“Lavorare per Ryanair? Un incubo, mi sentivo in trappola”

17/05/2013 di Valentina Spotti

A dispetto della crisi che ha colpito ogni settore, anche quello dei viaggi, Ryanair sta benissimo. Anzi, ha uno dei bilanci aziendali migliori d’Europa. Ma qualcuno ne paga lo scotto e questo qualcuno è il personale di bordo. Fino al momento in cui una ex hostess della compagna aerea irlandese non decide di vuotare il sacco, raccontando le famose “clausole” previste dal proprio contratto.

JENS-ULRICH KOCH/DDP/Getty Images
JENS-ULRICH KOCH/DDP/Getty Images

STIPENDIO 9 MESI SU 12 – Ne parla l’Independent, che riporta la testimonianza di Sophie Growcoot, un tempo assunta dalla Crewlink, una società che fornisce personale alla compagnia aerea low cost più famosa del mondo. La Growcoot ha mostrato il suo contratto a un politico della sua città,facendo notare, tra le altre cose, come il personale di bordo venisse lasciato senza stipendio per tre mesi all’anno, solitamente durante i mesi invernali di bassa stagione, durante i quali non solo non ricevevano una lira, ma non potevano neanche cercarsi un altro lavoro.

“… E L’UNIFORME LA PAGHI TU” – Oltretutto, l’elegante uniforme blu e gialla non è fornita dalla compagnia, ma è costata a Sophie più di 400 euro, e la ragazza ha dovuto sborsare altri 2.000 euro per l’obbligatorio corso sulla sicurezza. E poi, la clausola migliore: la giovane veniva pagata esclusivamente per le ore trascorse in volo. Di conseguenza, tutto ciò che comprendeva tempi di attesa a terra, riunioni pre-volo, meeting sulle vendite dei prodotti a bordo e perfino il tempo perso a causa dei ritardi, era tutto lavoro gratis. La tariffa oraria per un’ora di volo era di 15,40 euro, bloccata per tre anni.

PAGATI SOLO SE IN VOLO – Inoltre, il contratto prevedeva solo quattro giorni di paga su sette. Il quinto giorno si doveva concedere la reperibilità, ed essere pronta a presentarsi in aeroporto entro un’ora dalla chiamata. Ma se la chiamata non arrivava, non non arrivavano nemmeno i soldi. Sophie, 20 anni, di Liverpool, ha raccontato un episodio capitato proprio durante una giornata di stand-by: alle quattro del mattino ha ricevuto una telefonata per un Liverpool-Dublino che sarebbe partito un’ora dopo. La ragazza si è preparata in fretta e furia, si è pagata un taxi perché a quell’ora non c’erano mezzi pubblici ed è arrivata in aeroporto per scoprire che il volo era stato cancellato perché c’erano troppi pochi passeggeri. Così la ragazza è stata rispedita a casa, senza soldi né scuse.

 

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“SFRUTTAMENTO” – “Questo è uno sfruttamento bello e buono – ha commentato Luciana Berger alla Camera dei Comuni – È scandaloso che una compagnia aerea con un tale profitto non paghi il proprio staff. Come può Michael O’Leary pensare che una cosa del genere sia accettabile?”. Anche Sophie dice la sua: “All’inizio ero entusiasta di lavorare con Ryanair, ma poi è diventato un incubo. Non potevo credere che non mi pagassero per tutto il tempo in cui ero al lavoro. Il carico di lavoro aumentava sempre di più, ma non potevo dire no: non trovavo nessun altro lavoro. Mi sentivo in trappola”.

“FALSE ACCUSE” – Un portavoce di Ryanair ha commentato le parole della deputata Berger, spiegando che Sophie non era assunta da Ryanair, ma da una società appaltatrice. La società inoltre, ha sottolineato che la ragazza ha lasciato il lavoro dopo due mesi, senza dare nessun preavviso. “Siamo sorpresi – ha concluso il portavoce della compagnia aerea – che la signora Berger non abbia verificato queste false accuse prima di parlarne pubblicamente”.

(Photocredit: Getty Images)

 

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