Chris Kluwe: il giocatore di football licenziato perché era a favore dei matrimoni gay

03/01/2014 di Valentina Spotti

Salve a tutti. Mi chiamo Chris Kluwe e per otto anni sono stato il punter dei Minnesota Vikings. Nel maggio 2013 i Viking mi hanno cacciato dalla squadra. In quel periodo parecchia gente è venuta da me chiedendomi se fosse successo a causa del mio attivismo a favore dei matrimoni omosessuali e sono sempre stato molto attento alla risposta che davo: ‘Sinceramente non lo so, perché io non partecipo alle riunioni con gli allenatori e quelli dell’amministrazione’. Si tratta di una risposta vera, perché non so se il mio attivismo è stata la causa del mio licenziamento. Comunque, sono abbastanza sicuro di sì».

«SONO STATO LICENZIATO DA DUE CODARDI E UN BIGOTTO» – Comincia così il lungo articolo di Chris Kluwe che, sul sito sportivo deadspin.com ha raccontato la propria storia, affermando senza mezzi termini di essere stato licenziato «da due codardi e un bigotto» a causa del proprio impegno nella causa del riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso negli Stati Uniti. Kluwe, 32 anni appena compiuti, da anni giocatore dei Minnesota Vikings, squadra militante nella National Football League americana, ha spiegato di essere stato contattato dal gruppo Minnesotans for Marriage Equality nell’estate del 2012, chiedendogli se fosse interessato ad aiutarli a combattere quello che era chiamato Minnesota Gay Marriage Amendment, che definiva il matrimonio come «l’unione esclusivamente tra un uomo e una donna». Ora questo emendamento è stato abolito e i matrimoni tra persone omosessuali sono legali in Minnesota. Durante quell’estate, però, Kluwe decide di sposare pubblicamente quella causa, mettendo in chiaro che, in ogni caso, avrebbe parlato come privato cittadino e non come portavoce della sua squadra. «Ho partecipato a diversi spot radiofonici e alle serate del Minnesotans for Marriage Equality. Dall’ufficio legale dei Vikings nessuno mi hai detto nulla, nessuno mi ha mai chiesto di smettere di fare quello che stavo facendo».

LE BATTUTE OMOFOBE DELL’ALLENATORE – Ma, a settembre, le cose precipitano: l’allenatore Leslie Frazier intima a Kluwe «di stare tranquillo e di smettere di parlare di questa roba», spiegandogli che «ci sono due cose di cui un giocatore della NFL non deve mai parlare: politica e religione». E, nei mesi seguenti, Kluwe non può fare a meno di notare che il coordinatore della squadra, Mike Priefer, usa pesanti espressioni omofobe in sua presenza dicendo, ad esempio, che sarebbe stato giusto che i gay «bruciassero all’inferno». «Mi sentivo a disagio tutte le volte che Priefer diceva quelle cose. Dopo tutto, era lui che valutava le mie prestazioni sportive, ma speravo che dopo il voto sull’emendamento tutto questo si sarebbe concluso». Mesi dopo, Kluwe twitta un messaggio a proposito della corruzione della chiesa cattolica: è il giorno in cui Papa Ratzinger annuncia di voler abdicare e, poco dopo, il giocatore riceva un sms da un numero conosciuto che gli intima di «volare basso». Il mittente di quell’sms è Rick Spielman, un altro allenatore dei Vikings che, nel maggio successivo, lo convoca nel suo ufficio e gli annuncia di essere stato sciolto da ogni vincolo contrattuale con la squadra. E Kluwe conclude, spiegando di aver scritto l’articolo per fare in modo che Priefer non possa mai più lavorare come allenatore in nessuna squadra della NFL:

Ecco qui. Basandomi su tutto quello che mi è successo nel corso del 2012, sono convinto di essere stato licenziato da Mike Priefer, un bigotto che non era d’accordo con la causa che stavo sostenendo e da due codardi, Leslie Frazier e Rick Spielman: entrambi sapevano che ero un buon giocatore per la squadra, ma hanno preferito non entrare in disaccordo con Priefer su un argomento tanto delicato.

LA VERSIONE DI MIKE PRIEFER – Nel tardo pomeriggio di giovedì è arrivata la risposta di Prifer, che ha rilasciato un comunicato ufficiale pubblicato da USA Today, ma che si discosta parecchio dal quadro fatto dal suo ex atleta: «Voglio mettere in chiaro – ha dichiarato il coach dei Vikings – Che non tollero nessuna forma di discriminazione e che rispetto tutti gli individui. Nella mia famiglia ci sono persone omosessuali che amo e sostengo. Il motivo principale per cui sono diventato allenatore è stato per poter influenzare positivamente le persone. Come coach ho sempre creato un ambiente di tolleranza per tutti i miei atleti, incluso Chris, supportandoli dentro e fuori dal campo di gioco».

(Photocredit: © Cindy Yamanaka/The Orange County Register/ZUMAPRESS.com))

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