Chernobyl, l’esplosione che ha cambiato il mondo

26/04/2011 di Dario Ferri

Il 26 aprile di venticinque anni fa si è verificato il più grave incidente nella storia del nucleare

Venticinque anni fa, il 26 aprile del 1986, il mondo veniva cambiato per sempre dall’esplosione del reattore quattro della centrale nucleare di Chernobyl. La cittadina ucraina diventò immediatamente simbolo della catastrofe che l’energia atomica poteva provocare, e svelò definitivamente le crepe del regime comunista, che crollò da lì a pochi anni. In questi giorni il mondo ricorda Chernobyl, la sua nube tossica e il lascito mai chiarito di vittime e morti provocati da quella esplosione che terrorizzò il mondo.

26 APRILE 1986 Nella notte del 26 aprile, esattamente l’una, ventitre minuti e quarantaquattro secondi, esplose il reattore numero quattro della centrale di Cernobyl, una piccola città ucraina, che si trovava al confine con la Bielorussia e a circa centoventi chilometri dalla capitale Kiev. L’incidente, esattamente 25 anni fa, resta ancora oggi la più grande catastrofe della storia del nucleare civile. Quella notte i sistemi di sicurezza furono staccati per un test, che fallì completamente scatenando onde radioattive che perdurano ancora oggi a causa dell’esplosione del reattore numero quattro, tipologia RMBK-100. Nell’impianto si trovavano 190,2 tonnellate di combustibile nucleare. Gli esperti stimano che  fu liberata una quantità di radioattività tra i 50 e i 250 milioni di Curie, circa cento volte in più rispetto a quella delle bombe americane su Hiroshima e Nagasaki nel 1945. E’ stato stimato che fuoriuscirono circa il 50% di iodio e il 30% di cesio, disperdendosi nell’atmosfera. La nube radioattiva si spostò verso gran parte d’Europa, colpendo soprattutto Bielorussia e Russia. Al summit internazionale di Kiev per il 25esimo anniversario del disastro Igor Gramotkin, oggi direttore del sito di Chernobyl, pochi giorni fa ha evidenziato come il 95% di tutto il materiale radioattivo sia ancora sotto le macerie e continui a sprigionare radioattività pari a 15 milioni di Curie. La conferenza dei donatori nella capitale ha raccolto 550 milioni di euro per la costruzione del nuovo sarcofago e del nuovo impianto di stoccaggio per le scorie che dovrebbero essere terminati entro il 2015. Per coprire il costo totale di oltre 1,5 miliardi di euro mancano ancora circa 200 milioni. Rispetto all’incidente giapponese di Fukushima, anch’esso classificato al livello 7 sulla scala internazionale “Ines”, l’incidente nella centrale ucraina è considerato dagli esperti più grave per la maggior fuga di materiale radioattivo e gli effetti sulla salute e sull’ambiente nell’area. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, la Iaea, l’esplosione portò la contaminazione più elevata in un’area nel raggio di 100 km dalla centrale, con la concentrazione maggiore di isotopi di stronzio, cesio e plutonio.

DISASTRO TECNOLOGICO – “L’avaria di Chernobyl è stato il più grande disastro tecnologico dello scorso secolo, per colpa del quale milioni di persone sono state costrette a subire l’impatto delle radiazioni e centinaia di migliaia di uomini hanno dovuto abbandonare le loro case e la loro vita”. Con queste  parole il presidente della Russia ha voluto ricordare la tragedia che ha ridefinito la storia dell’Unione Sovietica e dell’umanità. Medvedev ha voluto ricordare il coraggioso eroismo dei liquidatori, le persone che provarono a contenere le conseguenze dell’esplosione del quarto reattore dell’impianto sovietico. Il presidente russo parteciperà oggi alle commemorazioni della tragedia che si svolgeranno nella vicina Ucraina, e nell’ennesima cesura col passato sovietico ha condannato il comportamento delle autorità dell’Urss, che nascosero la tragedia fino all’ultimo, tanto che nella Pravda del 27 aprile quanto successo a Chernobyl non era neppure nominato. Tutto il mondo ricorda quanto successo venticinque anni fa, in particolare i movimenti ecologisti che da quell’incidente trovarono nuova linfa. Il movimento dei Verdi in particolare, a livello europeo, utilizzò proprio l’incidente dell’impianto sovietico per ribadire con forza la netta contrarietà all’energia nucleare. L’Italia, dove i Verdi non hanno mai raggiunto significative vette di consenso, fu l’unico Paese ad abbondare completamente l’atomo dopo il disastro di Cernobyl, ma in molti altri Paesi ci furono moratorie oppure graduali fuoriuscite che sicuramente furono influenzate da quella tragedia che scosse il mondo. Germania, Spagna, Paesi Bassi e Svezia hanno seguito questa strada nel corso degli ultimi decenni, anche se gli ultimi due Paesi hanno ripensato il loro abbandono dell’atomo, una fonte energetica che stava rivivendo un piccolo rinascimento prima di Fukushima. Il disastro nipponico ha definitivamente chiuso l’epoca nucleare in Germania, e nei prossimi anni si valuteranno le conseguenze nelle altre Nazioni che ancora utilizzano la fissione dell’atomo.

