Attentato Bruxelles, un secondo uomo nell’attacco al metrò. Salah accetta estradizione in Francia

24/03/2016 di Redazione

Accuse di inefficienza alle autorità di Bruxelles, falle sulla sicurezza, attacchi incrociati sull’asse Turchia-Belgio dopo gli attentati. E soprattutto indagini in corso con diverse incognite, compreso il numero degli uomini in fuga. Identificati tre attentatori, i fratelli El Bakraoui e l’artificiere di Parigi, un quarto uomo è in fuga. Ovvero, l’uomo con il cappello che appare nella foto della telecamera di sorveglianza all’aeroporto di Zavantem. Ma non sarebbe l’unico. Perché ora emerge un secondo sospettato, ricercato, che accompagnava Khalid El Bakraoui, il kamikaze che si è fatto esplodere nella metropolitana di Bruxelles, causando la morte di 20 persone. Lo riportano sia Le Mondeche la radio belga Rtbf.

Le autorità hanno anche diffuso un identikit ricostruito grazie alle immagini delle telecamere nella metro di Maelbeek, che mostrano l’uomo insieme a Khalid el Bakraoui.

Attentato Brukelles
L’identikit fornito del secondo uomo dell’attentato del metrò

 

Berretto chiaro, sopracciglia marcate, viso allungato e una grande borsa portata con sé: questo quanto viene mostrato dall’identikit.

ATTENTATO BRUXELLES, OPERAZIONE DI POLIZIA. CI SAREBBE UN FERMO

Un’ampia operazione della polizia è in corso a Bruxelles nell’area di Chauss e d’Ixelles, una delle maggiori vie commerciali. Ci sarebbe stato anche un fermo, otlre a diverse perquisizioni.

ATTENTATO BRUXELLES, BELGIO CONOSCEVA ATTENTATORI

Come riporta Repubblica, il Belgio conosceva poi gli attentatori. Due dei killer dovevano stare in carcere, fino al 2020. E non sono mancate le polemiche. Perché, se il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha rivendicato come uno degli attentatori di Bruxelles, Ibrahim El Bakraoui, fosse stato arrestato in Turchia nel 2015, estradato in Belgio e segnalato come terrorista, la Procura belga si è difesa smentendo Ankara. Secondo la versione belga, l’attentatore era stato estradato in Olanda e Bruxelles non sarebbe stata messa a conoscenza del suo legame con il jihadismo.

ATTENTATO BRUXELLES, ALMENO DUE IN FUGA. NEL MIRINO CENTRALI NUCLEARI

Nelle ultime ore arrivano anche altre indiscrezioni sui reali obiettivi dei kamikaze. Secondo Dernière heure, che cita fonti di polizia, gli arresti di Salah Abdeslam e del suo complice Choukri a Molenbeek, avrebbe fatto accelerare i piani della cellula jihadista. Sarebbe così stato abbandonato il piano di colpire le centrali nucleari del Belgio. I fratelli Ibrahim e Khalid el Bakraoui avrebbero piazzato una macchina fotografica nascosta davanti alla casa del direttore di un programma di ricerca e sviluppo nucleare, come riporta il quotidiano.

 

ATTENTATO BRUXELLES, IL BELGIO CONOSCEVA I KAMIKAZE. DUE ATTENTATORI DOVEVANO ESSERE IN CARCERE

Su La Repubblica è invece Carlo Bonini a riportare gli identikit degli attentatori già identificati. Tutt’altro che sconosciuti alle autorità del Belgio e alla stessa Interpol:

I fantasmi delle stragi di Zavantem e Maelbeek prendono nomi e forme che abbiamo imparato a conoscere il 13 novembre, a Parigi. Perché di quella mattanza sono la coda. I tre kamikaze di martedì mattina (il quarto attentatore, in fuga, non è stato ancora identificato) hanno ora nomi e storie che raccontano la miscela velenosa tra l’odio che alimenta chi cresce nei ghetti di Molenbeek e Schaerbeek e chi parte o torna dalla jihad in Siria. Che mettono in un’unica sequenza il 13 novembre 2015 e il 22 marzo 2016. E, ancora una volta, documentano l’inerte afasia di un sistema giudiziario e di prevenzione che ha visto crescere il mostro in casa e ha scelto di guardare altrove. Erano cresciuti tra la strada e il carcere, dove sarebbero dovuti rimanere fino al 2017 e al 2020, i fratelli Ibrahim e Khalid El Bakraoui, 30 anni da compiere il primo, 27 il secondo, nati a Molenbeek e a Molenbeek diventati prima feroci banditi di strada e quindi soldati dell’Is arruolati per procura nella cellula di Salah Abdeslam e Abdelhamid Abaaoud. Quella che avrebbe fatto strage a Parigi prima di colpire a Bruxelles. Ma era cresciuto nelle strade dei ghetti anche Najim Laachraoui, 25 anni, nato in Marocco e diventato adulto sui marciapiedi di Schaerbeek. “Artificiere” delle stragi di Parigi e quindi artificiere e kamikaze di quelle di Bruxelles. Tutti e tre educati a una violenza per la quale erano noti alla giustizia belga. Tracciati anche dall’Interpol, almeno dall’autunno dello scorso anno. Così facili da fermare che nessuno in Belgio avrebbe deciso di farlo. Né prima, né dopo che si erano manifestati per quel che erano. Se è vero, come sostiene ora (smentito dalla procura belga) il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che Ibrahim El Bakraoui era stato fermato lo scorso anno al confine siriano ed espulso verso la sua Bruxelles. Ibrahim, Khalid, Najim, dunque.

