Il casus belli della guerra in Vietnam fu inventato?

31/05/2010 di John B

Il casus belli della guerra in Vietnam fu inventato?

La storia insegna che numerose guerre sono scoppiate in seguito a incidenti più o meno pretestuosi, e tra queste basterà ricordare i due conflitti maggiori del XX secolo, la Prima Guerra Mondiale iniziata in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando e la Seconda Guerra Mondiale scatenata dopo l’attacco alla stazione radio tedesca di Gleiwitz. Spesso il “casus belli” di turno è stato provocato o addirittura simulato dalla nazione che aveva interesse a scatenare il conflitto. E’ certamente questo il caso dell’attacco di Gleiwitz, che fu opera degli stessi tedeschi che utilizzarono militari con uniformi polacche. In molti altri casi il sospetto di simulazione non ha mai trovato conferme storiche e documentali ed è più verosimile che essi siano stati veri e propri incidenti che nessuno dei contendenti aveva pianificato ma che sono stati opportunamente strumentalizzati per i propri fini bellicosi.

ESEMPI – Probabilmente è questo il caso dell’incrociatore USS Maine, saltato in aria nel porto di Havana nel 1898. Gli americani attribuirono l’esplosione a un attentato spagnolo e ne approfittarono per muovere guerra e acquisire il controllo di Cuba.  Ancora oggi la tragedia del Maine non ha una spiegazione certa. Un’inchiesta ufficiale ha stabilito che la nave saltò in aria a causa di una mina posizionata all’esterno dello scafo, altre analisi successive e indipendenti hanno confermato questa conclusione o al contrario l’hanno smentita affermando che l’esplosione fu causata da un incendio accidentale (evento piuttosto frequente sulle navi militari dell’epoca) che si propagò dalle stive del carbone al deposito di munizioni.  In ogni caso, da qui a ipotizzare che gli stessi americani abbiano fatto saltare in aria la propria nave per avere un casus belli per entrare in guerra contro gli spagnoli, ce ne passa.  I complottisti, invece, giocano proprio sull’incertezza (vera o presunta) di un evento o di alcuni suoi aspetti per elevare al rango di “verità alternativa” quella che è solo una mera ipotesi speculativa. Pertanto, il ragionamento complottista è: visto che esiste qualcuno che dubita che il Maine sia esploso per una mina, visto che è già successo che alcuni “casus belli” siano stati simulati, ergo il Maine è stato affondato dagli stessi americani.

TONCHINO – Un ragionamento analogo è quello che permea la teoria secondo cui l’incidente del Golfo del Tonchino del 1964 fu inventato di sana pianta dagli americani per giustificare il loro impegno militare nel Vietnam.  Ad esempio, sul sito complottista Luogocomune scrivono: «Il più noto caso storico è naturalmente quello del Golfo del Tonchino, che risale al 1964, quando il presunto attacco da parte di una motovedetta nord-vietnamita all’incrociatore americano Maddox forni agli Stati Uniti il pretesto per entrare in guerra contro il Vietnam del Nord. Solo quarant’anni dopo l’allora ministro della difesa, Robert McNamara, avrebbe confessato con supremo candore che l’incidente non era mai avvenuto».  Questa affermazione, piuttosto comune nella galassia cospirazionista dentro e fuori dal Web, è notevolmente inesatta. Non del tutto inesatta: quanto basta per ingenerare il convincimento – in un lettore poco informato – che non vi fu alcun attacco nord-vietnamita contro il Maddox e che questa verità è rimasta nascosta per 40 anni finché l’ex ministro della difesa McNamara l’ha confessata. Iniziamo con il precisare che sotto il nome “Incidente del Golfo del Tonchino” [si collocano non uno, ma due episodi connessi ma cronologicamente distinti, avvenuti l’uno il 2 e l’altro il 4 agosto del 1964. In particolare, il 2 agosto del 1964 un certo numero di motosiluranti nord-vietnamite attaccò realmente il cacciatorpediniere Maddox. L’attacco fu respinto dai cannoni della nave e dai velivoli decollati dalla portaerei Ticonderoga. Non c’è alcun dubbio sulla veridicità di questo episodio, ammesso dagli stessi nord-vietnamiti.

PUNTI INTERROGATIVI – I dubbi, invece, appartengono tutti all’episodiodel 4 agosto quando il Maddox, sulla base di alcuni avvistamenti radar, ritenne di trovarsi nuovamente sotto attacco e aprì il fuoco contro le motosiluranti nemiche.  Grazie a documenti desecretati negli ultimi anni, sappiamo che nessuna motosilurante attaccò la nave americana. Le unità nord-vietnamite, infatti, presero il mare allo scopo di prestare soccorso e recuperare le motosiluranti danneggiate nel corso dell’attacco del 2 agosto. I centri di ascolto americani intercettarono le comunicazioni militari che parlavano dell’invio in missione delle unità navali nord-vietnamite e avvertirono il Maddox.  Gli americani non conoscevano la natura della missione, i loro radar probabilmente avvistarono queste unità o forse rilevarono dei falsi contatti, ritennero che fosse in corso un altro attacco e aprirono il fuoco.  E’ verosimile che i vertici americani continuarono a sostenere la tesi del secondo attacco anche quando era chiaro che si era trattato di un errore di interpretazione, allo scopo di giustificare l’intervento militare contro i nord-vietnamiti.  Ma già nel 1969 Joseph Goulden, nel libro Truth is the first casualty aveva messo in dubbio l’episodio del 4 agosto 1964 e quando – nel 2005 – sono stati pubblicati i resoconti fino a quel momento segreti, nessuno più sosteneva la tesi del secondo attacco. McNamara, quindi, non ha mai confessato nulla che non fosse già noto e documentato.

IN CONCLUSIONE – Semmai, McNamara ha la responsabilità di aver distorto – o contribuito a distorcere – le informazioni fornite al presidente Johnson, nascondendogli i dubbi che gli stessi militari avevano sul secondo attacco.  E’ evidente che l’incidente del Tonchino non fu simulato per giustificare l’entrata in guerra: a tal fine sarebbe bastato l’attacco del 2 agosto, realmente avvenuto. L’incidente del 4 agosto fu invece il frutto di un’errata interpretazione dei segnali radar e delle attività militari nord-vietnamite, che i vertici politici sfruttarono per i propri fini ignorando e nascondendo (colpevolmente o dolosamente) i dubbi e le perplessità che sin da subito accompagnarono l’evento.

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