Vestire i panni dell’uomo più famoso al mondo non è meraviglioso come può sembrare…

La mia vita non è facile. Perché non è facile essere se stessi quando si è diventati leggenda e commercio, speranza e delusione, spirito pure e bieco denaro. Non è facile e sento su di me la stanchezza di tutte le mie battaglie. Perché sappiate che io non sono nient’altro uno che voleva fare dei doni, uno che voleva condividere con gli altri la gioia della nascita del nostro Salvatore. Perché nessuna gioia solitaria ha senso, non quella di chi vince la lotteria e deve starsene nascosto, né quella di chi arriva primo ma viene odiato da tutti gli altri perché è stato scorretto. E così ho cominciato con i doni sperando di trovare nel sorriso di chi riceve il contagio di quella gioia che sempre dovrebbe accompagnare il Natale.

Ma diventa sempre più difficile.

La felicità dipende sempre da cosa ti aspetti e da cosa ti ritrovi e ora che le aspettative sono così alte ogni regalo non è nient’altro che quello dovuto, la soddisfazione, tardiva, di un desiderio che è stato già rimpiazzato.

Ma io devo fare il mio mestiere e così dopo aver consegnato di fretta centinaia di Ipod, portatili e Cicciobello Bua senza verificare la reazione anche quest’anno cercai, nelle ultime tre consegne, il regalo che mi desse un po’ di gratificazione.

Dapprima entrai in una casa di lusso, una villetta a due livelli in cui un signore anziano si apprestava a portare il pacchetto al figlio, un ragazzo di 17-18 anni. All’interno del pacco una scatola di legno pregiato, come quella per bottiglie di lusso. Aprendolo il ragazzo non capì subito di cosa si trattasse ma poi leggendo gonfiò il petto ed assunse una espressione seria, più grande della sua età. Il padre allora cominciò a parlare: “Figliolo, approfitto della Notte Santa per anticiparti quello che avverrà fra due mesi quando compirai diciotto anni. Quelle azioni che vedi nella scatola sono la mia gioventù perduta, il sangue dei tanti operai che hanno fatto grande la nostra azienda, la tua azienda. Essere il capo significa avere tanti privilegi ma tanto potere significa tante responsabilità: io sono certo che tu saprai accoglierle senza deludermi”. Il ragazzo non fece un sorriso ma chiuse leggermente gli occhi come se una spada invisibile avesse appena toccato il suo capo per una investitura. Non la gioia ma il peso di quelle responsabilità potetti leggere nel suo viso prima di capire che non era quello il luogo dove potevo trovare quello che cercavo.

Andai allora in una casa povera, in un basso abitato da immigrati dove un padre stava dando una busta al giovane figlio. Questi la ricevette a due mani con un inchino. Il padre allora cominciò a parlare: “Figlio, tu vedi le nostre mani segnate dalla fatica, vedi il nostro viso devastato dalle rughe, senti di notte i lamenti per le nostre schiene piegate da sforzi che non sono più adatti alla nostra età. Ma tutto questo ha uno scopo e questa lettera è il tuo futuro. Se saprai fruttare questo master per cui abbiamo risparmiato tutti i nostri guadagni allora tutto ha avuto un senso; altrimenti la nostra fatica andrà via come l’acqua sporca che ogni giorno buttiamo fuori dalle case di lusso dei nostri padroni”. Il figlio si inchinò davanti ai suoi genitori e disse “Dio è stato buono con me riservandomi un padre ed una madre degni del più alto Paradiso e io saprò baciare quelle mani con il riposo, riempire quelle rughe con i sorrisi di gioia e drizzare quelle schiene con l’orgoglio di avere un figlio di cui parlano tutti. Ora trascorriamo in preghiera questo Natale perchè è l’ultimo che faremo insieme prima che io parti per la mia fortuna”.

Quello che mi colpì non fu tanto la seriosità e la tristezza di quel saluto ma la sensazione di furto che quel ragazzo mascherava nella solennità di quel gesto. A quel ragazzo stavano rubando il futuro e lui lo sapeva e per questo metteva per sempre a tacere i desideri del suo cuore.

Ormai disperavo di poter trovare la gioia di un sorriso quando decisi di fare un ultimo tentativo. Era un appartamento, dignitoso ma senza sfarzi, in una zona residenziale. All’inizio vidi la stessa scena delle altre due case: un padre ed un madre che portavano un pacchetto piccolo, con una busta dentro che non conteneva regali fisici ma sicuramente di grande importanza. Questa volta però la ragazza diciottenne che lesse il biglietto allargò un sorriso infinito e poi saltò di scatto addosso al padre e alla madre riunendoli in un singolo abbraccio. Continuava a saltare fino a quando il padre la calmò e cominciò a parlare:

“Sai che non è stata una decisione semplice. Io e tua madre ne abbiamo parlato un bel po’ perché non è logico che tu ti sposti in una altra città per fare una facoltà che c’è anche qui. Ma quell’appartamento che ti abbiamo preso è qualcosa in più del suo costo. E’ la consapevolezza che tu sei diventata grande e né io né tua madre abbiamo diritto a decidere della tua vita. Forse la tua scelta è sbagliata ma forse no, forse non sarà quella che ti darà la felicità ma sarai tu a decidere se cambiarla o meno. Noi possiamo darti dei consigli ma in questa corsa possiamo solo darti la migliore auto possibile ma sarai tu a guidarla. Perché la tua direzione non è quella del nostro passato, di quello che abbiamo accumulato e che ci piacerebbe vedesse in te la continuazione né il nostro futuro, quello che per te abbiamo sempre sognato ma è il tuo presente, le esperienze che tu vivrai e le passioni che ti sconvolgeranno la vita. Dovunque tu vada sappi però che qui ci siamo noi che potremo regalarti, ogni volta che vuoi, tutto l’affetto e la fiducia che ci hai dato da quando sei nata. Perché niente che possiamo darti potrà ricompensarti della gioia di averti visto crescere”.

La ragazza ora non saltava più ma quelle lacrime che le illuminavano gli occhi erano la gioia più grande che avevo visto.

Restarono così abbracciati regalandomi una immagine che mi fece riappacificare con gli uomini.

Con quelli che restano attaccati alle loro sostanze o ai loro sogni e quelli che li lasciano andar via in nome dell’amore

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