Bikkembergs: 111 milioni di frode fantasma

08/07/2011 di Lou Del Bello

Lo stilista belga accusato di evasione è riconosciuto innocente. E dichiara il nostro fisco “indegno di un paese civile”

Nell’Italia che perdona grandi e piccoli evasori, che chiude gli occhi sulle imposte mancate e quando proprio deve, condona, ci sono anche storie che vanno al contrario. Per esempio grandi investitori che sono accusati di evasioni da capogiro, per poi essere assolti nel giro di pochi mesi dalla maggior parte delle imputazioni. E’ successo al gruppo dello stilista belga Dirk Bikkembergs, parte del gruppo d’avanguardia che negli anni Ottanta spopolò con il nome di Antwerp Six (al suo interno, anche Ann Demeulemeester, Dries van Noten, Dirk van Saene, Walter van Beirendonck e Martin Margiela).

LA NASCITA DEL MARCHIO – Bikkembergs lanciò a Parigi, nel 1989, la sua prima collezione di abbigliamento maschile, seguita nel 1993 da una di abbigliamento femminile. Ma la sua vera fama si deve all’abbigliamento sportivo: creatore della cosiddetta sport- couture con la linea di moda Bikkembergs Sport, lo stilista ha disegnato anche l’abbigliamento dell’Inter. Il suo stabilimento di Fossombrone, cittadina vicino Pesaro, era parte del ramo italiano dell’azienda che conta circa 70 dipendenti. Ma Bikkembergs non è solo un investitore estero che produce in Italia come farebbe in qualsiasi altro posto: acquista anche la squadra di calcio locale, il Fossombrone appunto, che milita in serie D. Un bel sodalizio tra lo stilista e la zona manifatturiera che realizza i suoi prodotti, almeno fino all’agosto 2007, quando sono cominciati i guai con il fisco. La storia è complessa, perché sono coinvolte diverse società produttrici e distributrici, come sempre nella filiera lunga.

IN ODORE DI FRODE FISCALE – Innanzitutto, c’è la Iff (International Fashion Factors) sarl, quella che vende in tutto il mondo, che ha domicilio in Lussemburgo. Poi, la 22srl, la ditta che produce la linea d’abbigliamento: è di proprietà olandese, con domicilio a San Martino del Piano, frazione di Fossombrone. Il suo amministratore unico è cittadino belga e la quota di maggioranza è detenuta da un’azienda olandese, la Cobalt BV. L’indagine della Guardia di Finanza è cominciata proprio da qui, dalla 22srl, di cui ha preso in esame gli utili, confrontando entrate e spese. Il dato che ha insospettito gli inquirenti, inizialmente, è stato lo scarso guadagno della 22srl, dovuto al fatto che il solo cliente era la Iff lussemburghese (nome che tra l’altro definisce l’intero incartamento anche presso la Commissione Tributaria regionale di Ancona: chiedendo del fascicolo Bikkembergs nessuno sa rispondere). E qui si traccia la prima tappa del percorso, la direttrice Fossombrone-Lussemburgo.

STABILE ORGANIZZAZIONE – Infatti, è la Iff (che distribuisce) a ricevere i guadagni che mancano nelle casse della ditta produttrice, e su di essi paga le tasse del paese di domicilio, molto inferiori a quelle italiane. Secondo le Fiamme Gialle, però, questo processo qualifica la Iff sarl come una “stabile organizzazione” operante in Italia attraverso la “22 srl”. Quindi, considerata un paravento fiscale per evadere le tasse nostrane. Inoltre i ricavi, già sottoposti a una tassazione inferiore, venivano ulteriormente diminuiti del costo relativo alle royalties corrisposte per l’utilizzo del marchio.

