Vita da portaborse

Sempre più poveri, sempre di meno. Perlomeno se regolari. E’ questo il futuro oscuro dei portaborse, le prime vittime della riduzione del bilancio ai gruppi parlamentari. Nel 2011 su 630 deputati solo 230 hanno assunto regolarmente un assistente. Tutto tramite co co pro, per pochi spicci al mese, circa 700 euro. Con quattro lauree alle spalle, stendono mozioni, interrogazioni e leggi. Sono l’ombra del politico, e nell’ombra ancora rimangono. Essendo assunti con contratto a progetto gli orari sono flessibili. Nel peggiori dei casi si lavora in nero, senza il minimo versamento alla gestione separata Inps.

I CASI – Guai a non pagarli. Si potrebbe finire come il deputato Gabriella Carlucci, condannato a pagare 10.170 euro e 39 centesimi alla donna che dal luglio 2004 al giugno 2006, aveva lavorato come sua segretaria. Oppure si va via, come ha fatto il consulente del lavoro Vincenzo Pirillo, “sfruttato” a 600 euro al mese da Domenico Scilipoti. La sua storia fu raccontata al Corriere della Sera:

Per un anno ho lavorato con l’onorevole Scilipoti dalle nove del mattino alle undici di sera, sabato compreso. E la domenica c’erano i convegni e i comizi in Sicilia, senza pernottamento né rimborso spese. Prendevo 600 euro al mese, versati quasi sempre con assegno bancario del deputato e corrisposti come pagamento di contratti a progetto

L’IDEA – I deputati Lucia Codurelli e Giuliano Cazzola, hanno presentato nei giorni scorsi alcune proposte che disciplinano la materia. Ma il proggetto con le Camere sciolte non ha avuto ancora l’ok. A parlarne è Giulia Loffredi portavoce di Co.Co.Parl, associazione a tutela della categoria: “Si sono fatti passi avanti. E’stata approvata alla Camera dei Deputati una proposta di legge che ci riguardava, ma purtroppo lo scioglimento ha bloccato l’approvazione al Senato. Prima dello stop, era calendarizzata in Commissione affari istituzionali e lavoro”. Cosa proponeva la legge? “Il parlamentare individua  un collaboratore di sua fiducia, lo comunica alla camera di appartenenza ed è la camera stessa che gestisce il rapporto di lavoro. Non significa diventare però dipendenti della Camera o del Senato.  Il contratto è con il politico, il Parlamento però ne verifica la correttezza”. Questo cosa cambia? “Molto. Il problema vero, che c’è stato in tutti questi anni, è che il lavoro era gestito dal parlamentare in autonomia, permettendo quindi anche stipendi in nero. Perché la somma che ricevevano, negli anni precedenti, non dovevano documentarla. Ora l’obbligo c’è, ma è ancora una normativa “larga””.

Ascolta l’intervista:

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IN SOLDONI – Il salario dei collaboratori è ora regolato nel cosiddetto “rimborso delle spese per l’esercizio del mandato“. E’ stato istituito nella riunione del 30 gennaio 2012, dall’ufficio di Presidenza. In pratica quello espresso nella formula del rimborso “eletto-elettore”. Un gruzzolo che vale 3.690 euro (dopo la riduzione di 500 euro del luglio 2010) ed è corrisposto direttamente a ciascun deputato. Come? Attraverso un importo che consta fino a un massimo del 50% a titolo di rimborso per specifiche categorie di spese ovvero collaboratori, consulenze, ricerche, gestione dell’ufficio, convegni. E deve essere tutto in regola. Riguardo al “portaborse” servono copia del contratto e attestazione di conformità sottoscritta da una professionista. Altra maniera è ottenere l’importo pari al 50% forfetariamente. Dal 1° gennaio 2012, l’importo netto dell’indennità parlamentare, è pari a 5.246,54 euro. Da questa cifra vanno sottratte le addizionali regionali e comunali, che dipendono dal domicilio del deputato. Al netto in pratica si arriva a 5mila euro mensili, 4mila 750 per i deputati che hanno anche un altro lavoro. “Anche qui essendo frutto di una contrattazione individuale la cifra varia, dipende molto dalla “bontà” del parlamentare” ricorda Giulia. “Alcuni assistenti prendono anche cifre basse come 600 euro, poi ci sono casi, rarissimi, in cui si arriva sui 2000. In media siamo sui 1200, se va bene. Alcuni lavorano per più deputati”. Avete denunciato il nero? “Non noi personalmente. Noi facciamo una battaglia da anni per una maggiore trasparenza. E se denunciamo è quando alle spalle abbiamo un regolare contratto”.

LEGGI – La figura professionale del collaboratore è già definita tra gli articoli 35 e 40 della Carta Costituzionale, nello specifico il primo comma dell’articolo 36 e il comma dell’articolo 37. Norme universali. L’articolo 36 al primo comma recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia”. In Europa il Parlamento europeo il 16 dicembre del 2008, diede l’ok a un nuovo regime per gli assistenti dei deputati. Nello specifico si tratta di tre linee guida, rattificate il 27 febbraio 2009. “In quest’ultimo anno, con l’obbligo della rendicontazione, c’è stata una spinta a regolarizzare, con contratto depositato” afferma Giulia. A dicembre 2011 su ben 630 deputati solo 230 hanno un assistente. il resto rimane un popolo invisibile, senza la benché minima tutela pensionistica. “Riprenderemo la battaglia alla prossima legislatura” conclude Giulia. Un salario e una esistenza professionale reale. Una battaglia da vincere, in una guerra all’invisibile che dura da decenni.

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