Si premia Charlie Hebdo? E sei scrittori rifiutano di partecipare

Charlie Hebdo fa ancora parlare di sé a quattro mesi dall’assalto mortale dei fratelli Kouachi. Sei scrittori hanno rinunciato alla partecipazione ad un party di gala al quale erano stati invitati come ospiti a causa della scelta dell’associazione organizzatrice, il PEN club, una delle più antiche organizzazioni internazionale di letterati, di dare il proprio premio dedicato alla libertà di espressione ed al coraggio al settimanale francese.

I sei scrittori che non partecipano a un gala perché si premia Charlie Hebdo
(PASCAL GUYOT/AFP/Getty Images)

GLI SCRITTORI CHE HANNO DETTO NO –

Secondo quanto riportato dal New York Times gli scrittori Peter Carey, Michael Ondaatje, Francine Prose, Teju Cole, Rachel Kushner e Taiye Selasi hanno rinunciato al gala previsto il prossimo cinque maggio alla American Museum of Natural History di Manhattan, gala organizzato dall’associazione PEN. Saranno invece presenti il neo direttore di Charlie Hebdo, Gerard Biard, e Jean-Baptiste Thoret, membro dello staff della rivista. Rachel Kushner, una dei sei scrittori coinvolti, ha motivato la sua scelta spiegando che non si sente a suo agio con l’intolleranza culturale e la promozione di una certa visione secolare e forzatamente laica perpetrata da Charlie Hebdo.

 

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L’ATTACCO A CHARLIE HEBDO ED ALLA FRANCIA –

Peter Carey ha aggiunto dicendo che il premio, a suo dire, ha fatto un passo troppo in avanti rispetto al suo ruolo originario di protezione della libertà di espressione contro l’oppressione del governo. Carey si è detto in contrasto cob la «cecità apparente del PEN nei confronti dell’arroganza culturale della nazione francese che non riconosce il proprio obbligo morale nei confronti di un importante segmento della popolazione». Andrew Solomon, presidente dell’associazione PEN, ha cercato di spegnere le polemiche spiegando come i sei scrittori non sono altro che una piccola parte delle dozzine di invitati che hanno accettato la partecipazione al gala.

LA DIFESA DEL PRESIDENTE DEL PEN –

Andrew Solomon si è detto consapevole  del fatto che il premio a Charlie Hebdo potesse essere considerato controverso. Allo stesso punto si è definito sorpreso più dalla veemenza delle critiche piuttosto che dalle proteste in sé, aggiungendo di essere stato colpito dai tempi scelti dagli scrittori, scrittori che hanno detto no a meno di due settimane dalla serata di gala che vede la presenza di oltre 800 tra scrittori ed editori. «sapevamo che la scelta di premiare Charlie Hebdo poteva essere considerata come controversa -ha aggiunto Solomon- ma non credevo che potesse creare preoccupazioni in questi autori». 

L’ATTACCO DI TEJU COLE A CHARLIE HEBDO –

Gli scrittori con il loro ritiro hanno posto l’accento sulle critiche inevitabili del post attentato e dei segni lasciati nella società francese. Molti si sono chiesti quanto potessero essere considerati eroi della libertà di pensiero persone che se la prendevano spesso con quella che è stata definita la “vulnerabile minoranza musulmana in Francia”. Teju Cole, uno dei sei “ribelli”, in un suo saggio pubblicato dal New York Times ha scritto che la rivista, definitasi libera di attaccare chiunque, in realtà è diventata famosa per le provocazioni razziste ed islamofobe.

LA DIFESA DEI VERTICI DEL PEN –

Andrew Solomon, insieme al direttore esecutivo del gruppo, Suzanne Nossel, ha scritto una lettera al consiglio dell’associazione PEN spiegando come a loro modo di vedere non è necessario essere d’accordo con Charlie Hebdo per «affermare i principi» della propria associazione in tema di libertà di espressione. Solomon ha poi aggiunto di non aver sentito immediatamente ostilità nei confronti dell’associazione a seguito della decisione di premiare Charlie Hebdo, decisione presa lo scorso 17 marzo. Certo, Peter Carey ha espresso le proprie preoccupazioni ma, ha aggiunto Solomon: «abbiamo avuto una piacevole interazione e ho pensato che tutto si fosse risolto». Inoltre il Presidente del PEN ha fatto notare come il sostegno dell’associazione a Charlie Hebdo ha portato ad un aumento delle adesioni all’associazione stessa.

LE PROTESTE DEGLI SCRITTORI –

Peter Carey in un’intervista via mail ha spiegato di aver contattato lo scorso marzo Peter Godwin, predecessore di Andrew Solomon nel ruolo di presidente del PEN, e poi di aver scritto all’attuale numero uno dell’associazione: «Ho scritto a Andrew per dirgli che non voglio vedere il mio nome legato pubblicamente ad una posizione politica che non mi appartiene senza la mia autorizzazione preventiva». Deborah Eisenberg, scrittrice, a sua volta ha detto di aver scritto a Suzanne Nossel per criticare la consegna del premio a Charlie Hebdo: «Mi chiedo cosa pensa di trasmettere il PEN con questo premio ad una rivista diventata famosa sia per l’orribile omicidio di suoi dipendenti da parte di estremisti islamici e per i suoi ritratti denigratori dei musulmani. Il significato simbolico di Charlie Hebdo qui è chiaro».

LE CRITICHE A CHARLIE HEBDO DI GARRY TRUDEAU E LA DIFESA DI SALMAN RUSHDIE –

Garry Trudeau, autore della celebre striscia «Doonesbury», ha detto che Charlie Hebdo ha attaccato «una minoranza con disegni violenti più simili a graffiti che a fumetti, disegni che hanno trasformato Charlie Hebdo una centrale d’odio». Salman Rushdie, già presidente del PEN e vittima di una fatwa per il suo libro “Versetti Satanici” se l’è invece presa con i suoi amici Michael Ondaatje e Peter Carey, dicendo loro di essere in errore: «La PEN si propone come un’organizzazione per la difesa della libertà di parola. Vista questa sua missione, se non difende e celebra le persone morte per dei disegni, l’organizzazione non è degna di questo nome».

(Photocredit copertina PASCAL GUYOT/AFP/Getty Images)

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