Attentato a Monaco: la perfida trappola su Facebook del killer Alì Sonboly

23/07/2016 di Boris Sollazzo

ATTENTATO A MONACO, LA TRAPPOLA SU FACEBOOK –

Se n’è accorto il Daily Mail, ma quel post aveva già suscitato l’interesse degli inquirenti e ancora prima dei compagni di scuola di Alì David Sonboly, il killer di Monaco di Baviera, come confermato da Karl Ernst Thomas De Maziere, ministro degli interni tedesco che l’ha definito una “trappola perfida”. Ora cancellato – l’account violato di Selina Akim così come il messaggio che recitava “ci vediamo da Mc Donald’s, posso offrire da mangiare, ma qualcosa di non troppo costoso ” -, sui social ha girato molto lo status che dava appuntamento alle 16 al Centro Commerciale Olympia, l’OEZ, proprio davanti al fast food.

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Chi è Ali Sonboly: il giovane killer di Monaco

Thomas Steinkraus, procuratore generale di Monaco, e il ministro, entrambi in conferenza stampa, hanno confermato di aver parlato con chi era padrone dell’account e gli inquirenti hanno accertato la violazione esterna, ormai quasi certamente precedente all’attentato e non posteriore, come questa mattina si credeva. Non opera di hacker cinici, quindi, ma l’ennesimo tassello di un folle progetto omicida di un ragazzo di soli 18 anni che più che ispirarsi ai terroristi sembra invece essere attratto dai Breivik, dalle stragi di Utoya e Winnenden, dai Manson, dai lupi solitari alla Columbine e di un altro studente, Tim Kretshmer, che uccise 15 compagni per cui aveva espresso più volte ammirazione: i più famosi mass murderers degli ultimi decenni (e lo confermerebbero oggetti, un libro e ritagli trovati nella sua stanza e alcuni particolari del lunghissimo interrogatorio al padre tassista).

L’unico sintomo di disagio nella sua vita sembrerebbe la pre-adolescenza, in cui sarebbe stato picchiato frequentemente da bulli (forse di origine turca, non è escluso che siano tra le vittime) e avrebbe sviluppato una misantropia ferocissima. La sua abitazione e il tenore di vita della famiglia, infatti, sono decorosi), specialmente verso i coetanei che, forse, a causa di quel maledetto post sul social più famoso del mondo, sono stati i più colpiti dal suo gesto. Cinque vittime, infatti, erano minorenni. Morte sotto il fuoco di fila della sua Glock 9mm, con 300 munizioni nelle tasche. Immaginava una strage e aveva convocato i più deboli, i più fragili come lui per farne carne da macello. Con una premeditazione inquietante, fin da quella “perfida trappola” social. E ieri sera, loro, sotto quel post, avevano capito. L’avevano riconosciuto, facevano il suo nome.

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