 

ATTENTATO BRUXELLES, LE ULTIME ORE DEI KAMIKAZE

I tre ragazzi identificati trascorrono le ultime ore da vivi insieme al quarto ricercato, ancora senza nome. Si separano la mattina degli attentati. Khalid El Bakraoui si farà esplodere alla fermata della metropolitana di Bruxelles, il fratello Ibrahim El Bakraoui all’aeroporto di Zaventem. L’uomo ancora non identificato è l’ennesimo martire riluttante, invece, come spiega Repubblica. Precisando come gli attentatori Ibrahim e Najim «non dovevano essere lì», già noti alle autorità:

«Come non dovrebbe essere Khalid nel metrò di Maelbeek. Lo dimostra persino il testamento audio che Ibrahim affida al suo pc prima di gettarlo in un cestino in rue Max Roos. E dove è evidente che l’uomo non corre verso il paradiso delle Vergini, ma fugge l’incubo di un carcere che ha già conosciuto. «Non so più che fare», dice. «Non sono più al sicuro. Mi cercano ovunque. Mi faranno finire in una cella accanto a Salah». Già, perché Ibrahim, il 30 gennaio 2011, ha trasformato una rapina all’agenzia Western Union di Boulevard Adolphe Max, a Bruxelles, in un infermo. Ha fatto fuoco con armi da guerra prima su una pattuglia della polizia di Ixelles, quindi ha forzato un posto di blocco in square de Trooz. Si è infine arreso in una palazzina di rue Wauthier. Il 30 settembre 2011 lo condannano a soli 9 anni contro i 13 chiesti dalla Procura. Ne sconta a stento tre. Nel 2014 è di nuovo a spasso sulla “parola”. Insieme al fratello, Khalid, che nel 2012, di anni ne ha presi 5 per aver rubato un’auto armi in pugno, ma che il carcere non lo vede. Pena sospesa. Già, di Ibrahim e Khalid non sembra importare nulla a chi che sia. Almeno fino ai mesi che seguono il 13 novembre, quando si scopre che è Khalid ad aver affittato con falso nome (Ibrahim Maarouf) l’appartamento di rue du Fort, a Charleroi, dove, la notte del 12, hanno dormito Abdelhamid Abaaoud, Salah Abdeslam e Bilal Hadfi (il kamikaze dello stade de France) diretti verso Parigi. E che è ancora Khalid l’affittuario della casa di Rue du Dries dove, il 16 marzo, Salah sfugge una prima volta alla cattura.

 

ATTENTATO BRUXELLES, DUE KAMIKAZE DOVEVANO STARE IN CELLA

Allo stesso modo era conosciuto pure Najim Laacharoui, nato nel ’91 e originario del Marocco, ma cresciuto a Schaerbeek:

«Ha studiato da elettrotecnico nel cattolico Institut de la Sainte-Famille e si è guadagnato la cittadinanza belga. Il 9 settembre 2015 viene fermato in una Mercedes al confine ungherese-austriaco con Salah Abdeslam. Ma diventa un ricercato solo il 4 dicembre, per le stragi di Parigi di cui è stato l’artificiere. Lo scorso febbraio è condannato a 15 anni per reclutamento di jihadisti. Lui è sparito nel nulla da tempo», riporta Bonini su Repubblica.

 

 

SALAH ABDESLAM ACCETTA TRASFERIMENTO IN FRANCIA. IL LEGALE: «NON SAPEVA DEGLI ATTENTATI IN BELGIO»

Intanto Salah Abdellam l’unico terrorista sopravvissuto del commando del 13 novembre a Parigi, ha accettato il suo trasferimento in Francia. A renderlo noto il suo avvocato, Sven Mary, precisando: «Salah non sapeva degli attentati in Belgio». Per il legale sarà così estradato «il più presto possibile» verso il Paese transalpino. Sulla domanda se il terrorista stia collaborando il legale ha invece confermato, senza aggiungere dettagli: «No comment, fa parte del segreto istruttorio».

 

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