Banco Popolare vittima sacrificale

03/12/2008 di Luca Conforti

Il mondo bancario italiano si sta preparando al salvataggio di uno degli istituti principali, e il candidato designato sembra essere l’istituto guidato da Fabio Innocenzi.

(Luca Conforti è lo pseudonimo di un giornalista che lavora per uno dei più importanti quotidiani nazionali. La sua rubrica, Parco Buoi, si occuperà con cadenza settimanale di imprese, finanza e mercati, con un occhio al risparmiatore).

Non ci sarà mai una Lehman italiana, cioè un “vero” fallimento, ma il mondo bancario sta preparandosi alla necessità di un salvataggio di uno degli istituti maggiori. Sarà una manovra congiunta dello Stato e delle banche che se lo possono permettere (su tutte, Generali e Mediobanca). Il candidato numero uno ad essere salvato dal fallimento è il Banco Popolare guidato da Fabio Innocenzi, le cui difficoltà in borsa si sono acuite dopo che la banca tedesca Dz ha rinunciato ad aiutarla nel salvataggio di Italease. Oltre ad avere uno dei core tier one tra i più bassi, il suo bilancio potrebbe ancora peggiorare a causa del rifinanziamento da 1,5 miliardi di euro necessario a salvare Banca Italease di cui è azionista al 30%.

L’EX-TALENTO INNOCENZI – È quasi un decennio che attorno alla ex popolare di Verona si aggregano istituti ad un passo dal crack, ha iniziato nel 2002 con la popolare di Novara, ha ereditato nel 2007 il disastrato impero creato da Fiorani intorno alla popolare di Lodi e ha responsabilità dirette nelle rapida ascesa e successivo collasso di Banca Italease. Il povero Innocenzi, che fino a 5-6 anni fa era considerato un talento alla pari di quello di Alessandro Profumo, sembra ormai soverchiato dalle sfide di cui si è fatto carico. La crisi è arrivata ad acuire tutte le debolezze e nell’ambiente si teme che altre svalutazioni, magari nel settore immobiliare, potrebbero rendersi necessarie costringendo la banca ad alzare bandiera bianca. Nello scorso fine settimana tutti i grandi banchieri si sono occupati delle sorti del Banco popolare: si teme l’effetto valanga che la crisi del quinto gruppo nazionale possa avere sugli altri, specie quelli più in difficoltà al momento come Mps, Intesa e Banca popolare Milano.

SOLUZIONI – La soluzione più ovvia è che il ministero del Tesoro sottoscriva un aumento di capitale sotto forma di azioni privilegiate e metta “sotto tutela” la banca, come previsto dal primo decreto già approvato.Ma l’establishment non vuole concedere a Tremonti il pieno controllo della vicenda, anche per evitare che Verona diventi l’occasione di altre leggi dirigistiche sul credito. Si cerca dunque chi abbia il capitale per sottoscrivere una quota. Ma su questo punto siamo in alto mare: Intesa e Unicredito sono ai ferri corti. La condotta di Alessandro Profumo sulla questione Zaleski (è stato l’unico a chiedere e ottenere un parziale rimborso dei prestiti fatti all’alleato storico di Giovanni Bazoli), ha ribadito la sua volontà di non aiutare in nessun modo i concorrenti. Di fronte all’argomentazione che la crisi è sistemica e che tutti devono fare la loro parte, lui ribatte che nel momento in cui la speculazione ha colpito Unicredito (e la sua gestione in particolare) il “sistema” è stato tutt’altro che collaborativo. Intesa ha le mani legate dai contrasti interni e da un patrimonio al limite. Quindi l’unica che potrebbe muoversi è la Mediobanca di Cesare Geronzi.

LA STRATEGIA DI INNOCENZI – Progetti che sono fatti senza tenere conto della volontà di Innocenzi, che invece tenterà fino in fondo la via solitaria, ieri l’istituto ha emesso un duro comunicato in cui si sottolinea che “L’andamento del titolo Banco Popolare in Borsa è frutto di speculazione borsistica e non rispecchia il vero valore di un gruppo che è forte”. La strategia di sopravvivenza di Innocenzi prevede di accaparrarsi una quota alta dei 10-12 miliardi di bond perpetui che arriveranno a gennaio per alzare i patrimoni delle banche quotate. Ma questo apre un ulteriore problema: le risorse messe a disposizione dal governo non sono sufficienti per i dieci gruppi bancari interessati. La cifra attesa era di 18-20 miliardi cioè il doppio. Le altre banche non accetteranno 3-4 miliardi finiscano solo a Verona con il rischio che tra sei mesi il problema si ripresenti. Anzi avrebbero più risorse se il Banco Popolare fosse costretto a rinunciarvi in cambio dell’aumento di capitale diretto.

VITTIMA DESIGNATA – Il bond è considerato un utile puntello solo per chi ha già superato la fase più acuta della crisi e tutti lo vogliono: anche gli istituti più patrimonializzati (Unicredit e Ubi) che potrebbero addirittura non partecipare, non possono farlo per non esporsi alla speculazione in quanto “uniche banche non protette dallo Stato”. Ecco dunque la serie d’indizi che designano il Banco popolare come l’anello debole del sistema, una sorta di “vittima designata”. Quando Innocenzi tuona contro gli speculatori non ha certo in mente i trader armati di personal computer, ma i desk titoli delle altre banche. Paradossalmente l’unico motivo per cui il “salvataggio” non è ancora partito non sono le resistenze dei vertici veronesi, ma la scarsa disponibilità di capitali che c’è in giro e la litigiosità dei banchieri.

Share this article