UCRAINA  ANCORA ATOMICA – La Russia ha espresso rammarico per quanto fatto dall’allora Unione Sovietica, ma l’utilizzo dell’energia atomica ha resistito anche al disastro di Cernobyl. Una simile scelta è stata fatta anche dalla vicina Ucraina, che però soffre ancora di un’inquietudine molto forte a causa del’incidente atomico. A 25 anni dal disastro di Cernobyl gli ucraini temono che la tragedia possa ripetersi. Stando ai risultati di una ricerca condotta dall’Istituto Gorshenin resi nota oggi,

Il 70% della popolazione non si fida della sicurezza delle centrali nucleari del paese e ha paura di un altro incidente. Solo un ucraino su cinque si sente al sicuro. Quasi l’80% ritiene inoltre che la centrale di Cernobyl costituisca ancora un pericolo per la salute. Secondo il sondaggio, il 66% degli ucraini è contro la costruzione di nuovi impianti nucleari. Nel paese sono attive 4 centrali per complessivi 14 reattori. Oggi il primo ministro Mykola Azarov ha confermato che l’Ucraina non intende abbandonare la strada del nucleare e non rinuncerà a costruire nuovi reattori. “Dobbiamo imparare le lezioni dalle catastrofi come quelle di Cernobyl e Fukushima. Stiamo controllando in maniera approfondita le nostre centrali e saranno stanziati fondi per aumentare la sicurezza”, ha detto il premier.

Dal palco della conferenza internazionale sull’utilizzo del nucleare civile in corso a Kiev (“25 anni dopo Chernobyl: Sicurezza per il futuro“), dove è intervenuto anche il Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, il messaggio della comunità scientifica è stato lo stesso, e cioè quello di procedere in questa direzione, garantendo il massimo della sicurezza. Volodimir Kolosha, capo dell’agenzia statale ucraina che si occupa della cosiddetta “exclusion zone”, quella nel raggio di trenta km dal reattore numero 4 di Chernobyl, ha invitato a ricordare il disastro del 1986 proprio per “imparare le lezioni del passato” e si è soffermato sull’importanza della collaborazione internazionale per affrontare e soprattutto prevenire eventi analoghi, poiché “gli incidenti nucleari non conoscono confini”. Jacques Repussard, direttore dell’Istituto francese per la sicurezza nucleare, ha invitato a questo proposito la comunità internazionale a sviluppare una “road map per la sicurezza nucleare” i cui punti condivisi siano la solidità dei reattori, l’adeguatezza dei siti dove questi vengono costruiti, la professionalità dei lavoratori e delle organizzazioni coinvolte nel funzionamento delle centrali e la capacità di affrontare le situazioni di emergenza.

