Il Senato salva Azzollini, l’ira della Serracchiani: Il Pd dovrebbe chiedere scusa

Con 189 no, 96 sì e 17 astenuti l’aula del Senato stamane (pochi minuti prima delle 12) ha detto no alla richiesta di arresto del senatore di Ncd (Area Popolare) Antonio Azzollini. L’Assemblea si è pronunciata a scrutinio segreto sulla proposta della Giunta per le Immunità di Palazzo Madama (presieduta dal senatore di Sel Dario Stefano) di dire sì agli arresti domiciliari per il senatore centrista accusato di vari reati, tra cui la bancarotta fraudolenta e l’associazione a delinquere, nell’ambito dell’inchiesta sul crac della casa di cura Divina Provvidenza. Decisive sono state le scelte del gruppo Pd. Il capogruppo Dem a Palazzo Madama Luigi Zanda ai senatori aveva inviato una lettera via mail invitandoli a votare secondo coscienza.

 

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AZZOLLINI, L’IRA DELLA SERRACCHIANI: «DOBBIAMO CHIEDERE SCUSA»

Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, dopo la votazione su Azzollini ha dichiarato rispondendo alla domanda di un utente durante un videoforum sul sito del Partito Democratico che il partito dovrebbe fare autocritica dopo aver smentito il lavoro della Commissione: «Francamente credo che ci dobbiamo anche un po’ scusare, perché credo che non abbiamo fatto una gran bella figura. C’è stata una decisione presa da una commissione, i membri di quella commissione hanno indicato qual era secondo loro la strada da seguire, penso che in Aula si dovesse seguire quel percorso. Detto questo, sono convinta che i senatori, su un tema così complesso, abbiano fatto una riflessione profonda, studiato le carte, abbiano ritenuto in coscienza di votare. Credo però che a volte ci siano delle opportunità sulle quali una riflessione in più va sempre fatta. Non solo mi sembra corretto rispettare l’approfondito lavoro della Giunta, che così risulta quasi svilito, ma resto convinta che la politica abbia il dovere di mantenere la massima trasparenza nei confronti dei cittadini e della giustizia. Temo che si sia persa un’occasione per dare un buon segnale di cambiamento». Il vicesegretario Pd subito dopo il voto dell’aula aveva affidato a Twitter il proprio pensiero dicendo che avrebbe espresso parere favorevole all’arresto di Azzollini: «Non c’è fumus persecutionis».

 

AZZOLLINI, LA DIFESA DEL SENATORE: «FUMUS PERSECUTIONIS» –

In Aula è stato il senatore del Nuovo Centrodestra Nico D’Ascola ad illustrare la relazione di minoranza sul caso Azzollini. Si è poi aperta la discussione generale. Il primo a intervenire è il senatore Tito Di Maggio che ha difeso il collega e attaccato i giornali per come hanno riportato la vicenda. Secondo D’Ascola, non ci sono gli estremi per dire «sì» agli arresti domiciliari per Azzollini come richiesto dalla Procura, anche perché le «esigenze cautelari si fermano ad un anno fa». Azzollini ha parlato invece di «fumus persecutionis» ai suoi danni. Per il senatore il fumus persecutionis sarebbe testimoniato ad esempio dall’episodio per cui «per lo stesso fatto un padre e un figlio sono chiamati» a testimoniare «a 10 mesi di distanza». Azzollini ha fatto riferimento alle deposizioni di Antonio Nicolino Lo Gatto e Attilio Lo Gatto, che risalgono a febbraio e novembre 2014.

AZZOLLINI, GRILLO: «LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI» –

Per quanto concerne le posizioni dei gruppi parlamentari, il Movimento 5 Stelle ha sempre manifestato in maniera netta l’intenzione di votare sì alla richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Trani. La senatrice Barbara Lezzi in Aula ha affermato: «Il capogruppo del PD al Senato, Zanda ha chiesto libertà di coscienza. Qui la coscienza dice solo una cosa: deve dettare un ordine preciso, Azzollini come richiede la magistratura deve essere arrestato». Sul blog di Beppe Grillo, intanto, compariva un post a firma Lezzi: «I magistrati chiedono l’arresto di Azzolini e noi pretendiamo a questo punto che il Parlamento, che questa Camera alta del Parlamento, esegua il volere della Magistratura e della giustizia. Ora il capogruppo del Pd al Senato, Zanda ha chiesto libertà di coscienza. Qui la coscienza dice solo una cosa. Deve dettare un ordine preciso. Azzolini come richiede la Magistratura deve andare in carcere». Dopo il voto, infine, Grillo su Twitter ha commentato: «La legge non è uguale per tutti. Azzollini salvato dal Pd».

