Casale di San Nicola: stiamo diventando un popolo di ignavi e di razzisti.

Guardo quei visi paonazzi che urlano e non capisco. Dalla loro bocca e dai loro occhi esce solo rabbia. Probabilmente odio. Lo riversano verso i poliziotti, che cercano di farli ragionare. L’ultima cosa che vorrebbero fare è utilizzare il manganello davanti alle telecamere e contro persone non armate. Loro concittadini, persone anche di una certa età, qualche minorenne.

L’obiettivo dell’odio e della rabbia di quei visi paonazzi, furenti e rabbiosi sono diciannove (diciannove!) profughi che dovrebbero prendere alloggio in un ex asilo a Casal San Nicola.

Un luogo lontano da altre abitazioni, lontano dai centri abitati. Siamo a Roma Nord, non quella raccontata nei film di Muccino o evocata nei libri di Moccia; neanche quella boriosa e ricca che abbiamo imparato a conoscere dalle intercettazioni di Carminati e mafia capitale.

Siamo sulla Cassia, dove i mezzi pubblici sono rari e frequentati più che altro da stranieri, che spesso lavorano nelle case e nelle ville degli italiani.

Insomma, non siamo a Tor Sapienza, estrema periferia del degrado romano. Dove ogni chilometro c’è una struttura per profughi traboccante, magari con tanto di campo nomadi a poche centinaia di metri.

A Casal di San Nicola c’è un presidio di italiani per evitare l’arrivo di cento stranieri. Non li conoscono, non sanno le loro storie, ma non li vogliono vicino a loro.
Perché? Perché sono stranieri. Punto. Non li vogliono perché sono convinti – a causa di una martellante campagna comunicativa agevolata da ogni canale televisivo – che questi “negri” gli toglieranno il pane dalla bocca. Gli hanno infilato nel cervello – a forza di raccontargli frottole – che “questi negri” avranno benefici (soldi, case, cellulari ) che lo stato italiano non vuole dare a loro “che sono italiani”.

Dobbiamo tutti essere consci che siamo davanti ad una partita pericolosa per il nostro paese. Forze politiche razziste e fasciste si stanno coalizzando per guadagnare il consenso con le armi più grevi della propaganda razzista. E – attenzone – questa strategia sta avendo successo. Sta avendo successo perchè una parte degli italiani – è giunto il momento di dirlo è convintamente razzista e con idee parafasciste nel cervello.

Un altro spicchio di nostri concittadini è spaventato da una crisi economica che pare irreversibile e che mina ogni certezza di benessere. Talmente spaventati che – sentendosi abbandonati dalle istituzioni – sono facilmente preda delle sirene di chi indica loro un colpevole – l’immigrato – anche quando i dati economici e demografici dicono il contrario.

I numeri sono chiari: in Italia non c’è nessuna invasione, come ama denunciare da tutti i canali delle nostre televisioni il segretario della Lega Nord Matteo Salvini.

Non solo, le ribellioni violente che vediamo in questi giorni in Veneto e a Roma contro l’arrivo di un centinaio di profughi sono ridicole proprio per il numero esiguo di stranieri che le strutture individuate sarebbero chiamate a raccogliere. Ieri i militanti di estrema destra su Facebook gioivano per essere riusciti ad impedire che ai migranti fosse consegnato un pasto. Un atto di razzismo, puro e semplice.

Arrivano i pasti per i clandestini quando i nostri cittadini mangiano dall’immondizia. E le forze dell’ordine tollerano tutto questo difendendo il furgone.

Posted by Forza Nuova Treviso on Giovedì 16 luglio 2015

Ed è veramente un brutto segnale che proprio queste persone oggi possano esultare perché i migranti sono stati costretti ad abbandonare la struttura individuata. Un precedente che mette un po’ di paura.

Un plauso va, invece, al prefetto di Roma Gabrielli che ha fatto rispettare le più elementari regole di convivenza di uno stato civile.

Ma sarebbe sbagliato dare tutta la colpa di quello che è successo in questi giorni soltanto alla Lega o a Casa Pound. C’e di più.

C’è, per esempio, una Roma che non riconosco più. C’è un cittadino romano che non riconosco più. Quella naturale predisposizione ad aiutare gli altri, ad andare verso chi è in difficoltà, sembra sparita. Sembra sparita quella diffusa umanità del popolo romano, qualità che ci aveva caratterizzato per decenni.

Eppure, fiduciosi e ottimisti come vogliamo essere, siamo convinti che questa umanità, questa parte di cittadinanza sia solo “bloccata”. Ferma a guardare quel che accade, senza trovare la forza e lo stimolo per intervenire.

Roma non può essere solo quella di Mafia Capitale e dei fascisti che vogliono cacciare i diversi.

Roma è quella solidale che abbiamo visto in azione alla stazione tiburtina, quella che si mobilita per aiutarli quei profughi; , quella capace di stringersi intorno al dolore dei genitori di Marco, il bambino rimasto ucciso nella metro A. Roma è quella del volontariato, della Caritas, delle sue mense.

Ecco, per rilanciare Roma è necessario coinvolgere la sua parte migliore. Quei cittadini vittime della propria indolenza, del proprio menefreghismo, del “farsi gli affari propri”. Quei cittadini rimasti a guardare uno spettacolo orrendo dal quale loro stessi hanno deciso di chiamarsi fuori, rimanendo spettatori passivi.

Ma non sarà un lavoro né facile nè breve. Servirà pazienza, capacità di coinvolgimento, e un lungo lavoro culturale per ridare fiducia ad un tessuto sociale ormai sfibrato.

Penso alla solidarietà spontanea della Roma dei quartiere, del loro tessuto sociale popolare e familiare, sempre pronto a venire incontro alle difficoltà del vicino. Ecco, l’aver fatto collassare questo tessuto sociale, favorendo la nascita di immensi, numerosi ed estranianti centri commerciali, è forse una delle colpe più gravi della classe dirigente romana. Alimentari, fruttivendoli, piccole botteghe sono poco a poco sparite dai nostri quartieri, insieme ai quei visi familiari di chi portava avanti quei negozi. In quella Roma e in quella solidarietà spontanea sono cresciuto, quella solidarietà, quella straordinaria umanità e la mia Roma oggi faccio fatica a ritrovare.

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