La Cassazione dice stop alle telefonate mute dei call center

06/02/2016 di Redazione

Basta telefonate mute da parte di operatori di televendita: i sistemi automatici con i quali il telemarketing “occupa” le linee dei telefoni degli utenti in attesa che uno degli operatori si liberi e possa parlare con il cliente sono violativi della privacy. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha allargato gli ambiti di operatività del Codice della Privacy stabilendo che per quanto riguarda i telefoni cellulari le limitazioni stabilite per l’utenza fissa devono essere ulteriormente allargate.

LA CASSAZIONE DICE STOP ALLE TELEFONATE MUTE

Il Corriere della Sera illustra il modo in cui funzionano i sistemi di telepromozione automatica.

A tutti, infatti, capita spesso di ricevere a casa telefonate mute, che perciò mettono spesso in allarme. In realtà, in molti casi, non sono malintenzionati che tastano le presenze domestiche, ma è il trucco tecnologico con il quale le aziende ottimizzano il tempo-lavoro degli operatori dei propri call center. Per cercare di eliminare le chiamate non produttive (padrone di casa assente o già occupato alla cornetta), le aziende sfruttano piattaforme automatiche che effettuano un numero di telefonate superiore al numero degli operatori nei call center, in modo che essi trovino da lavorare in continuazione: la controindicazione è però che si crea statisticamente una quota di telefonate che raggiungono i consumatori in un momento nel quale non ci sono operatori liberi nei call center (telefonata muta). Le norme lo consentono, a condizione però — stabilì il Garante della privacy — che una persona raggiunta da una telefonata muta non ne ricevesse altre prima di 30 giorni.

E la decisione della Corte di Cassazione, favorevole agli utenti.

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È uno di questi casi — tra Enel Energia, Reitek (fornitore del software) e Garante — che arriva al vaglio dei giudici di Cassazione (presidente Aniello Nappi, estensore della sentenza Francesco Terrusi). I quali indicano che il trattamento dei dati personali, ovvero nome e numero, con sistemi automatici di chiamata è consentito da due articoli del Codice della privacy ma solo con il consenso dell’interessato. È vero, come obietta Enel, che esiste la deroga dell’«opt-0ut», cioè il consenso non è richiesto in chi, iscritto negli elenchi telefonici degli abbonati, non abbia esercitato il diritto di opposizione iscrivendo il proprio numero nell’apposito registro pubblico. Ma questa deroga, argomenta la Cassazione alla luce della direttiva comunitaria 2002/58, vale per le chiamate fatte dagli operatori, non per le chiamate automatizzate inviate da un software. «Anzi, a scopo di definitiva chiarificazione» — è l’altro punto cruciale della sentenza — anche nel marketing diretto, fatto da operatori fisici, «il trattamento del dato personale tratto da elenchi» telefonici «resta legittimo solo in quanto» questi elenchi (cartacei o elettronici) «siano pubblici, come non è invece per il caso della telefonia mobile»: il che significa che i call center non possono fare telemarketing sui cellulari.

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