La cosca della coca di San Basilio

Prima la tappa ad Anzio Nettuno, poi sosta a Torre Maura per poi finire  sotto “ufficio” o nelle tasche dei clienti di San Basilio e Casilino. Non è il viaggio di una cartolina ma di una dose di cocaina purissima confezionata ad hoc dalla cosca Gallace (di Guardavalle) e Romagnoli, un mix tra Calabria e la Capitale che permetteva alla ‘ndrangheta il controllo delle piazza di San Basilio, Torre Maura e Casilino.

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L’ALBERO GENEALOGICO – L’organizzazione era piramidale. Sopra tutti il “boss” Bruno Gallace, quarantunenne pluripregiudicato,  sotto Umberto Romagnoli e Vincenzo Andreacchio. A seguire Giuseppe Profenna e i Romagnoli che gestivano le piazze (Francesca, Tiziano ed Alessandro). Lei, unica donna dalla gang, era legata sentimentalmente al capo, con il quale conviveva. Ultima ruota dell’ingranaggio i pusher con i loro soprannomi, Lillo e Cecio, mentre “Baroncino” riscuoteva. Tra i reati contestati a vario titolo, associazione per delinquere, finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

IL PATTO DI SANGUE – Gli agenti hanno accertato l’esistenza di un “pactum sceleris” stabilito tra Umberto Romagnoli e Bruno Gallace sin dagli anni ‘90. Parole che sono servite a stendere i “contatti” per l’accesso ai rifornimenti in canali esteri, in particolare la Spagna, base doc per il carico sul mercato della capitale. Per fidarsi però gli spacciatori non si affidavano a persone esterne. Ed ecco che nella banda entrano fratelli, conviventi e legami di sangue vari. Un organigramma che ha così rafforzato l’associazione stessa “consentendone maggiore snellezza e dinamicità” come spiegano gli inquirenti. Nessun litigio sui sulla distribuzione degli utili, nessuna soffiata da traditori e il gioco è fatto. Se qualcuno era in ritardo con i pagamenti ai vertici, partivano subito atti intimidatori, correlati da armi e munizioni, per intimidire i più sfacciati.

I SIGILLI – Dalle prime ore di questa mattina, gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Roma hanno effettuato dieci provvedimenti di fermo emessi dalla direzione distrettuale antimafia di Roma a carico di altrettanti indagati, ritenuti affiliati alla cosca. Tra i beni confiscati auto di lusso come una Ferrari, svariate moto e Mini Cooper. Non è la prima volta che le ‘ndrine si affacciano lungo il Tevere. L’influenza calabrese è oramai il connotato di spicco dello spacciatore sotto il Colosseo. Nel gennaio di quest’anno, per esempio, sono stati individuati oltre 20 milioni di euro in beni ed attività legati al clan Gallico. Sotto sequestro sono finiti bar e ristoranti degli affiliati, in possesso di immobili celebri come il bar Antiche Mura, a due passi dai Musei Vaticani. “Una presenza concreta” di cui parlò il direttore nazionale della Dia. Un fenomeno davanti al quale ha aggiunto: “non possiamo far finta di niente e abbassare la guardia”.

 

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