LA DIFESA DI BIKKEMBERGS – Il gruppo si difese facendo sapere, tramite una nota, di essere “caratterizzato da un elevato livello di dispersione geografica che le autorità fiscali italiane stanno ignorando e contestando. Mentre l’accertamento fiscale di un esubero di 100 milioni di euro (la metà costituita da sanzioni e interessi), si riferisce a un profitto di cui il gruppo non ha purtroppo mai goduto. Gli importi accertati infatti sono superiori al totale delle vendite dirette del gruppo per il periodo del controllo fiscale (dal 2001 al 2006)”. Le Entrate avrebbero applicato l’Iva “a tutte le vendite (anche a quelle intracomunitarie, pacificamente esenti dal tributo), senza consentire a Iff e a 22 srl di detrarre l’imposta passiva”. Inoltre, hanno calcolato l’imposta senza detrarre tutti i costi sostenuti dalla società in Lussemburgo: spese per dipendenti, utenze, fornitori, e ingenti royalties pagate alla società madre, che utilizza gli importi per finanziare le altre attività: marketing, acquisizione ordini, pubblicità, servizi fotografici, sfilate, personale generico e costi amministrativi”.

PENALE DA CAPOGIRO – Nonostante tutti, tre anni dopo, a luglio 2010, il presunto debito della maison Bikkembergs con il fisco ammontava a 111 milioni di euro, con tutti i 14 ricorsi del gruppo respinti, e altrettante sentenze favorevoli alle conclusioni dell’Agenzia delle Entrate. Gli avvocati dello stilista avevano fatto opposizione sostenendo che la Iff è una società straniera a tutti gli effetti, senza alcuna stabile organizzazione in Italia, e che la 22 srl è esclusivamente società di produzione. Ma la Commissione Tributaria riconobbe la correttezza dell’operato dell’Agenzia delle Entrate e, oltre a respingere tutti i ricorsi presentati dalle due società, le condannò a rifondere le spese di lite, di 44 mila euro. L’avvocato Francesco Giuliani, dello studio di Augusto Fantozzi (ex ministro delle finanze del governo Dini) definì la sentenza “paradossale, giuridicamente sbagliata, che equipara i ricavi ai redditi e contro la quale stiamo preparando ricorso in appello”.

RISCHIO LIQUIDAZIONE – Dopo il ritiro dei primi avvisi di accertamento trasmessi dalle Entrate alla società in Lussemburgo, sostenne poi, “la presunta evasione si è ridotta a 50 milioni di euro, più sanzioni e interessi per circa 40-50 milioni. Non tengono conto della realtà dell’azienda, e non prendono in considerazione i bilanci del gruppo, certificati dalla società lussemburghese Gefco, che provano come i costi sostenuti abbiano quasi azzerato i redditi”. L’avvocato fu tra l’altro il primo a parlare di “effetto domino” nell’ambito di questo caso: se la richiesta di sospensione della sentenza non fosse stata accolta, la 22 srl e la società di trading Iff sarl avrebbero rischiato la liquidazione, con conseguenti 50 posti di lavoro italiani persi. Attraverso i suoi portavoce, lo stesso Bikkembergs fece sapere di essere “Molto amareggiato e deluso. Mentre ci sono imprenditori italiani che spostano le loro società all’estero per non pagare le tasse, chi viene a produrre qui, perché crede nel valore aggiunto del made in Italy, è penalizzato. Ma se una giustizia c’é, salterà fuori”.

LA SVOLTA: LO STILISTA E’ INNOCENTE – E in effetti, sembra proprio che questa giustizia sia emersa, dato che in secondo grado la sentenza contro Bikkembergs (unificata in un unico procedimento mentre in primo grado venne trattata come una serie di procedimenti separati) si è ridotta a 1 milione e 800mila euro di mancate provvigioni. “Un importo che rimane comunque rilevante – fa sapere l’Agenzia Erariale delle Marche, che sta valutando l’ipotesi di ricorrere in Cassazione – e non annulla affatto la pretesa erariale ma la riduce parzialmente”. Dante Leopardi, responsabile amministrativo della Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro, spiega che “entrambi i procedimenti di appello sono stati regolari, semplicemente si è trattato della diversa interpretazione di alcune norme. Il processo in sé non ha nulla di particolare, casi del genere sono molto comuni. Chiaramente, ciò che ha attirato l’attenzione erano le grosse cifre in ballo”. E le grosse cifre non solo hanno calamitato timori e malumori del comparto manifatturiero pesarese, ma hanno provocato un vero e proprio terremoto nell’economia locale.

