Arrigo Sacchi lancia l’allarme sul calcio italiano: «Il bene comune non interessa a nessuno, da noi si lavora poco»

«Ragazzi c’è sempre malafede, in realtà non interessa a nessuno il bene collettivo». E’ un Arrigo Sacchi un po’ amaro quello con cui parliamo all’ambasciata francese in occasione della presentazione dei palinsesti Rai in vista degli Europei 2016 che si svolgeranno in Francia dal prossimo 10 giugno. Iniziamo la nostra intervista con l’ex Ct parlando delle possibilità dell’Italia di ben figurare in questi Europei. E la premessa di Sacchi, è piuttosto realista

«Le squadre italiane di club rinforzate dagli stranieri non sono andate oltre gli ottavi di finale, né in Champions League né in Europa League; inoltre le squadre italiane fanno giocare uno o due italiani o anche nessuno. In più abbiamo 3-4 infortuni nello stesso ruolo: Marchisio Verratti e Montolivo. Una situazione difficile»

Conte può riuscire ad uscirne?

Di solito andiamo meglio nelle difficoltà. Occorre però avere dei grandi professionisti, con un grande carattere, e grande modestia. E un elevato spirito di squadra

Lo abbiamo?

E’ la cosa che credo Antonio Conte abbia curato maggiormente. Perché in più abbiamo proprio il nostro Ct  che gli darebbe un valore aggiunto, che è il gioco. Loro lo realizzeranno non come Van Basten, ma già quello gli servirà per avere una guida e una sicurezza in più. L’importante è la loro disponibilità totale al progetto. Per loro devono essere le partite della vita. Devono andare oltre; se faranno questo potremo sorprendere in positivo. Altrimenti ce ne andremo a casa.

Mister sembra che nel calcio italiano ci sia una riduzione dei talenti. C’è un motivo specifico? 

C’è un motivo. Direi che voi giornalisti non siete informati. In Europa nazioni come Germania, Spagna, Inghilterra, Belgio, Svizzera Austria da molti anni hanno obbligato le società ad avere delle academy (questa è quella del Barcellona), dove i ragazzi studiano e si allenano. E lavorano molto più dei nostri ragazzi. Nelle Academy i giovani si allenano da 18 a 20 ore a settimana. Da noi i nostri settori giovanili lavorano da tre a 7-8 ore a settimana. In più credono che il calcio sia un gioco di squadra e offensivo  Ma non solo questo, c’è il discorso degli allenatori delle giovanili

Non è colpa delle mamme come dice qualcuno, quindi…

No. Prendiamo i centri federali come le dicevo. Nella sola Svizzera, che è più piccola della Lombardia, ce ne sono tre. Dove vengono presi i migliori giovani calciatori delle squadre non professionistiche che dal lunedì al venerdì lavorano lì.

E migliorano?

Certo, basta guardare quello che fanno in Austria e Svizzera. La Svizzera con l’Under 15 prendeva i ragazzini di 12-13 e gli facevano duecento allenamenti nei loro centri federali; poi facevano un anno con l’under 15, poi venivano a giocare contro di noi con l’under 16. Sapete quanti allenamenti avevano i nostri alle spalle a quel punto?

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No…

Tre giorni. E Prendevamo 4-5 gol. Se vogliamo bene al calcio italiano sa cosa dobbiamo fare?

Ovviamente no

La prima cosa da farsi sono dei super corsi per gli allenatori delle giovanili. E non di 32 giorni, ma di un anno e mezzo come fa la Spagna. Con questi corsi avremmo dei responsabili che danno una linea di gioco dagli esordienti alla primavera. E’ un lavoro lungo, noi siamo rimasti indietro.

E le nostre nazionali come stanno?

Qualcosa si è fatto. Quest’anno le nazionali anche quest’anno si sono qualificate: dalla 17 alla 21 per la fase finale. Tre anni fa – nel 2013 – arrivammo secondi. Un miracolo.

Servirebbero le squadre B delle grandi società come accade in Spagna?

Servirebbero, ma non come chiede la Lazio o come chiedono altre società che hanno cinquanta giocatori e li vorrebbero mettere in queste squadre. Servirebbero, ma con un limite di età. C’è sempre malafede, non interessa a nessuno il bene collettivo.

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