EFFETTI NON CHIARITI -La recente  conferenza di Kiev ha concentrato l’attenzione anche sulle conseguenze per la salute dell’incidente di Cernobyl, per molti versi ancora sconosciute, anche per il fatto che non vi sono molti studi. Per Ausra Kesminiene, dell’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità, anche in questo caso bisogna aumentare gli sforzi comuni. “La comunità internazionale deve supportare le ricerche sul lungo periodo perché gli effetti dell’incidente continuano ancora oggi e non sono ancora del tutto noti”, ha affermato la rappresentante dell’Oms.  A 25 anni dalla catastrofe, il bilancio suscita ancora controversie. Le autorita’ ucraine stimano che un totale di 5 milioni di persone abbia sofferto le conseguenze della tragedia. Per Greenpeace il numero varierebbe da 100 mila a 400 mila. Nel 2005 alcune agenzie dell’Onu (tra cui l’Oms) hanno indicato che sono morte 4000 persone. Ma l’Unscear, la commissione scientifica dell’Onu per gli effetti delle radiazioni nucleari, riconosce solo 31 vittime dirette dell’incidente, tra operatori e pompieri. E nel suo rapporto dello scorso febbraio fissa a 6848 i casi di cancro alla tiroide riconoscendolo come unica conseguenza diretta del disastro. Una società tedesca antinucleare si è spinta ad affermare che i tumori causati dal disastro ucraino arrivino fino ad ottocentomila, ed una simile quantità di bambini non sia nata per effetto delle radiazioni. ”Studi indipendenti condotti in Ucraina, Russia, Bielorussia e in altri Paesi dimostrano che le conseguenze all’esposizione anche a un basso livello di radiazioni sono molto piu’ allarmanti di quello che la comunita’ internazionale vuole accettare”, sostiene Aleksander Glushcenko, un fisico nucleare autore di tre libri su Cernobyl.

CHERNOBYL OGGI – Se non è possibile stimare le morti causate dal disastro, sicuramente la vita di moltissime persone residente nell’area tra l’Ucraina e la Bielorussia fu stravolta. Circa trecentomila persone dovettero abbandonare le loro abitazioni, e da allora quella zona non si è mai più sostanzialmente ripresa. A Cernobyl vivono qualche centinaio di persone, tra scienziati, tecnici, operai che ogni giorno lavorano nei pressi della centrale e all’interno della zona proibita, quella che inizia a 30 km dal reattore numero quattro esploso nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986. Nella cittadina si vede gente, circolano macchine, qualche bicicletta. Anche se nessuno abita fisso qui e si lavora su turni per evitare prolungate esposizioni alle radiazioni, qualcosa comunque si muove ed è cambiato. Il vero luogo fantasma è cosi diventata la vicina Priypat, un tempo nota come città dei fiori, dove vivevano più di cinquanta mila abitanti, e ora diventa un deserto di solitudine e desolazione post nucleare. All’interno di Priypat, a poca distanza dal reattore, si nota come  quasi ogni cosa è davvero rimasta immobile come 25 anni fa. La città era stata fondata nel 1970 proprio per ospitare le famiglie e tutti i lavoratori della centrale, fin dalla sua costruzione. Dei quasi 50 mila abitanti oltre 15 mila erano bambini, l’età media totale di 26 anni. Nel giro di un paio d’ore, nel pomeriggio del 27 aprile, circa 36 ore dopo l’incidente, Pripyat fu completamente evacuata. 1200 bus portarono via tutti gli abitanti, dopo che alla mattina via radio era arrivata la notizia di prepararsi a lasciare la città per almeno tre giorni. Venticinque anni dopo è molto è rimasto come allora, consumato però dal passare del tempo, dai carrelli abbandonati nei supermercati ai libri sugli scaffali delle librerie o della scuola. Si può fare un giro nella vecchia piscina o godersi la vista dalle camere dell’hotel nella piazza centrale. Al parco giochi la grande ruota arrugginita è ancora l’attrazione principale. La città fantasma è stata addirittura collocata dalla rivista americana Forbes tra le mete più stravaganti dove andare in vacanza. L’anno scorso sono arrivati circa 7 mila turisti che hanno visitato la zona dove è vietato vivere, a causa delle contaminazioni ancora troppo elevate, un’aerea di quattromila trecento chilometri quadrati dove una volta risiedevano più di 120 mila abitanti. In realtà all’interno di questo perimetro , nei paesi poco distanti da Chernobyl, circa duecento persone, tutte anziane e dedite ad attività rurali, sono ritornate nelle loro antiche abitazioni. L’Ucraina l’aveva vietato, ma poi ha tollerato la insopprimibile voglia di casa di queste persone.

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