EFFETTO DOMINO – Ce ne parla Ottavio Gallone, press officer di Bikkembergs, assicurando che i danni sono stati mitigati. Lo stilista belga, infatti, dopo aver dichiarato che “Qui il fisco non è degno di un paese civile” ha pensato bene di divorziare dall’Italia, in tutti i sensi. Prima ha mollato la squadra di calcio di Fossombrone, di cui si era innamorato tanti anni prima, ancora sconosciuto, e su cui aveva deciso di investire cinque anni prima. Dall’Eccellenza alla serie D, ovviamente con divise impeccabili, i ragazzi biancoazzurri venivano definiti nell’ambiente “i griffati”. Alla notizia, il presidente commentò mestamente che “Per cinque anni abbiamo vissuto in una dimensione che non ci apparteneva”.

LA CESSIONE A ZEIS EXCELSA – Se i piccoli calciatori si sono svegliati dal sogno senza troppi rimpianti, ben più preoccupati erano i 50 lavoratori della 22srl (in tutta Italia circa 70) legata al gruppo Bikkembergs, che è stato ceduto al gruppo Zeis Excelsa. “L’operazione che è stata fatta – spiega Gallone – si chiama in linguaggio tecnico ‘affitto di ramo d’azienda’, e il risultato è un cambio ai vertici ma senza particolari scossoni per i dipendenti. Certo, in fase di ristrutturazione c’è stata una lunga trattativa con i sindacati, e una decina di persone hanno perso il posto in seguito alla riorganizzazione interna, ma questo non è da attribuirsi direttamente al cambio di gestione”.

PRIMA LA LEGALITA’ – Se è un bene che le conseguenze economiche siano state mitigate, è pure vero che queste non dovrebbero in ogni caso influenzare il corso delle indagini. Dante Leopardi ci tiene a specificarlo: “Ritengo innanzi tutto che le sentenze non devono tener conto delle eventuali ricadute sull’economia locale ma devono occuparsi della corretta applicazione delle norme. Certo, il fisco influisce sull’economia in modo sempre più marcato ma proprio per questo tutti sono soggetti alle norme che disciplinano la materia e devono contribuire secondo la propria capacità contributiva. E’ ovvio che la scoperta di un ipotetico grosso evasore potrebbe alterare gli equilibri economici sia locali che nazionali ma ciò non toglie che comunque l’evasione deve essere combattuta con ogni mezzo legale”.

L’IMMAGINE E’ SALVA… – Nel frattempo, bisogna vedere quali saranno le ricadute, oltre che di ordine economico, anche di immagine, sia per la casa di moda che per la percezione del fisco italiano all’estero. Su questo, il settore comunicazione di Bikkembergs si è concentrato molto: “Posso dire – assicura Gallone – che il caso è stato meno chiacchierato di quanto si potesse temere. Certo, in Belgio e in Italia c’è stato un certo mormorio, ma negli altri paesi della nostra rete commerciale (Francia, Spagna, Benelux, Russia, Cina e Germania) il caso non ha sollevato grande scalpore”.Fortunatamente, la struttura produttiva del pesarese si è salvata dal rischio liquidazione che avrebbe mandato tutti a casa, e giustamente l’indagine andava fatta, fino in fondo. Tuttavia, un errore del genere, in un caso tanto delicato, poteva costare molto di più.

…E ANCHE IL MADE IN ITALY – Anche nella sentenza d’appello che “assolve” lo stilista si legge infatti che il sistema tributario nazionale deve essere ”equo”, altrimenti si rischia di ”far fuggire gli investimenti esteri”. In realtà, nonostante l’abbandono delle lande marchigiane, Bikkembergs non sembra voler lasciare l’Italia, che resta comunque una vetrina d’eccellenza. Secondo Fashion Magazine, infatti, lo stilista ha in serbo per il 2012 una nuova collezione primaverile womenswear. Il progetto della linea donna è stato fortemente voluto dal neoproprietario Maurizio Pizzuti di Zeis Excelsa, che dopo quasi un anno ha da quando ha preso il controllo della Bikkembergs, ha trovato un nuovo equilibrio “mente corpo” con il designer belga. Il fondatore del marchio continuerà ad essere l’anima creativa del gruppo, mentre l’imprenditore marchigiano gestirà la produzione sul territorio.

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