Le violenze sulle donne in Egitto

26/03/2013 di Alberto Sofia

Due anni dopo la caduta di Hosni Mubarak, la condizione femminile in Egitto non è cambiata. Il paese gestito da Mohammed Morsi e dai Fratelli musulmani non tutela i diritti dei soggetti più deboli, così come succedeva durante la passata dittatura. E tra le più colpite restano le donne, vittime di violenze, stupri e intimidazioni. Come spiega il New York Times, anche durante le sollevazioni popolari dello scorso gennaio ben 18 sono stati i casi denunciati di abusi sessuali. Molestie avvenute nel simbolo della rivoluzione, Piazza Tahrir. Senza che il nuovo esecutivo prendesse provvedimenti concreti.

LE VIOLENZE CONTRO LE DONNE EGIZIANE – Nel secondo anniversario della rivoluzione, il 25 gennaio, Piazza Tahrir era infatti diventata una zona quasi inaccessibile per le ragazze, considerato il pericolo di subire violenze, soprattutto dopo il tramonto. Nel corso delle manifestazioni organizzate contro il governo autoritario di Morsi e il nuovo esecutivo islamista, tornò a crescere il numero delle aggressioni. Almeno 18 furono i casi denunciati e confermati da locali associazioni che si battono per la tutela dei diritti delle ragazze. Fatti che hanno scioccato il paese, aumentando l’attenzione riservata dalla comunità internazionale nei confronti del presidente Mohamed Morsi. Hania Moheeb, una giornalista di 42 anni, ha raccontato al Nyt il suo caso: “Un gruppo di uomini mi ha circondata, poi mi hanno tolto i vestiti e mi hanno violentata per tre quarti d’ora”, ha denunciato la reporter, una delle prime vittime a rompere il silenzio. Non è stata l’unica a subire le molestie: tra i 18 casi denunciati, sei sono state le  donne ricoverate in ospedale, un’altra donna è stata accoltellata ai genitali, mentre un’altra è stata costretta a un intervento urgente di isterectomia (l’asportazione dell’utero, ndr).

IL GOVERNO E LA COMPLICITA’ – Il governo di Morsi non sembra essere in grado di trovare soluzioni concrete: l’unico tentativo  è stato quello di portare avanti un progetto di legge per criminalizzare le molestie sessuali. Ma, come hanno denunciato diverse associazioni, non basta per proteggere le ragazze dalle violenze, così come dalle discriminazioni che continuano a subire, sia negli ospedali che nelle stazioni di polizia, se cercano di denunciare. La stessa giornalista Moheeb ha spiegato come, dopo essere stata attaccata, un infermiere le abbia consigliato di restare in silenzio, in modo da proteggere la sua “reputazione”. Colpa quindi anche di una cultura misogina, dove le donne spesso sono considerate “corresponsabili” delle violenze, soltanto perché difendono il loro diritto a partecipare alla vita pubblica. Così come fanno gli uomini. Senza dimenticare le polemiche dello scorso 15 marzo, quando, con un atto di portata storica, è stata firmata all’Onu la “Carta per l’eliminazione e la prevenzione di ogni forma di violenza sulle donne”. Un documento che prevede anche la tutela delle bambine, dei loro diritti e delle loro libertà fondamentali. Al momento dell’approvazione, infatti, i Fratelli Musulmani si erano dichiarati “contrari”, accusando un testo che “violerebbe” secondo loro i principi dell’Islam. Nelle deliranti dichiarazioni si parlava di “sabotaggio della morale musulmana e di demolizione della famiglia”. La Fratellanza aveva criticato soprattutto la concessione della libertà sessuale: “Questo progetto offre diritti ai gay, li protegge e li rispetta. Allo stesso modo così come vengono protette le prostitute, cosa che va contro i principi dell’islam”, spiegavano i Fratelli Musulmani. Un segno di come poco sia cambiato nella cultura del paese, nonostante la caduta di Mubarak. Anzi, c’è chi parla di una regressione sul piano dei diritti.

LE PROTESTE – Le associazioni femminili non mollano però la loro battaglia, tanto che non poche donne hanno cominciato a girare armate, contro gli attacchi sessuali. Tutto mentre il governo appare assente e preferisce scaricare ad altri la responsabilità degli attacchi. E non agli stessi militanti della Fratellanza, più volte accusati di molestie. Senza dimenticare come alcuni islamici ultraconservatori, che conservano un certo potere politico sostenendo l’esecutivo di Morsi, continuano a condannare le donne per la loro volontà di partecipare alla vita politica del paese. “Le vedete parlare come degli orchi, senza vergogna, la cortesia, la paura o anche la femminilità”, ha dichiarato un predicatore televisivo, Ahmed Abdullah, noto come lo sceicco Abu Islam. E c’è chi le paragona ai “demoni”, giudicandole responsabili degli stupri. Per Moheeb sono gli stessi legislatori islamici ad essere complici: “Quando è la gente comune a dire queste cose, l’ignoranza può essere vista come una scusa”, spiega. Ma “quando sono i politici a fare queste osservazioni, allora non resta che sottolineare come sia lo stesso governo a incoraggiare i molestatori”, ha concluso la giornalista. La strada della tutela dei diritti resta quindi ancora lontana.

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