 

AZZOLLINI, PER IL PD LIBERTÀ DI VOTO –

Diversi senatori in aula sono intervenuti per ribadire il loro sì agli arresti domiciliari per Azzollini, ma l’orientamento prevalente (dopo la lettera di Zanda) è stato opposto. «Non c’è nulla nelle carte che faccia pensare che i magistrati siano in malafede o che non abbiano rispettato la legge», ha detto Lucrezia Ricchiuti in aula, favorevole all’arresto. «Oggi posso dire che in tutti gli atti esaminati, e non solo negli argomenti proposti dal senatore Azzollini, non c’è traccia dell’esistenza del fumus», ha affermato invece Dorsi Lo Moro. Nel corso della trasmissione di Raitre Agorà, intanto, il senatore Dem Stefano Esposito aveva dichiarato: «Sono per l’abolizione della garanzia, votare sulla libertà di una persona mi costa molta fatica, ma il mio partito ha dato libertà di scelta ed io voterò favorevolmente».

AZZOLLINI, ACCESA DISCUSSIONE –

Prima della discussione in aula la relazione del senatore Stefano.

 

 

antonio azzollini
ANSA/GIUSEPPE LAMI

AZZOLLINI, LA SVOLTA DEL PD –

Era l’8 luglio quando la Giunta per le immunità del Senato votava a favore degli arresti domiciliari per il senatore. Tredici erano i voti favorevoli, quelli di Movimento 5 Stelle, Lega Nord e dello stesso Partito Democratico, 7 i contrari, quelli di Forza Italia, Ncd e Gal. Non era stato così riscontrato quella volta alcun fumus persecutionis nella richiesta dell’autorità giudiziaria. Sotto le pressioni dell’alleato di governo, il gruppo Democratico sembra però aver in seguito “cambiato verso” sul caso Azzollini. Il cui destino è restato in bilico fino all’ultimo. Nei suoi confronti lo scorso 2 luglio il Tribunale del Riesame ha confermato la richiesta e le accuse di associazione a delinquere, induzione alla corruzione e concorso in bancarotta.

Azzollini già ieri si era aggirato tra i corridoi del Senato per tentare di scoprire, uno per uno, come avrebbero votato i senatori, in particolare quelli Democratici, sbandierando una presunta persecuzione giudiziaria ai suoi danni (ribadita in aula nell’intervento).

Tra gli stessi democratici i dubbi non erano mancati. Probabilmente è stata decisiva nella loro scelta la lettera di una decina di righe inviata via mail dal capogruppo Luigi Zanda. Nella missiva si parlava di piena libertà di voto, “secondo proprio convincimento“. Parole che subito hanno fatto sembrare non impossibile che “almeno metà del gruppo Pd voti contro la richiesta di arresto“.  Su Repubblica il capogruppo Pd ha comunque negato di aver parlato di libertà di coscienza («Non ho mai usato quell’espressione»), ma leggendo la lettera non sembra cambiare molto la posizione:

«Per la prima volta in questa legislatura l’aula sarà chiamata a esprimersi sulla richiesta di arresto di un senatore. In vista del voto, che ciascuno di noi esprimerà secondo il proprio convincimento, vi invito a esaminare con attenzionela decisione della Giunta dell’8 luglio». Per poi aggiungere che il voto «non ha come oggetto la valutazione delle eventuali responsabilità penali, ma esclusivamente la sussistenza o meno del fumus persecutionis».

AZZOLLINI, RISCHI EVITATI ANCHE PER ALFANO –

Nel Pd a cambiare opinione è stato anche il presidente Matteo Orfini che aveva usato parole chiare, non troppo tempo fa: «Credo che di fronte a una richiesta del genere si debbano valutare le carte ma mi pare che sia inevitabile votare a favore dell’arresto». L’ “inevitabile” ora c’è più, anche perché da settimane erano affiorati i malumori degli alleati di governo. «Se fosse un sì pregiudiziale e ideologico, lo riterremo ingiustificato e politicamente grave. Il Pd deve giudicare sulla base dei fatti», si era lamentato Gaetano Quagliariello. Un pressing che sembra aver dato frutti, almeno in parte del gruppo dem del Senato. Tra chi, come lo stesso segretario Renzi, rivendica posizioni “garantiste” o chi ritiene le carte “insufficienti“.

Per quanto concerne i numeri della votazione è chiaro che tutto è dipeso dalla decisione dei democratici che compongono il gruppo più numeroso (113 seggi). In base alle ultime stime fatte prima del voto, se il possibile salvagente dem si sarebbe limitato a una ventina di senatori, allora la richiesta di arresto sarebbe comunque potuta passare. Se la stampella dem al senatore Ncd sarebbe stata invece più ampia (come è stato), Azzollini avrebbe evitato di passare agosto tra le mura di casa. A rischiare era comunque anche Alfano: tra le fila del suo gruppo, c’è una parte – in particolare quella calabrese vicina a Gentile – convinta che il ministro dell’Interno non si sia speso troppo per difendere Azzollini, preoccupandosi più di “blindare” la poltrona al governo. Se sarebbe stato arresto, anche il leader di Ncd avrebbe potuto avere le sue grane interne. Con un pezzo del suo gruppo già in contatto con Verdini, da giorni pronto a battezzare il gruppo di “Alleanza liberalpopolare e autonomie, salvagente delle riforme renziane.

(Foto di copertina: Ansa / Giuseppe Lami)

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