Lionel Messi e quella firma inaudita del suo contratto

14/04/2010 di Teresa Scherillo

E’ stato solo per la determinazione di un ex manager dell’ Espanyol se il genio del calcio spagnolo ha potuto avere il suo primo contratto con il Barcellona. El Pais ha svelato chi è quest’uomo testardo che in una relazione scrisse “è un bambino impressionante”.

Jorge Messi si fermò e stanco di girare intorno al Camp Nou durante il mese di ottobre 2000, minacciò di riprendersi il figlio se il Barcellona non gli avesse steso un contratto in quello stesso momento. A Carles Rexach, direttore sportivo del club, l’ultimatum apparì così grave e il bambino sembrava così bravo che prese un tovagliolo di carta e nel ristorante Tennis Club Pompeia, alla presenza di Josep Maria Minguella, scrisse: “Io, Charly Rexach, in presenza di Horacio Gaggioli (rappresentante di Marka che è la società che agiva per conto della famiglia Messi) e Josep Maria Minguella, sono d’accordo all’assunzione di Lionel Messi alle condizioni concordate e nonostante il disaccordo interno che esiste nel club“.

UN ACCORDO DA BAR – Il padre di Messi si mostrò soddisfatto di quel tovagliolo, una risorsa straordinaria in un club che già si sapeva essere ben strutturato per aver in conto le basi del calcio. Il problema arrivò dopo il direttivo presieduto da Joan Gaspart nel quale venne fuori di non dare forma e sostanza al contratto, niente di più facile in un Consiglio che aveva sempre gestito situazioni aziendali complesse e accordi sospetti chiusi al grido di “il prezzo lo decido io!” come sostenuto da Jesús Pereda che attribuì questa frase al direttore generale Anton Parera al momento della firma di Geovanni. In pratica, la firma di Messi al Barça può essere relativizzata al punto da diventare un accordo davanti ad un boccale di birra. E’ proprio per questo che rimane ancora soggetta a penali. Marka, che è una impresa di rappresentanza argentina, protestò in tribunale contro quel contratto di carta firmato da Rexach e continua a farlo, anche se due giudici hanno dato ragione alla famiglia Messi negli ultimi anni.

UN BAMBINO IMPRESSIONANTE – Quel contratto per quello che si sa, ha molti padri, ma la verità è che la madre sembra essere una sola: gli sforzi non conosciuti di un ex dipendente dell’ Espanyol durante i tre anni, in cui prestò servizio negli uffici direzionali del Barcellona e che risponde al nome di Juan Lacueva, nato l’8 agosto 1949 a Campelles (Girona).”Il Barcellona era pronto a far firmare Saviola, ma era la prima volta che si aggiudicava un gioiello di 12 anni. Se non fosse stato per Lacueva, Messi non avrebbe potuto essere nel club“, dice Minguella, testimone di quegli eventi, perché conosce le discussioni di Lacueva che era vice-direttore generale e responsabile del calcio base e delle giovanili.”Questo è il mio lavoro. Per questo mi pagavano“, afferma Lacueva, che comprò le prime dosi di ormone della crescita per continuare il trattamento di Leo in Argentina, in una farmacia vicino al Camp Nou. “Bisognava fare le cose o lasciar perdere tutto“.”Io non so perché devi lasciarci le corna su questo tema. Si tratta di un bambino di 12 anni. Per quando crescerà quel bambino sarà un crack e tu non ci sarai più!” sembra che gli gridasse Parera. E aveva ragione. E Lacueva aggiunge: “In definitiva, egli disse, ‘Fai quello che devi fare’. Pareva dovesse occuparsi di questioni di maggiore importanza”. La verità è che c’erano alcuni tecnici che non lo avrebbero assunto, mentre altri lo volevano senza riserve Rifé Quimet responsabile delle giovanili, e Rexach era il capo. “Rifé mi disse che bisognava fare uno sforzo e firmare un contratto con prospettive. Rexach era più veemente. Così mi chiese una relazione per giustificare il mio comportamento dinanzi alla commissione“, ricorda Lacueva. Rexach concorda: “Sì, certamente. Qualcuno mi chiese per iscritto la sua relazione. Che c’era scritto? Che era un bambino impressionante!

UN INFERNO QUEL CONTRATTO – Quel primo documento elaborato con la consulenza dell’avvocato Leopoldo Hinjos, garantiva sette milioni di pesetas al padre del giocatore per un lavoro all’interno delle giovanili. “Era talmente una novità dal punto di vista contrattuale che garantiva i pagamenti d’immagine se il ragazzo fosse giunto alla prima squadra, clausola motivata in parte per quello che stava accadendo in parallelo con Iniesta, che legalmente era libero giusto quando il Madrid veniva a bussare alla porta“, insiste Lacueva, “quello di Iniesta lo risolse Gaspart personalmente presso l’ufficio. Per quanto riguarda Messi è stato fatto quello che doveva essere fatto”. “Il club non aveva intenzione di spegnere l’ incendio. Così che alla fine quella relazione finì per originare altro fuoco“, afferma Lacueva che non ha voluto fare il nome del manager che diventò furioso quando seppe che era stato negoziato un accordo senza l’approvazione del consiglio di amministrazione e quindi rifiutava di siglare i documenti con le firme degli avvocati e che aveva validità giuridica. Sebbene la formalizzazione del contratto richiedesse la firma di due vice presidenti, alla fine venne accettato che fosse firmato da uno solo e dagli avvocati. “Credi di essere ancora nell’Espanyol?” gli rimproverò un vice presidente. Anche se il problema può sembrare irrilevante nel direttivo montò un inferno impressionante: “Nessuno voleva perdere tempo per quel bambino in quella riunione, piuttosto preferirono insultare Lacueva“, ricorda Parera pur sottolineando gli sforzi compiuti da Rexach, Rifé e Minguella. In tutto questo Gaspart, sperava che Saviola lo tirasse fuori dal fango. Non sapevano che la casa aveva trovato l’oro in un bambino di 12 anni chiamato Messi.

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