Attentati Spagna, una lezione per l’Italia: il nome del poliziotto eroe tenuto segreto

21/08/2017 di Redazione

L’agente spara e uccide il terrorista. E diventa un eroe. Un eroe con nome e cognome o un eroe anonimo. Senza volto e senza identità. La storia degli attentati terroristici degli ultimi anni è anche questa: la storia di uomini costretti a fermare una strage con l’utilizzo delle loro armi e che si ritrovano, per il coraggio e la professionalità dimostrati, a diventare i protagonisti positivi del massacro. Alcuni finiscono per diventare noti, altri no. Ed è proprio questa una delle differenze che emerge dai drammatici e vigliacchi attacchi jihadisti degli ultimi mesi.

 

LEGGI ANCHE > Marsiglia, auto contro fermate del bus: c’è già un morto. Non è terrorismo

 

ATTENTATI SPAGNA, TENUTA SEGRETA L’IDENTITÀ DEL POLIZIOTTO EROE

Dopo l’attentato a Barcellona non è stato rivelato il nome (e non gli è stato dato quindi un volto) del poliziotto eroe che a Cambrils, a qualche ora di distanza dall’attacco sulla Rambla, con 6 colpi di pistola ha ucciso 4 terroristi sui 5 giunti a bordo di un’auto. L’identità dell’agente non è stata comunicata dai Mossos d’Esquadra, il corpo di polizia regionale della Catalogna, per motivi di sicurezza. A trapelare sono state solo indiscrezioni sulla carriera e sulla sua azione per fermare i criminali. E nessuna informazione è stata confermata in via ufficiale. Il poliziotto dalla mira e dalla freddezza eccezionale che ha fermato i jihadisti (che avevano già accoltellato una persona e si apprestavano a colpirne altre) ha ottenuto protezione dal proprio corpo e dai media.

Qualcosa di diverso è invece accaduto in Italia, quando il 23 dicembre scorso due agenti di polizia del commissariato di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, hanno fermato e ucciso l’attentatore di Berlino, Anis Amri. In quel caso spuntò nel giro di qualche ora il nome dei due eroici poliziotti, che 40 giorni dopo trasferiti ad altri uffici di Polizia e in altre località tenute segrete, ufficialmente come forma premiale e non precauzionale. Secondo fonti della Questura quel trasferimento, arrivato a inizio febbraio, era il «riconoscimento di un’azione straordinaria», adottata «per venire incontro ai loro desideri, come segno di gratificazione per la brillante operazione condotta». Ma si era già parlato del rischio di ritorsioni nei loro confronti. Anche per i familiari di uno dei due poliziotti, residenti in Sicilia, dopo l’uccisione di Amri, erano scattate misure di sicurezza. Ecco, dalla Spagna oggi è arrivata una piccola lezione.

(Foto Dpa da archivio Ansa. Credit: Tjerk Van Der Meulen / dpa)

Share this article
TAGS