“Travaglio ha più condanne di me”

Le scaramucce fra giornalisti sul caso di Alessandro Sallusti stanno diventando ormai un genere letterario tutto italiano, con tanto di batti e ribatti. L’ultimo anno si ha proprio sul quotidiano del condannato in via definitiva per concorso in diffamazione, appunto il Giornale. Il Sallusti, rispondendo ad un articolo durissimo apparso sul Fatto Quotidiano a firma del vaticanista, Marco Politi, tenta di sferrare un contrattacco di rimbalzo.

 

LEGGI ANCHE:  La vignetta di Ellekappa su Sallusti

 

E TRAVAGLIO? – Ecco Sallusti.

Secondo Politi, io non merito nulla perché la notizia( scritta da un altro) era«freddamente un crimine contro una persona innocente». Io non la penso così,ma pazienza.Mi permetto di sottoporre a Politi il casellario penale- professionale del suo vicedirettore Marco Travaglio.

Penale-professionale è la definizione giusta, visto che, in effetti, di condanna penale a carico di Travaglio ce n’è una sola, peraltro prescritta.

 

Comunque, è ben giusto dirlo, il caso in sede penale era arrivato ben avanti, essendo state spiccate ben due sentenze di merito di condanna. Parliamo di un caso del 2010, condanna a 1000 euro di multa per diffamazione aggravata a mezzo stampa nei confronti di Cesare Previti. “La sentenza d’appello”, scrive Sallusti citando Wikipedia,” riforma la condanna dell’ottobre 2008 in primo grado inflitta al giornalista ad 8 mesi di reclusione e 100 euro di multa. In sede civile, a causa del predetto reato,Travaglio era stato condannato in primo grado, in solido con l’allora direttore della rivista Daniela Hamaui, al pagamento di 20.000 euro a titolo di risarcimento del danno in favore della vittima del reato,Cesare Previti. Il 23 febbraio 2011 la condanna per diffamazione confermata in appello per il processo Previti cade in prescrizione”.Un precedente caso in via penale per diffamazione contro Antonio Socci nel 2004 decade per remissione della querela in seguito alle scuse pubbliche di Travaglio.

IL “CASELLARIO” – Per il resto, il ricco “casellario che non lo era” di Marco Travaglio è ricchissimo di condanne per danni in sede civile, anche per importi molto elevati: nel 2000 79 milioni di lire a Cesare Previti per un articolo sull’Indipendente; 2004, 85mila euro al deputato PdL Giuseppe Fallica per una frase su di lui contenuta nel libro La Repubblica delle Banane, sentenza poi ridotta a 15mila euro. Insieme all’allora direttore dell’Unità Furio Colombo dovettero cedere 12mila euro a Fedele Confalonieri per averlo accostato ad indagini a cui era invece estraneo; ancora 26mila euro sempre a Fidel per un articolo su Uliwood Party, sull’Unità. Susanna Petruni, giornalista del Tg1, gli chiese 12mila euro di danni per averla presentata come “personaggio asservito al potere” e anche Fabrizio del Noce, direttore di Rai1, nel 2009, ne ha chiesto e ottenuto la condanna in primo grado per diffamazione. Filippo Verde, il caso del giudice del caso Sme imputato di corruzione in atti giudiziari, fu raccontato da Travaglio in uno dei suoi libri e il Verde fu presentato come “plurinquisito”; la Cassazione civile ritenne queste affermazioni diffamatorie perché si era omesso di sottolineare che le sentenze erano state prescritte. Sedicimila euro sono stati pagati a Renato Schifani perché in una puntata di Che Tempo che Fa venne messa in campo la metafora “del lombrico e della muffa” mentre si chiedeva che chiarisse i suoi rapporti con la mafia – parte, invece, ritenuta lecita. Da ultimo, l’11 ottobre 2010 Travaglio è stato condannato, in sede civile, per diffamazione dal Tribunale di Marsala per aver dato del figlioccio di un boss all’assessore regionale siciliano David Costa, arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente assolto informa definitiva. Travaglio è stato condannato a pagare 15.000 euro”.

MA… – Cosa non dice Sallusti? Che Travaglio non ha una condanna in sede definitiva efficace e non prescritta – non che Travaglio abbia mai definito la prescrizione come un’assoluzione nei confronti degli altri, anzi: e alla prescrizione si può sempre rinunciare, e lui non l’ha fatto; che molte delle sue sentenze non sono sentenze di colpevolezza, ma giudizi di soccombenza in una richiesta di danni in sede civile; che il giudice della Cassazione lo ha giudicato, Sallusti, come complice attivo e consapevole di un’operazione di odiosa diffamazione, e non semplice sbadato direttore. Una cosa è il carcere ai giornalisti, un’altra il dilettarsi sui giornali.

 

LEGGI ANCHE: 

Share this article