI GOVERNO FORSE VENERDì. ENRICO COSTA VERSO IL MINISTERO DEGLI AFFARI REGIONALI

Infine c’è il minirimpasto di governo. Termine che piace poco a Renzi, che già alla conferenza di fine anno aveva rivendicato che sarebbero state soltanto occupate le caselle rimaste vuote. Eppure, qualche poltrona cambierà. Il posto che fu di Carmela Lanzetta andrà ad Area Popolare. Il problema è che per quel ministero Renzi ha cercato di piazzare un nome a lui considerato vicino, come quello di Rosanna Scopelliti, giovanissima deputata già ospite all’ultima edizione della Leopolda. O come quello di Dorina Bianchi, altra filorenziana, ancora considerata una “candidatura” di peso. Ma Alfano continua a resistere: sembra una corsa a tre tra la stessa Bianchi, Gabriele Albertini e il già citato Enrico Costa, con quest’ultimo favorito. Nomi che potrebbero anche essere collegati tra loro. Perché nel caso Costa diventasse Ministro, l’ex sindaco di Milano potrebbe prendere il suo posto come vice di Orlando a Largo Arenula.

C’è poi il probabile ritorno di Antonio Gentile come sottosegretario al ministero delle Infrastrutture, al quale aveva rinunciato dopo il caso giudiziario de “L’Ora della Calabria“. Una nomina che serve a tenere sotto controllo l’area calabrese di Ap in costante fibrillazione. Verso la possibile nomina anche Enzo Amendola (minoranza Pd) come viceministro degli Esteri (posto lasciato vuoto da Lapo Pistelli), mentre al Mise potrebbe arrivare come viceministro Luigi Casero, ora in via XX Settembre. Posto che potrebbe essere preso da Enrico Zanetti (Scelta Civica), ora sottosegretario.

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