Chico Forti e l’ombra del complottismo

18/07/2012 di John B

5) Il denaro sottratto da Thomas Knott ad Anthony Pike utilizzando le carte di credito non l’ha mai sborsato l’albergatore (che non aveva il becco di un quattrino) ma è stato pagato dalle assicurazioni delle banche a cui Pike denunciava lo smarrimento.

E immagino che anche in questo caso ci siano gli invisibili documenti che lo attestino… ammesso poi che la questione sia rilevante.

6) E’ falso asserire che “il giorno dopo la morte di Dale aveva lavato la macchina”, “…tentanto così di inquinare le prove…”. La macchina è stata lavata il mercoledì, come ogni settimana, quattro giorni dopo il fatto.

Il punto è che non lo asserisco io, lo asseriscono i detective nell’intervista che ho linkato.

 I granelli di sabbia ritrovati non erano nella macchina ma nel gancio di traino della stessa e furono ritrovati “casualmente”, quarantacinque giorni dopo il sequestro, da un detective che l’aveva usata senza autorizzazione portandola sulla scena del crimine. La macchina, all’epoca, aveva già subito tre ispezioni capillari e nulla era stato trovato che collegasse Chico Forti alla scena del delitto. I granelli ritrovati erano comunque comuni a tutte le sabbie del litorale di Miami.

Anche su questo, i detective raccontano una storia diversa. La loro parola vale almeno quanto quella degli innocentisti, finché non si possono visionare i documenti processuali…

7) E’ falso dire che la pistola calibro .22 usata per uccidere Dale è stata comprata “poco prima dell’omicidio”. L’arma era stata comprata dal tedesco molti mesi prima che Chico conoscesse l’albergatore e prima dell’arrivo di suo figlio a Miami. Era stata comprata per uso sportivo e solo per questo motivo Chico l’aveva pagata assieme ad altre attrezzature. All’epoca Chico pensava che Knott fosse una persona per bene e per questo motivo non aveva ritenuto pericoloso fargli questo piacere, dal momento che in quel frangente il tedesco era sprovvisto di denaro. In tutti i casi la pistola è sempre stata nella disponibilità di Knott e comunque non c’è mai stata prova che quella fosse l’arma del delitto perché non è stata mai ritrovata.

Anche l’arma del delitto di Cogne non è mai stata rinvenuta ma non sembra che questo abbia aiutato gran che la Franzoni…  Comunque, l’intera questione della pistola è stranamente sottaciuta sul sito ChicoForti.com, punto di riferimento per la tesi innocentista. Prendo atto che la Magda sostiene che è stata acquistata “molti mesi prima”, ma in mancanza dei documenti processuali il dato che emerge da tutte le fonti pro e contro è che quell’arma è stata acquistata prima dell’omicidio (giorni, mesi, settimane, su questo ognuno dice la sua), è stata acquistata con la carta di credito di Forti, non è stata ritrovata dopo l’omicidio.

8) Infine, il farneticante sig. “B.” afferma che “quando Dale giunse a Miami con l’intento di capire cosa stesse succedendo, Chico andò a prenderlo in aeroporto, lo portò in una zona isolata e lo uccise”. Con quale movente? Perché voleva appropriarsi di un alberghetto sito all’interno di un’isoletta delle Baleari, dall’altra parte del mondo, per l’irrilevante somma di 25.000 dollari. Allucinante!!!

Non lo dico io, è la tesi dell’accusa. E la cosa curiosa è che questa tesi la scrivono proprio gli innocentisti con queste parole: “La teoria dello Stato sul caso era che Enrico Forti avesse fatto uccidere Dale Pike perché Forti sapeva che Dale avrebbe interferito con i piani di Forti per acquisire dal padre demente, in modo fraudolento, il 100% di interesse di un hotel di Ibiza. Dale aveva viaggiato verso Miami dall’isola di Ibiza in modo che Forti avrebbe potuto “mostrargli il denaro” – quattro milioni di dollari richiesti per la transazione – per l’acquisto dell’albergo di suo padre. Forti semplicemente non lo aveva. Invece, Forti incontrò Dale all’aeroporto e lo condusse alla morte”.

