Sette mesi fa i tedeschi ci avvisarono: «Fermate Anis Amri, è pericoloso»

28/12/2016 di Redazione

La Germania aveva avvisato l’antiterrorismo in Italia classificando Anis Amri, killer di Berlino, come personaggio pericoloso. Ne parlano Cesare Giuzzi e Gianni Santucci al Corriere della Sera:

La scorsa primavera, sui computer dell’antiterrorismo a Roma, arriva un’allerta dalla Germania. Il 10 maggio, ha rivelato ieri la televisione Wdr, «la polizia criminale del Nordreno-Vestfalia classifica Anis Amri come individuo pericoloso». Da Berlino accendono un segnale rosso sul suo nome. E lo comunicano anche all’Italia. La richiesta: se in un controllo in strada, un’identificazione, o un’attività di indagine venisse localizzato «l’obiettivo», bisogna trattenerlo e segnalarlo alle autorità tedesche. In quel momento, sette mesi prima che si lanci con un Tir tra le bancarelle del mercatino di Natale a Berlino, Anis Amri (anche se il termine è giuridicamente improprio) è già un «ricercato», inserito in una rete di radicali islamisti.

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ANIS AMRI PERICOLOSO: LA RETE IN GERMANIA

Dopo la strage di Berlino gli inquirenti hanno provato a capire qualcosa di più sulla vita di Amri. Sono state ricostruite due reti di contatti: una in Germania, l’altra in Italia. Occorre capire se ci sono cellule e ramificazioni tra i contatti del ragazzo in entrambi i paesi. Chi ha “formato” la mente di Amri si trova già in carcere da novembre. Spiega sempre il Corriere:

A Berlino hanno in mano un cellulare di Amri e intorno alla rubrica e l’attività di quel telefonino hanno collegato una ragnatela di contatti. L’hanno poi sovrapposta a una corposa attività di indagine, riassunta nelle 345 pagine dell’ordine di arresto che lo scorso novembre ha portato in carcere cinque uomini dell’Isis, raccolti intorno al predicatore estremista Abu Walaa. Tra gli arrestati c’è anche Boban Simeonovic, 36 anni, serbo-tedesco, residente a Dortmund, che è stato una sorta di guru della jihad per Anis Amri. A fine 2015 Amri aveva in progetto unirsi all’Isis in Siria e fu proprio Simeonovic a curare la sua preparazione fisica (lunghi trekking con pesanti zaini sulle spalle) e provare a organizzare il viaggio attraverso una moschea di Hildelsheim.
Amri non riuscì a partire, per ragioni sconosciute, ma iniziò a sostenere di esser pronto a un attacco in Germania (la storia è stata raccontata da un informatore e rivelata dalla Cnn, che ha avuto accesso ai documenti giudiziari).

Amri è stato uno dei «soldati» di Abu Walaa, passato alla fase operativa senza la sua «guida». Della cellula tedesca – secondo quanto racconta il quotidiano – facevano parte una ventina di persone. Gli arrestati sono cinque e poi c’è Amri che è morto. Una parte di quella struttura potrebbe esser quindi ancora attiva. Il ragazzo, in fuga dopo la strage, ha cercato appoggi dopo l’attentato. L’Isis però, come di consueto succede, taglia tutte le comunicazioni con il terrorista che ha agito e ha scelto il martirio.

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