Bondi e Repetti nell’Ala di Verdini. E l’ex sodale del Cav è pronto a svuotare Fi

22/12/2015 di Alberto Sofia

Da tempo ormai votavano la fiducia al governo Renzi, dopo lo strappo polemico da Arcore e da Forza Italia e il passaggio nel Misto di Palazzo Madama. «Il nostro è un salto nei buio», avevano spiegato allora l’ex cantore del berlusconismo Sandro Bondi e la consorte Manuela Repetti. Ora l’ex ministro poeta che tesseva le lodi del Cav e la compagna senatrice hanno trovato il loro approdo: è il gruppo salvagente di Ala. La stampella destra dell’esecutivo fondata da Denis Verdini, l’altro ex sodale del Cav e stratega del Nazareno passato alla corte del premier.

Manuela Repetti Sandro Bondi

BONDI E REPETTI ENTRANO IN ALA DI DENIS VERDINI

«Non c’è alternativa al renzismo», si sono convinti i coniugi Bondi, che già votavano da mesi le riforme renziane. A marzo avevano lasciato Forza Italia, ma le vecchi frizioni caratteriali con il senatore toscano ed ex coordinatore Pdl Verdini avevano stoppato il loro passaggio ad Ala. Ora i vecchi rancori sembrano superati, nel nome della conversione comune sulla strada di Pontassieve. Perché Renzi è la nuova “Beatrice” del poeta Bondi. La nuova musa ispiratrice. Così come lo era stato il Cav. L’ex ministro della Cultura aveva cantato in rima le sue “gesta” con la celebre ode “A Silvio Berlusconi” («Vita assaporata, Vita preceduta, Vita inseguita, Vita amata, Vita vitale, Vita ritrovata, Vita splendente, Vita disvelata»). Dal presidente azzurro aveva invece incassato pure una sconfessione in diretta televisiva. Era il 2 ottobre 2013, alle urla in Aula di Bondi seguì il colpo di teatro del Cav che fece retromarcia e decise di far votare al Popolo della Libertà la fiducia al governo Letta, tra lo stupore generale. Un mese dopo venne rilanciata Fi, mentre Alfano e gli ex “diversamente berlusconiani” fondarono Ncd. Sembra ormai un secolo fa.

Adesso, dopo un quarto di secolo, Bondi torna nel campo del “centrosinistra”, dopo i trascorsi nella Federazione giovanile del Pci e l’elezione come sindaco (sempre comunista) di Fivizzano. Lo stesso comune toscano dove è nato lo stesso Verdini, con il quale la coppia Bondi-Repetti non si era mai amata. Tutto dimenticato, questione di esigenze e necessità politiche. Ritroveranno adesso gli altri transfughi della galassia forzista passati in Alleanza Liberalpopolare e Autonomie: un gruppo che conta ora 16 senatori e 9 deputati. E che è pronto ad accogliere altri parlamentari in fuga da Berlusconi. Perché Verdini da mesi sta svuotando le truppe berlusconiane, di fronte «a un partito che» – di fatto – «non esiste più», come denunciano da tempo fonti azzurre da Montecitorio. Una diaspora senza fine.

LA DIASPORA FORZISTA, VERDINI CONTINUA L’OPA SU FI

Non è un caso che dall’ex governatrice del Lazio Renata Polverini, passando per il senatore bergamasco Enrico Piccinelli, fino all’ex fittiana (poi rimasta azzurra) Giuseppina Castiello e a Giorgio Lainati, non mancano i parlamentari pronti o tentati dal salto nella scialuppa verdiniana. Perché l’imperativo è “sopravvivere”: «Berlusconi ormai ha abdicato, è il gregario di Salvini. Ma noi non ci stiamo a venire sacrificati all’Opa leghista», denunciano da Montecitorio. Al contrario, c’è una parte dei deputati e senatori forzisti che – confermano altre fonti azzurre – da tempo sta cercando di «riciclarsi leghista e provare a strappare un posto in lista» alle prossime elezioni. Altri ancora restano in attesa. Ma il clima nel partito ormai è quello del “liberi tutti“. Perché la convinzione, al di là delle rassicurazioni di rito dei vertici, è che non ci sia più alcun futuro con il Cav.

VERDINI PRONTO A “INGRASSARE” LE TRUPPE DI ALA

Simbolica anche la decisione di Berlusconi di restare ad Arcore e rinunciare alla tradizionale cena di Natale con i gruppi parlamentari. Non era mai successo. L’ennesima conferma di come il presidente azzurro non abbia più alcuna voglia di avere a che fare con le beghe interne di un partito imploso. Travolto dal 2013 in poi dalle scissioni di Alfano, Fitto e Verdini, dalla strategia politica confusa tra nostalgie nazarene e tentativi di opposizione a Renzi. Fino all’ultima guerra fratricida tra i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani. Vertici che gli ultimi fedelissimi vorrebbero far saltare, al di là della nota congiunta con il quale i due vertici ora hanno provato ad archiviare le polemiche. Troppo tardi. «Qui non c’è ormai nulla da salvare», si lamentano fonti parlamentare contattate da Giornalettismo. E allora, meglio provare la nuova via del riformismo, accanto al premier, dentro la stampella di Verdini. E sperare in un posto in lista – pure se non da capilista bloccati  – alle prossime urne. O in qualche poltrona. Speranze alimentate dai pontieri del premier, chissà quanto reali. Per molti peones comunque l’ultima speranza di sopravvivenza politica. Per Verdini, l’opportunità di allargare i propri gruppi. E sperare di passare all’incasso. A fine gennaio, all’orizzonte c’è già il rinnovo delle presidenze delle commissioni. E in vista della tornata di amministrative delle elezioni 2016, le liste di supporto sono già in cantiere. Direzione? Dal Senato c’è chi ammette: «Verso il centrosinistra, altra strada non c’è».

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