Come diventare un trentenne disoccupato – 1

Si avvicinano gli esami di maturità e molti ggiovani non sanno cosa fare dopo il diploma. Il nostro consulente del lavoro lo spiega in poche e semplici ma esaustive lezioni. Perché vincere si può, sì, ma non si deve.

(La rubrica che svela al mondo la turpe realtà sui tanto vituperati “gggiovani d’oggi”. Per scoprire che, magari, se sono tanto vituperati un motivo vi dovrà pur essere. A cura di Vertigoz)

Diciamocelo chiaro e tondo. Il costo della vita è alle stelle, gli stipendi sono ai minimi storici, lo stagismo è il nuovo trend su cui si basa l’economia nazionale ma il pacchetto Skycalcio comprensivo di Champions League non si acquista di certo con le perline colorate. I miei genitori con uno stipendio medio riuscivano a comprarsi una casa, i miei coetanei con uno stipendio medio riescono a stento a diventare tabagisti. Perché, mi sono detto, perché sforzarsi tanto di guadagnare uno stipendio da fame quando i miei tutto sommato non se la passano niente male? Sono l’immagine della salute a sessant’anni suonati, non hanno malattie importanti e promettono di produrre quattrini almeno per altri due decenni, inclusa pensione regolarmente retribuita. In altri termini, se gli stipendi dei giovani d’oggi fanno schifo perché non sfruttare gli stipendi dei giovani di ieri?

UN’IDEA RADICALE – È così che invece di andare davanti alle fabbriche a manifestare contro il porco padrone mi è venuta un’idea ancora più radicale: non avere un porco padrone contro cui manifestare. La mia scelta in ultima analisi è finalizzata al mantenimento dell’ordine sociale. Quella che ci viene passata come una tragica imposizione dell’attuale mercato del lavoro, lavorare tutti lavorare gratis, può diventare una scelta responsabilmente assunta: stare a casa a guardare la televisione in panciolle mentre chi ci ha messo in questa situazione ingrata si sdebita con denaro sonante dal torto di averci messo al mondo senza chiederci il permesso. Sia chiaro, non sto perorando la causa del giovane Werther, che di spararmi alla tempia proprio non ci ho voglia. È che io credo in una forma di giustizia per cui se fai una cosa, poi te ne assumi le tue responsabilità. Hai voluto la bicicletta, e allora pedala, non è che dopo i primi trent’anni mi lanci allo sbaraglio nella giungla del famigerato mondo del lavoro e te ne lavi pilatescamente le mani. La mia educazione è ben lungi dall’essere conchiusa, o mamma o papà, io devo prima imparare ad orientarmi, devo acquisire mezzi e strumenti per il mio futuro. C’è l’inglese da imparare, c’è internet da approfondire, una seconda laurea può sempre tornare utile in questo pazzo pazzo mondo così competitivo. E poi mi devo ancora formare caratterialmente, sono pieno di paure e debolezze, un po’ di psicoterapia mi potrebbe giovare. Fa niente se costa quel che costa, è per il mio bene, per il mio futuro. Perché io, nonostante tutto, io nel futuro ci credo.

BISOGNA SAPER SCEGLIERE! – Per il giovane aspirante trentenne senz’arte né parte la scelta della facoltà universitaria a diciott’anni è un passo molto importante. Ci sono persone incaute che sottovalutano questo momento, e magari facendosi influenzare dalle cattive amicizie si trovano a prendere una facoltà che potrebbe dargli un buon posto di lavoro, come economia e commercio o ingegneria. La leggerezza di un momento si paga negli anni, e in particolare si inizia a notare verso i trenta. Laddove il vostro amico disoccupato laureato con lode in scienza della moda esce tutte le sere per andare a ubriacarsi con una nuova squinzia rimorchiata su internet, voi alle 23 siete già sotto le pezze a ripassare mentalmente le slide di Power Point che dovrete presentare il giorno dopo. Vi svegliate alle 7, ad un ora in cui il vostro amico ignora che vi sia vita su questa terra, e vi incagliate nel traffico da qui ai prossimi trent’anni. Ora di anni ne avete sessanta, e i vostri ultimi centomila giorni sono stati scanditi da badge elettronici, ramanzine immeritate, tasse, bollette, e in qualche triste caso di cronaca anche da pannolini sporchi di pupù. Lui, il vostro ex compagno di scuola, si sveglia a mezzogiorno con i postumi di qualche amaro di troppo e trova la colazione preparata dalla premurosa genitrice. Guarda con astio il letto sfatto che ancora non si è rifatto da solo e maledice il mondo perché a nessuno gli va mai di fare niente.

LA FELICITA‘ DEL TRENTENNE DISOCCUPATO – Il programma è tassativo, la giornata non andrà di certo sprecata. Dalle ore 12 alle 14 lettura dei principali quotidiani a tiratura nazionale, dalle 14 alle 16 pranzo preparato dal genitore cassaintegrato, dalle 16 alle 18 lettura di un romanzo d’appendice, che anche la cultura vuole la sua parte, dalle 18 alle 20 l’immancabile dvd, per rimanere al passo con le recenti produzioni. Dalle 20 in poi il turno di una delle numerose fidanzate, affascinate da un uomo che abbia tutto quel tempo da dedicare a loro e al suo self-ehnancement. Voi avete una faccia da far schifo, e per una partita a calcetto vi dovete organizzare due mesi prima, lui ha la pelle candida come quella di un bimbo e ogni volta che lo vedete per la partitella degli ex alunni dimostra qualche anno di meno. È cordiale, espansivo, simpatico con tutti, non un ombra di acredine solca il suo viso, mentre voi avete un’ulcera che fa capoluogo di provincia e vi addormentate tutte le sere sognando di infilare spilli roventi sotto le unghie del vostro capoufficio. Voi avete preso Economia e Commercio alla Luiss, lui Scienze del Costume a Camerino. L’avete guardato allora come si guarda un loser, un perdente, uno che nella vita non farà mai niente di buono, mentre lui ora vi guarda sornione con l’aria furba di chi la sa lunga mentre vi entra in scivolata e vi scrocia il tendine rotuleo.

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