IL RIFERIMENTO – Il riferimento alla somma di 25.000 dollari come prezzo dell’acquisto è stato fatto dai detective intervistati. Quindi, io non affermo un bel niente, quella è la tesi accusatoria così come prospettata dagli stessi innocentisti! Ma incasso di buon grado l’ennesimo attacco personale gratuito, visto che conferma l’approccio marcatamente complottista della Magda.

Il resto della missiva non fa che ribadire questo approccio:

Sig Direttore,

se questa miriade di fesserie elencate nell’articolo “Chico Forti, il caso e le bugie dei media italiani” non fosse stato scritto da una persona accreditata presso il suo “Giornalettismo”, non perderemmo tempo a discuterne, perché il firmatario sig. “B.” pensiamo sia soprattutto malato di protagonismo e non sia degno della minima considerazione.

Ma considerato che questo signore, che di professione fa il poliziotto in Italia (americano di nascita) e risulta titolare di una rubrica presso il suo giornale (ripetiamo, ha scritto anche un “Manuale di difesa contro le balle dei media”), si permette di esprimere dei giudizi lapidari senza cognizione di causa su un caso umano di estrema gravità, allora riteniamo che sia una persona pericolosa perché la sua prosopopea trova qualcuno che gli dà spazio e credito. Se usasse la penna allo stesso modo della divisa per fare il poliziotto (in Italia), abbiamo seri dubbi che faccia bene anche il suo mestiere.

Se prima di scrivere queste idiozie si fosse premurato di prendere informazioni, magari saremmo stati noi i primi a fornirgliele, perché c’è in gioco la vita di un uomo padre di tre figli in  tenera età (americani per nascita), ai quali non fa molto piacere che un fatiscente “Doktor Debunker” imprima gratuitamente il marchio dell’assassino al loro papà.

Un consiglio ci sentiamo in obbligo di dare al sig. “John B.”: dedichi un capitolo di “Bufale” a se stesso.

Il rapporto scritto dai legali italiani di Chico Forti non fa parte della categoria dei media che pubblicano bufale, ma è il frutto di anni e anni di ricerca sugli atti del processo, dove attraverso la consultazione documentale (ottanta allegati) si smonta punto per punto l’impianto accusatorio montato dall’accusa contro Chico Forti.

Certo che se il giudizio preconcetto dei giudici in discussione segue i ragionamenti del sig. “B.”, Chico Forti ha poche speranze che gli venga resa giustizia. Quella vera.

 

Il vero problema di Enrico Forti è che le sue ragioni vengano portate avanti da un manipolo di gente che si approccia in maniera violenta e prepotente nei confronti di chiunque esprima una posizione differente (che peraltro è avallata da una sentenza definitiva) o si permetta anche solo di esprimere scetticismo e prudenza. E tutto questo, senza degnarsi di produrre uno straccio di documentazione a supporto della ricostruzione innocentista, divagando su improbabili complotti e appoggiandosi a personaggi noti per il loro supporto alle teorie complottiste più ridicole, come quelle sull’11 settembre.

LE STESSE CONSIDERAZIONI – Una circostanza che induce ad altra riflessione, è che prima del mio articolo, anche in tempi molto recenti, ci sono state altre pubblicazioni, come quella già citata di Claudio Giusti, che hanno prospettato praticamente le mie stesse considerazioni (e per giunta senza indicare fonti) sul merito della vicenda Forti, e tuttavia non risulta che nei loro confronti ci siano stati attacchi e contestazioni anche solo lontanamente paragonabili a quelli di cui hanno dato sfoggio la Magda e altri innocentisti piombati su queste pagine. Sembra quasi che a Claudio Giusti, in quanto italiano ed esponente di Amnesty International, si può concedere il diritto a un’opinione difforme, mentre fa rodere parecchio che a esprimere perplessità sia un poliziotto, per giunta italoamericano, addirittura debunker.

 Magda Scoppio – Ramazzotti, a nome dei sostenitori dell’innocenza di Chico Forti

John B. e basta.

Io parlo a nome mio, in quanto non ho avuto mandati di rappresentanza. Prendo atto che Magda Scoppio Ramazzotti afferma di parlare a nome dei sostenitori dell’innocenza di Chico Forti, per cui la sua posizione – salvo smentite – deve intendersi rappresentativa del movimento innocentista.

 

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